Così facile
Linguetta #67 / Una lingua che usa parole facili è come un oggetto che rende ogni minoranza una maggioranza: riconosce la varietà umana come norma.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Mi piace giocare, anzi credo che la giocabilità sia installata dentro chiunque di noi e in ogni cosa. In questo tempo sospeso tra dicembre e gennaio ho giocato più del solito ai giochi in scatola, in particolare con i miei nipoti; e mentre giocavo con uno di loro, a un certo punto c’è stato questo breve dialogo:
- Ne facciamo una a Uno?
- Cos’è Unauno?
- In che senso? Una partita a Uno!
- Ah, ok.
Senza rendermene conto mi ero messo sul piedistallo, avevo dato per scontato un implicito (grammaticale). Ero stato supponente.
Ci capita spesso, anche inconsciamente, di dare alcune cose per scontate, come se quello che sappiamo noi devono per forza saperlo anche le persone con cui parliamo.
Una lingua chiara, soprattutto una lingua pubblica, deve cercare sempre di sgombrare la strada dagli ostacoli che possono creare ambiguità e incomprensioni.
Togliere i sottintesi è come porgere una mano.
Ed è proprio come aiutare qualcunə che è in difficoltà: serve che ci mettiamo nei suoi panni, alla sua altezza per riuscire a fare funzionare la comunicazione.
La lingua è un dispositivo che mette in comune le persone, soprattutto quelle che sono distanti — per età, formazione, esperienza, possibilità, provenienza.
Facile a dirsi
Facile a dirsi, ma pure facile a farsi. Ed è proprio attorno all’aggettivo facile che gira il discorso di questa Linguetta, allacciandosi virtualmente ad alcune puntate in cui usavo un altro aggettivo: semplice. Ve ne segnalo tre:
La cura delle parole. Sul Servizio sanitario nazionale inglese (NHS) e la sua capacità di usare un linguaggio “terra terra”, con l’obiettivo di allargare la comprensione a chiunque.
Semplice come un gioco. Sul gioco Wordle e il formato burst del New York Times come esempi di design semplice ed essenziale.
Cose che spaventano. Sulle parole semplici percepite come fuori contesto e “da bambini”, quando invece sono le parole che usiamo tutti i giorni per farci capire.
L’etimologia di SEMPLICE ci porta alla radice sem- “uno solo” e al verbo latino plectere “piegare”. Piegato una sola volta. Eccolo lì, un concetto che è facile da spiegare.
Semplice è anche sinonimo di facile, anche se c’è una sfumatura tra i due termini, perché FACILE ci porta verso il verbo latino facere, cioè “fare”. Centro.
Facile da farsi. Per tuttə.
Se il plain language è un linguaggio semplice da capire la prima volta che lo si incontra, ed è come un abbraccio, l’easy-to-read è un linguaggio facile da leggere e da capire. Ed è come un abbraccio nell’abbraccio.
Si tratta di un tipo di linguaggio pensato per persone con disabilità intellettive, che però hanno lo stesso bisogno di chiunque altrə; ed è un linguaggio che va bene anche per chi ha alcune limitazioni nella lettura, ad esempio dovute a disturbi neurologici e psichiatrici, forme di autismo, afasia, ma anche per bambinə, persone che non hanno avuto la possibilità di andare a scuola, persone che arrivano da paesi stranieri e ancora non conoscono bene la lingua.
Del linguaggio easy-to-read ne parla in maniera approfondita l’articolo Il linguaggio facile da leggere e da capire sul portale Treccani (riportando anche le linee guida del progetto europeo Pathways e il progetto-pilota della Provincia autonoma di Bolzano con un esempio di legge rielaborata).
Dentro c’è tutto quello che il linguista Tullio De Mauro scrisse nel primo numero del 1989 della rivista Dueparole:
Le parole sono fatte, prima che per essere dette, per essere capite: proprio per questo, diceva un filosofo, gli dèi ci hanno dato una lingua e due orecchie.
Chi non si fa capire viola la libertà di parola dei suoi ascoltatori. È un maleducato, se parla in privato e da privato. È qualcosa di peggio se è un giornalista, un insegnante, un dipendente pubblico, un eletto dal popolo.
Chi è al servizio di un pubblico ha il dovere costituzionale di farsi capire.
Tuttə insieme
L’essere inciampato nel pezzo di Treccani (grazie all’insegnante e dirigente Tiziana Palmieri), mi ha permesso di allargare il discorso di questa puntata all’easy-to-read, che non conoscevo.
Un testo facile e ben scritto non sminuisce la lingua, anzi la rende uno strumento in grado di legare persone diverse, perché si fa leggere senza sforzi anche da chi ha competenze di lettura più avanzate.
È la stessa cosa che succede con i libri ad alta leggibilità, scritti allargando interlinea e spazio tra le lettere, non giustificando il testo, tenendo una maggiore spaziatura tra i paragrafi. Si tratta di un’azione che elimina una barriera per chi fatica a leggere, in particolar modo per le persone dislessiche, ma che poi va bene per tuttə.
Tra i libri per bambinə e ragazzə ci sono diverse case editrici che lo adottano (Beisler, Sinnos, Biancoenero), oltre a Camelozampa che ha stampato tutti i suoi libri di narrativa con il carattere tipografico font easy reading.
Le parole semplici, il linguaggio facile, i libri ad alta leggibilità sono tutti dispositivi che allargano l’orizzonte, che cancellano (o quanto meno cercano di smussare) le barriere che naturalmente tendiamo a tirare su — siamo esseri classificatori, noi umani. Questi strumenti linguistici sono appunto strumenti, cose che consentono di fare cose; cose come quelle che possiamo toccare tutti i giorni: marciapiedi che diventano rampe, segnali acustici per attraversare, linee zigrinate per chi non vede, bagni per chi ha difficoltà di movimento.
Sono tutti strumenti che potrebbero diventare la norma, cioè spostare la percezione che abbiamo dello standard, costruito sul principio di maggioranza. Eppure sono le condizioni di minoranza che aiutano a percepire la varietà umana come unica vera norma.
Le parole e le cose semplici, facili sono una porta aperta a chiunque, invitano senza distinzioni a farsi avanti ed entrare.
Impararlo da gesti, espressioni, discorsi deə bambinə serve a ricordarci che essere adulti è una condizione transitoria, che cambiamo continuamente come la lingua. Basta tenere a mente quello che a un certo punto dice Martha nel Giardino segreto di Frances H. Burnett:
I bambini servono quanto l’aritmetica, per farti scoprire le cose.
E la lingua è come il pensiero, moltiplica: le conoscenze, le connessioni, le sensibilità.
P.S.
Anno nuovo, abitudini vecchie: cioè Linguetta che saltella qua e là nel mezzo della settimana. Vabbe’ dai, l’importante è arrivare. In ogni caso, partecipare.
📚 Lingua chiara e bambina
Oggi è il 5 gennaio 2023, sono sei anni precisi che il linguista Tullio De Mauro è morto; e visto che l’ho citato (oggi come in tante altre Linguette) vi consiglio un suo libro, la cui prima edizione è del 1980 ma che Laterza ha rieditato nel 2019 nella bellissima collana I Robinson: si tratta di Guida all’uso delle parole. Parlare e scrivere semplice e preciso per capire e farsi capire. Non ho altro da aggiungere, vostro onore.
Sto leggendo Rumore bianco di Don DeLillo. Da un sacco di tempo mi aspettava nella libreria, poi l’ho visto nelle storie di Lorenzo Coltellacci, Netflix mi ha avvisato che l’omonimo film è disponibile nel suo catalogo, e così il suo momento è arrivato; e anche se non l’ho ancora finito, che ve lo dico a fare: è un continuo sottolineare frasi. E a pagina 83 Murray dice una cosa che mi sembra perfetta per questa Linguetta:
È ciò che deriva da un tipo sbagliato di attenzione. La gente soffre di svanimento cerebrale. È perché abbiamo dimenticato di guardare e ascoltare come se fossimo bambini.
🎥 La semplicità che riempie
Avevo amato Le otto montagne di Paolo Cognetti (e quando uscì ci avevo pure scritto una cosa su Medium). Sono andato a vedere l’omonimo film, e ho amato pure quello. Tanto. Non ci si accorge che dura quasi due ore e mezza, perché i tanti silenzi della montagna non sono mai fini a sé stessi. Le parole migliori per descriverlo però le ha trovate
nell’ultima puntata de .Uno dei due registi delle Otto montagne è Felix van Groeningen (l’altra è Charlotte Vandermeersch), e nel 2012 ha diretto un altro film che mi è rimasto dentro. S’intitola Alabama Monroe - Una storia d’amore. Spacca il cuore. Sta su Rakuten TV.
Altro consiglio da cinema: Avatar - La via dell’acqua. L’ho aspettato tredici anni, e se in quest’epoca di piattaforme c’è un film da guardare in quella sala buia, è proprio questo qua. Con gli occhialetti 3D. E sì, la storia è come per il primo Avatar: banale e prevedibile. Ma in fondo le storie che ci raccontiamo seguono pochi modelli, ed è sempre il come ce le raccontiamo che ci fa brillare gli occhi. Vorrei tirare fuori Joseph Campbell e il suo Eroe dai mille volti, ma magari un’altra volta. Nel frattempo ringrazio James Cameron perché ha dimostrato ancora una volta che la fede nella potenza del cinema è inscalfibile.
E a proposito di storie che vengono riprese, sullo schermo piccolo c’è Mercoledì. Credo che il fumettista Charles Addams sarebbe contento di come Tim Burton ha reimmaginato la storia di Mercoledì Addams. Otto puntate di divertenti gotiche indagini, su Netflix.
🗞️ Sentire di più
Per chi legge in inglese, sul Guardian c’è un bellissimo pezzo sul muschio, con dentro una riflessione sul senso che meglio accomuna tutte le creature della Terra: il senso del tatto. E che emozione quando cita Maurice Merleau-Ponty.
È tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Allarghiamo il nostro linguaggio con parole semplici e facili, soprattutto scritte e dette con il 💖. Proprio lo stesso cuore che al solito trovate qui sotto, pigiatelo se questa puntata v’è piaciuta.
Io vi aspetto quando volete per discuterne: che sia nello spazio dei commenti, via mail oppure nella chat di Linguetta.
Se poi volete scrivermi o taggarmi su Instagram, basta cercarmi come andrjet.