Parole espanse
Linguetta #103 / Scrivere un testo con un linguaggio semplice significa espandere i confini delle parole, cioè produrre un atto linguistico democratico.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
La scorsa settimana ho fatto lo “spiegatore” per un festival di giochi da tavolo in una biblioteca della valle dove abito, ed ero lì ad accogliere le persone che volevano provare i giochi (nella fattispecie Carcassonne e Gobbit).
A riassumere il bello dei giochi da tavolo direi: sei coinvoltə, ti diverti, ci torni sempre volentieri al tavolo da gioco.
Soprattutto vivi la relazione con le persone.
Funziona allo stesso modo con la lingua, e ne ho avuto un esempio limpido nei giorni scorsi, partecipando a un altro festival: DiParola festival organizzato da Officina Microtesti, sul linguaggio chiaro, inclusivo, accessibile.
Due giorni online, con 18 interventi riguardanti 11 settori diversi e un comune denominatore: le parole. Perché ordinare le parole al meglio in messaggi, frasi, testi — sia nello scritto sia nel parlato — è un dovere per chi comunica e un diritto per chi riceve.
E la cosa in comune ai due festival risiede nel valore che viene dato alle persone.
Dice l’esperta di scrittura efficace Luisa Carrada:
Quando scriviamo, dobbiamo accompagnare qualcuno dal punto in cui ancora non sa al punto in cui adesso sa.
Leggere è un andare, anche se stiamo fermi: andare dalla prima parola all’ultima, ma anche andare da ciò che non so a quello che adesso so.
Il verbo accompagnare dice che quando scriviamo / parliamo noi stiamo affiancando chi ci legge / ascolta, dandogli fiducia, cioè una base su cui poggiarsi con le sue convinzioni, i suoi problemi, le sue richieste, i suoi dubbi.
Vale per tutte le professioni, perché quando esercitiamo una professione l’aspetto comunicativo è parte di quella professione. Come sottolinea il medico chirurgo Michele Cassetta:
Le cose che io dico cambiano una relazione, e cambiano con la relazione. Ascoltare con attenzione consente di svelare i mondi interiori della persona che abbiamo davanti.
A volte basta aprire il proprio corpo anche solo di pochi gradi.
Serve il potere di un linguaggio che abbraccia.
Cioè un linguaggio chiaro, semplice, accessibile, fatto di parole che si fanno capire e risultano utili a chi le sentirà e userà.
Mi è piaciuta molto una cosa che ha detto la linguista Franca Orletti, sempre riferendosi all’ambito medico:
Tecnicismi specifici devono essere espansi, non vanno eliminati perché sono quelli che consentono di capire la diagnosi, la terapia. Vanno spiegati con parole semplici.
Semplificare non vuol dire eliminare, però, se voglio che il paziente capisca, allora espando la parola usando parole comprensibili.
Diventando semplice, la parola si espande.
Un po’ come se fosse una di quelle valigie portmanteau di fine ‘800, che poi sono diventate i nostri zaini espandibili, in grado di aumentare la propria capacità.
Usare gli esempi
La semplicità della lingua sta già dentro le parole, è quella che non la svilisce ma ne amplifica la potenza, perché sa che la cosa più importante è arrivare alle orecchie e agli occhi di chi legge / ascolta.
Anzi, di più: sa che non c’è un unico destinatario indistinto, ma che ogni volta parla a uno in particolare.
Adatta il proprio dire a ogni persona.
Vale nella comunicazione pubblica, nel marketing, in ospedale, in uno studio legale, in banca. Vale ovunque, vale sempre.
E una lingua riesce a farsi capire quando ascolta e domanda alle persone, come dice bene il consulente digitale Giacomo Mason:
Spesso nella stanza della pa (pubblica amministrazione) abbiamo da una parte la tecnologia, dall’altra i contenuti e nel centro un elefante sempre più grande che è il design. E il design siamo noi, noi viviamo nei testi che ci arrivano, nei bottoni che clicchiamo, nelle parole che leggiamo.
Il male è non fare i test di usabilità.
Ecco, tante volte il problema è che agiamo con il pilota automatico, componiamo testi senza l’attenzione a chi li leggerà e alle sue esigenze.
La lingua serve a risolvere cose, la lingua è una cosa fatta di cose.
Sono gli esempi che la rendono evidente, e ho trovato illuminante quello raccontato dall’avvocato ed esperto di legal design
, parlando di un problema manifestato nel 2012 dagli ambulanti di New York, che ricevevano ogni mese pile e pile di multe dalla polizia municipale. Succedeva perché spesso (provenendo da tanti paesi stranieri) non capivano i regolamenti. Semplicemente perché nessuno gli aveva mai chiesto nulla, nessuno era andato a parlarci, sul serio.Fu grazie a un gruppo di designer che si trovò la soluzione. Quale? Ascoltarono le persone, coinvolgendole nella progettazione, creando prototipi e facendo emergere problemi inimmaginabili (es. il segno > non compreso da tutti). E arrivarono a creare una sintetica guida per gli ambulanti: la Vendor Power!
Vi invito a darle un’occhiata, perché è un esempio perfetto della lingua che si espande, partendo dai bisogni delle persone. Un regolamento di sole parole non avrebbe risolto il problema, perciò la lingua si è espansa con il linguaggio visuale.
Ha messo davanti a tutto leggibilità e comprensibilità.
La lingua può espandersi in tanti modi, a seconda dei casi e dei contesti:
in uno studio medico è una mappa anatomica che aiuta i pazienti a capire meglio dove si trovano organi e parti del corpo.
in un documento legale infografiche, tabelle, timeline.
in un sito web della pa bottoni chiari che spiegano in modo sintetico cosa fare e come farlo.
in una newsletter link che sono promesse: cioè comprensibili (si fanno capire), concreti (spiegano in parole chiare che cosa succederà cliccando), sinceri (portano nel posto giusto e subito), come spiega
.in un’app sono microcopy onesti.
nei testi digitali parole che consentono a chiunque di poter leggere usando i propri sensi (es. testi alternativi alle immagini, sottotitoli, trascrizioni audio), come insegna benissimo
.
Semplice da dire, semplice da fare
La responsabilità di chi scrive è immensa, a ogni parola. Scrivendo, occupiamo il tempo delle persone, e dobbiamo rispettarle. Perciò, cerco di chiudere e non occuparne troppo nemmeno io.
Le parole aggiungono valore, quando usiamo un linguaggio semplice. Per farlo dobbiamo sceglierle, come suggerisce
:Chiediamoci: quante volte usi le parole e quante volte scegli le parole? Usciamo dagli automatismi (es. attendo tue, con la presente, andiamo a inserire la risorsa).
Dobbiamo frapporre uno spazio tra il momento in cui mi viene da usare una parola e quello in cui rifletto e scelgo.
Dobbiamo ripartire dalla chiarezza, che rende la realtà trasparente e comprensibile.
Può riguardare anche cose che non vediamo — i costi di un fornitore d’energia, i dati sulla potabilità dell’acqua, i vantaggi di un’offerta commerciale —, e noi facciamo fatica a capire la parte che non vediamo della realtà.
Dice la madrina del microcopy UX in Italia, Valentina Di Michele:
Il linguaggio può nascondere la realtà, spostando la nostra attenzione.
Scegliere come usare informazioni e parole significa decidere se vogliamo manipolare le persone oppure aiutarle a leggere la realtà.
Bisogna scrivere con cura, adattarsi a contesti e persone, così come ricordare che la responsabilità è sempre dell’emittente.
Soprattutto tenere a mente quello che diceva Piero Angela:
Chiediamoci sempre che cosa stiamo dando alle persone.
Per chiudere riprendo la definizione usata dal responsabile della comunicazione in ATM (Azienda trasporti milanesi)
, che parla di cantiere di manutenzione del linguaggio come immagine di una lingua usabile, sempre in costruzione, ogni volta da interpretare in maniera diversa. Lì, in quello spazio di manovra sta il lavoro da fare.Ed è un lavoro bello perché si fa con le parole, che hanno il grande potere di contaminare le altre persone e migliorare la conversazione.
P.S.
Oggi lunghissimo, sia nel tempo sia nello spazio. I programmi erano altri, ma sapete che assecondo gli stimoli che ricevo: e il festival DiParola è stato come tanti tuoni nella notte.
🖊️ Inversi
Oggi qualche verso di uno che aveva dentro il gusto del gioco: Toti Scialoja. La raccolta è Versi del senso perso, la poesia è una valigia telescopica.
Sotto un ace
ro il rinoce
benché lace
ro e di pece
dorme in pace.
Sotto un noce
ch’è di fronte
ronfa il ronte.
📚 Parole macedonia + ciliegina
Per Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio e quello che Alice vi trovò Lewis Carroll inventò parole-baule a bizzeffe (spricco, maratonda, Brucaliffo sono alcune di queste). Allora vado con due consigli di lettura tutti da giocare, cioè gli albi illustrati di Giuseppe Caliceti In ogni Pinocchio e Il burrone, perché non sai mai che cosa si può scovare dentro le parole.
🍒 Ah, il 26 settembre esce Stella Maris di Cormac McCarthy.
🎥 Oppenheimer
Sono andato a vederlo perché sono un fan di Christopher Nolan, perché come fai a non andare a vedere un film di Christopher Nolan al cinema. Ed è proprio un film di Christopher Nolan, anzi direi che li contiene tutti i film di Christopher Nolan, pur essendo diverso dalle sue acrobazie spaziotemporali. È come se la complessità del suo cinema fosse implosa nella testa di J. Robert Oppenheimer. Vorrei dire tanto di più, ma no spoiler è la regola. Se andate a vederlo e vi va, poi scrivetemi che cosa ne pensate, di Oppenheimer.
😜 Cassetta di Linguette
“La cosa difficile è semplificare” diceva Bruno Munari. Proprio del linguaggio semplice avevo parlato in alcune vecchie puntate di Linguetta:
Attraversamenti tecnici sul plain language, con un po’ di esempi di tecnicismi collaterali, cioè legati a un settore e non necessari per parlare alla gente comune.
Cose che spaventano sul linguaggio semplice come strumento per rimuovere barriere, vedendo in dettaglio il vocabolario di base creato dal linguista Tullio De Mauro.
Così facile come indagine sulla lingua che si espande per parlare anche alle persone con disabilità intellettive.
Bollette amichevoli, cioè una delle più vecchie puntate di Linguetta, nella quale avevo inscenato un match tra Enel e NeN per mostrare come progettare bene i documenti significhi stare dalla parte delle persone.
🖇️ Connessioni giocose
Visto che ho iniziato parlando di giochi — e avevo già dedicato a Wordle del New York Times la puntata Semplice come un gioco — allora del giornale americano consiglio il nuovo gioco di parole Connections: 16 parole da raggruppare in quartine per argomento. Numero massimo di errori: quattro.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Un testo più semplice rende le cose più semplici: per costruirlo basta usare prima di tutto il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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