Questione di tono
Linguetta #41 / Oltre la tecnica e la padronanza linguistica, a fare la differenza in una comunicazione è il tono di voce che usiamo, perché fa emergere la nostra umanità.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
C’è una cosa in ogni comunicazione che la rende speciale, che ci fa sentire che un messaggio — anche se ci stanno vendendo qualcosa, anche se siamo percettivamente distanti da quel tipo di comunicazione, anche se siamo maldisposti — è un messaggio a cui prestiamo volentieri la nostra attenzione.
Quella cosa è il tono di voce.
Il tono di voce è il modo in cui diciamo qualcosa, porta il pensiero che vogliamo dire, esprime la nostra volontà, la nostra intenzione.
L’intenzione che ci mette chi recita su un palco per fare arrivare la voce al pubblico, quella che ci metto anch’io nel mio piccolo quando leggo ad alta voce a bambini e bambine. All’inizio mi preoccupavo di dire le parole nel modo corretto, di ripulire il mio accento bresciano, di smarcarmi un po’ dalla mia solita voce, ma tutte queste cose vanno a posto con lo studio e la pratica continua. E contano relativamente, perché fanno parte del nostro timbro vocale. E come dice l’attrice Alessandra Battaglia:
Il timbro è la pasta vocale, è la carta d’identità della voce, fatta delle nostre note di base, le fondamentali, e dei nostri suoni armonici. Il nostro timbro è unico.
Si possono sistemare quando si usa la voce in modo professionale, ma la cosa che conta di più è il tono di voce con cui moduliamo il messaggio.
Cambiare il tono di voce significa fare provare un’emozione diversa a chi ci legge/ascolta. Per un’azienda o una pubblica amministrazione significa anche riuscire ad accordare la parte del front office (chi parla in prima persona con il pubblico) con le linee guida del marchio o dell’istituzione.
Il tono di voce è la prima impressione.
Porto un altro esempio dalla mia esperienza personale: mi occupo della comunicazione per un’associazione di cui faccio parte e che gestisce in modo volontario un santuario e ristoro di media montagna.
Perciò il mio numero di telefono sta un po’ ovunque, e tutte le volte che mi chiamano per chiedermi informazioni rispondo sempre dicendo “Ciao, sono Andrea. Dimmi pure”.
Scelgo il mio tono di voce (super informale) in accordo con l’ambiente in cui lavoriamo come volontari e volontarie (in quota, in mezzo al bosco). E dico subito con chi stanno parlando, per fare sentire vicinanza, mettere a proprio agio chi chiama e dare un aggancio certo per il futuro.
Usare il tono di voce giusto, cioè in sintonia con lo spirito dell’organizzazione che rappresentiamo, fa tutta la differenza del mondo.
Facciamoci caso quando incappiamo in messaggi che usano un tono di voce dissonante, ad esempio parlando con il servizio clienti di una banca.
Buongiorno, avete chiamato il servizio clienti di Banca per te. Come posso offrirle assistenza?
Che però potrebbe trasformarsi in una cosa così:
Salve, e grazie d’aver chiamato il servizio clienti di Banca per te. Sono Giovanni, come posso aiutarla?
Tutta un’altra storia, vero? E non sono servite formule magiche, soltanto un tono di voce calibrato, che usa un linguaggio piacevole e diretto. Tutto diventa subito più amichevole, ci si sente più rilassati e disposti alla conversazione.
Come dicevo nella Linguetta #40, comunicare vuol dire tenere una conversazione, e il tono di voce è il supporto fondamentale di questa conversazione.
Apparecchiare il tono
Soprattutto all’interno di un’organizzazione estesa, quello che conta sono la coesione e la coerenza.
La coesione è orizzontale, è come il timone della nave: lo tiene il comandante ma chiunque sulla nave collabora perché si segua quella rotta. È il collante, la condivisione dello spirito che governa il lavoro di tutte le persone che lavorano su quella nave.
La coerenza è verticale, è il modo in cui ognuno lavora perché la rotta venga mantenuta e non si finisca in altre acque. La coerenza è la corrispondenza tra la mappa di un’organizzazione e le singole mansioni di chi ci lavora.
Servono entrambe a modulare il tono di voce di chi avrà il compito di parlare direttamente con le persone che stanno all’esterno dell’azienda/ente. Allora il tono di voce si allena con la formazione, dando tutti gli strumenti per parlare in modo chiaro, per gestire le “zone grigie” di risposta (quelle più spinose), per evitare formule precompilate e dire le cose in modo discorsivo e naturale.
Tutto questo vale qualsiasi sia il punto di contatto del pubblico: una telefonata, un’email, una chat di messaggistica, una live chat sul sito web.
Rispondere a tono
Il tono di voce è sempre una questione di design, che come abbiamo detto spesso dentro Linguetta (ad esempio qui e qui) è sinonimo di progettazione.
E in ogni progetto si pensa a tutti gli elementi che lo costituiscono, si pensa a come farli funzionare, e pure a che cosa succede quando qualcosa non funziona. Come nel caso degli errori 404 nelle pagine web di un sito web.
Qui sotto un esempio di cattivo design, fatto senza pensare con la testa di chi lo legge: si dice una cosa autoevidente (che la pagina non è disponibile) senza fornire una soluzione alternativa.
Qui sotto invece due soluzioni pensate tenendo conto del tono di voce, cioè di quella sintonia interna all’organizzazione che si trasmette in maniera fluida anche all’esterno.
Soprattutto, entrambe mettono l’enfasi sul noi, non scaricano la responsabilità su chi ha visitato il sito web. Ammettono l’errore, reindirizzano, e lo fanno in modo leggero, modulando bene il tono di voce.
Usare il giusto tono di voce è come sorridere: apre porte, schiude mondi.
📚 Sollevarsi senza peso
Il consiglio di lettura di questa settimana è il romanzo breve Elevation di Stephen King, che esce un po’ dai carichi di angoscia tipici dei suoi romanzi, anche se a dire questa cosa un po’ mi vergogno: perché King è davvero un re della letteratura, e rinchiuderlo all’interno di un cliché mi scoccia.
L’ho fatto solo per rendervi l’idea di una storia in cui non compaiono mostri, in cui il male non si manifesta in tutto il suo orrore; eppure tramite il meccanismo del what if (e se), King fa succedere una cosa fuori dal comune al protagonista Scott Carey: gli fa perdere peso senza che il suo aspetto cambi di una virgola.
🎥 Pixar fortissimamente Pixar
È uscito un po’ in sordina lo scorso 15 giugno, perciò per adesso lo trovate solo in sala (ma di sicuro a breve arriverà anche su Disney+). Si tratta di Lightyear - La vera storia di Buzz, e non è un semplice spin-off della saga di Toy Story iniziata nel 1995. No, è proprio un film a sé stante, che si regge sulle sue gambe alla grande. Fossi in voi mi lascerei trasportare da Buzz verso l’infinito e oltre, perché l’avventura spaziale che vive è straordinaria.
🎧 Un verde sentire
Ormai è ufficiale: sono dipendente dai podcast. Perciò, eccovi anche due audioconsigli.
Il primo è per uno dei miei podcast del cuore, uno di quelli che ti fa venire la voglia di metterti in azione, subito. Si chiama Cambiamenti e lo tiene il giornalista Nicolas Lozito (che cura pure la bellissima newsletter Il colore verde qui su Substack). In ogni puntata del podcast c’è il racconto di una pioniera o un pioniere dell’ecologismo. Vi incollo qui sotto la prima puntata, che forse è quella che mi ha emozionato di più.
Il secondo consiglio invece è Ecotoni, tenuto dal giornalista Ferdinando Cotugno e dal forestale Luigi Torreggiani. È prodotto dalla Compagnia delle foreste, e parla di alberi e gestione forestale. Qui v’incorporo l’ultima puntata uscita.
Anche per questa settimana è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Il 💖 dell’apprezzamento sta sempre qui sotto, pronto per essere pigiato da chi ha voluto bene a questa puntata.