Attraversamenti tecnici
Linguetta #12 / Spesso leggendo testi giuridico-amministrativi ci sentiamo a disagio, esclusi da un linguaggio oscuro fatto di tecnicismi poco comprensibili.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Immaginate.
Siete a bordo strada, davanti alle strisce pedonali, il traffico scorre e dovete aspettare. Qualcuno si ferma per farvi passare, voi attraversate sulle strisce, magari accelerando il passo, a capo chino, e poi ringraziate il magnanimo automobilista / camionista / motociclista che vi ha fatto passare. E magari provate anche un pochino di disagio per aver interrotto il flusso, per essere un po’ fuori contesto.
Una situazione che credo abbiamo provato un po’ tutti almeno una volta. Lo stesso disagio e quella sensazione d’essere “tagliati fuori” che può capitare durante una riunione, in un ufficio, a uno sportello, sentendo parlare un qualche tipo di “tecnichese” con le sue espressioni oscure, lontane dal sentire comune, di difficile assimilazione.
Sono parole ed espressioni che nella Manomissione delle parole Gianrico Carofiglio chiama pseudotecnicismi:
Gli pseudotecnicismi sono parole o locuzioni dall’apparenza specialistica, ma in realtà prive di un’autentica necessità concettuale. Vengono utilizzate per pigrizia, per conformismo, e per conferire ai testi una parvenza di formalità se non, addirittura, di sacralità. […]
Gli pseudotecnicismi raggelano, ostacolano la comprensibilità, circoscrivono (senza che ve ne sia una necessità tecnica) la comunicazione ai soli specialisti.
Questa ovviamente non è una crociata contro i tecnicismi, perché ogni settore costruisce la sua conoscenza definendo le cose con termini esatti, appunto, termini tecnici. Si tratta dei cosiddetti tecnicismi specifici, cioè termini o locuzioni che indicano concetti, nozioni e strumenti di un certo ambito settoriale.
Il danno collaterale
Il problema è quello dei tecnicismi collaterali: termini tecnici propri di un certo settore, non legati a necessità comunicative ma solo all’esigenza di usare un registro elevato. Vediamone alcuni dai campi medico, giuridico, burocratico:
accusare un dolore nella sezione epigastrica → sentire un dolore alla bocca dello stomaco
l’incartamento in oggetto → la pratica relativa
la malattia esordisce con cefalea → la malattia inizia con mal di testa
l’alvo regolare → andare regolarmente in bagno
a corredo della presente documentazione → insieme alla documentazione
l’escussione dei testi → l’interrogatorio dei testimoni
i delitti contemplati dalla legge → i delitti previsti dalla legge
adire l’autorità giudiziaria → ricorrere all’autorità giudiziaria
a seguito dell’entrata in vigore della legge → dopo l’entrata in vigore della legge
ai sensi dell’articolo → secondo l’articolo
trattamento di quiescenza → pensione
nelle more del giudizio del tribunale → in attesa del giudizio del tribunale
provvedere all’espletamento delle attività inerenti all’ambito culturale → completare le attività di tipo culturale
la caducazione del divieto nascente da… → l’annullamento del divieto che deriva da…
A parte l’ultima che mi ricorda il mitico colpo del drago nascente di Dragone, tutte queste espressioni sono un concentrato di incomprensibilità in grado di mettere ko chiunque (probabilmente pure un Cavaliere dello Zodiaco).
Senza inseguire queste vette di astrusità, di tecnicismi collaterali “più terra terra” ce ne sono tanti altri. Vediamone un campionario:
a far data da → da
abrogare → eliminare
adempiere → mettersi in regola
alienazione → vendita, trasferimento di proprietà
ammenda → multa
per domande concernenti il servizio → se hai dubbi su come usare il servizio
conseguire → raggiungere
erogare → offrire, fornire
evadere una pratica → completare una pratica
implementare → attuare, realizzare, mettere in pratica
input → informazioni
interlocuzione → dialogo, discussione
ivi → dove
locazione → affitto
ratificare → approvare, confermare
Sul sito web della Treccani c’è un bell’approfondimento con tanti altri esempi di burocratese.
Democrazia, non tecnocrazia
La democrazia parte dalla lingua, dalla condivisione più ampia possibile di parole. Tutto diventa burocratese e regno della tecnica quando alcune parole escludono le persone dal discorso pubblico, parole che appartengono alla lingua dei medici, degli avvocati, delle aziende, dei politici, dei sindacati, del marketing e via discorrendo.
La dimensione pubblica della lingua conta: che sia all’interno dell’amministrazione, in una riunione di condominio, nel direttivo di un’associazione, in un circolo di amici e conoscenti, all’interno di un’assemblea.
E a fare la differenza è il plain language.
Il linguaggio che usa le parole semplici di cui parlavo nella Linguetta #10, privo di complessità non necessarie. Lo spiega bene il linguista Daniele Fortis:
Il plain language è una linea retta che costituisce la via più breve fra due punti: l’emittente e il destinatario del messaggio.
Il plain language è la lingua ordinaria, che si sforza di assomigliare alla lingua delle nostre conversazioni quotidiane, una lingua vicina all’uso, ripulita da espressioni difficili, dotte, arcaiche e organizzata secondo una struttura grafica che agevola la lettura.
Il plain language, li spazza via i tecnicismi che abbiamo visto. Perché l’attenzione di una lingua chiara e semplice non punta al testo, punta al lettore.
Il lettore prima di tutto.
Ecco perché non esiste un lettore, ma tanti lettori diversi a cui arrivare. Usare il plain language significa avere un metodo per progettare testi che rispondono sempre a due semplici domande:
Che cosa serve a chi legge?
Che cosa capirà chi legge?
Vuol dire selezionare le informazioni essenziali per chi legge e poi costruirle in modo che le comprenda facilmente. Anche usando termini tecnici, se chi ci legge sappiamo che potrà capirli.
Il plain language diventa uno strumento fondamentale per le pubbliche amministrazioni, per i giuristi (che scrivono le leggi), per le banche, per le assicurazioni: gli serve per riuscire a rendere amichevole il rapporto con le persone.
Ma è una cosa che vale anche per i testi più minuti: dagli orari degli autobus alle istruzioni degli elettrodomestici, dai foglietti illustrativi dei farmaci alle etichette dei cibi. Vale a dire usare la lingua come se si progettasse un oggetto.
Le parole sono azioni
Progettare testi con il plain language significa dare a tutti la possibilità di capire, e nel caso di testi giuridici (leggi, regolamenti, direttive) anche consentire a tutti di formarsi un’opinione chiara. In campo giuridico-amministrativo, scrivere in modo semplice significa offrire ai cittadini la possibilità di capire cose che incidono sulle loro vite e poter sviluppare un ruolo critico nella società.
Si mettono così in pratica due princìpi: democratico ed economico.
Un cittadino che riuscirà a capire come compilare un modulo, come rispondere a una richiesta, come rispettare una normativa sarà un cittadino che non avrà dubbi, non rischierà di sbagliare; e l’amministrazione non dovrà “perdere tempo” nel correggere o sanzionare.
Gli pseudotecnicismi sono pseudoparole. Sono finzioni.
Hanno solo un’apparente professionalità, in realtà sono espressioni burocratiche ambigue, che aiutano chi li usa a farsi riconoscere come membro della sua comunità professionale. Quest’ambiguità la spiega bene ancora Gianrico Carofiglio in un altro suo libro, Con parole precise. Breviario di scrittura civile:
Il linguaggio oscuro preferisce non dire piuttosto che dire, preferisce non comunicare. Preferisce erigere delle barriere piuttosto che buttarle giù […] Le ragioni sostanziali del parlare e dello scrivere oscuro sono tre: la pigrizia del gergo, il narcisismo e l’esercizio del potere.
È come alzare un muro che esclude tutti gli altri. Ma è la complessità che regola la vita sociale, e il linguaggio è uno specchio che riflette questa complessità. Usare la chiarezza del plain language non vuol dire levare la complessità dal mondo, bensì ridurre le complessità inutili, prodotte da chi scrive per (non) farsi capire.
Alla fine è tutto un rimuovere ostacoli, perché quello che conta di più è il mantra bresciano di questa newsletter:
Fàt éntènder
[fatti capire]
E anche attraversare sulle strisce pedonali sarà un gesto naturale da esercitare, come il diritto alla comprensione di un testo.
A ‘sto giro, visto che si è parlato di attraversamenti pedonali, un consiglio musicale diventato un’icona.
Ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Se vi scappa il dito sul cuoricino qua sotto, pigiate pure per farmi sapere che vi è piaciuta la puntata di Linguetta 💖.