Plasticume
Linguetta #162 / Le espressioni vuote e ripetitive non sanno parlare in modo chiaro alle persone, immergendole in situazioni comunicative che puzzano di stereotipi.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Alcuni giorni fa mio fratello aveva dimenticato fuori dal frigo un vasetto di pesto, e in poco tempo s’è sparso per tutta la cucina un odore nauseabondo.
Ecco, il naso ci avvisa quando qualcosa intorno a noi non va, soltanto che spesso ci dimentichiamo del senso dell’olfatto. E forse lo facciamo perché è un senso chimico, come spiega su Oggi Scienza la neuroscienziata Anna D’Errico1:
L’olfatto, insieme al gusto, è un senso chimico poiché sono le molecole chimiche, emesse da corpi e sostanze, a generare la sensazione olfattiva, che poi chiamiamo odore.
Una cosa importante da sottolineare è che l’odore di per sé non esiste, esistono le molecole; queste interagiscono con i nostri recettori olfattivi, l’informazione arriva al cervello, ed è lì, dopo un processo di elaborazione cognitiva di questo segnale, che si trasforma in “odore”.
È sempre il cervello che ricostruisce il nostro mondo sensibile, e nel caso di odori sgradevoli ci avvisa, come a dirci di fare qualcosa per uscire da quella situazione.
E accade una specie di sinestesia ogni volta che nella lingua italiana ci troviamo davanti a parole che finiscono in -ume.
Il suffisso -ume può diventare una spia linguistica olfattiva.
Pensiamo a parole come marciume, fradiciume, sudiciume, vecchiume, acidume, fetidume, sozzume.
Si tratta di parole astratte che mischiano vista e olfatto in un indissolubile azione di rigetto verso quello che rappresentano.
Pattume moderno
Fino a una quindicina di anni fa guardavo ancora le partite di calcio, poi hanno iniziato ad annoiarmi, anche per il modo stantio di chi è lì per raccontarle.
Le rivedo solo quando gioca l’Italia, e durante gli scorsi Europei maschili di calcio ho allungato occhi e orecchie, ripiombando dentro un mondo che ogni volta mi dimentico com’è fatto, cioè di espressioni da pattume linguistico, tipo:
pulisce il pallone
riempie la zona
svuota l’area
Ogni volta che la lingua si impigrisce, diventa anche meno comprensibile, perché continua a stringere l’orizzonte invece di allargare la visione.
Un po’ come incartare i libri dentro involucri di plastica, che deviano il nostro sguardo, lo ostacolano, lo rendono offuscato e nebbioso.
Sono espressioni che si fossilizzano, spesso usate da chi fa giornalismo o comunicazione senza prestare attenzione al proprio pubblico, ma ripetendo formule che diventano frasi fatte, di plastica.
Le parole di plastica sono insensibili, non raccontano più niente.
Lista di poltiglie
Usare parole vivide, che ci richiedano di pensare, che possano anche essere semplici, ma che arrivino alle persone riuscendo a farle vibrare, è un lavoro necessario per chi comunica.
La responsabilità è quella di cercare la soluzione linguistica migliore per quel momento e per quel pubblico.
Altrimenti tutto si disfa nel piattume di espressioni sfatte, come queste:
pavimento dei sogni
teatro di battaglia
corridori che hanno una fame da lupi
accarezzare un sogno
spunta all’orizzonte
sembra avere le polveri un po’ bagnate
tanta carne al fuoco
capolavoro assoluto
un weekend tutto da vivere
puntiamo sulle eccellenze del territorio
la storia che sta conquistando i social
ha usato il pugno duro
le prestigiose università americane (sono sempre prestigiose)
brilla come un gioiello nella polvere
il miglior film dell’anno
semplicemente fantastico
all’alba degli anni ‘80
teatro dei giochi olimpici
in odore di premio Nobel
servizio a 360 gradi
vista mozzafiato
Un bell’elenco di forme vuote, stereotipate, ripetitive, che non aggiungono niente a un testo. Insomma, da accartocciare, appallottolare e farci una bella schiacciata nel cestino.
Cercare le parole giuste è un atto di gentilezza verso chi le legge o le ascolta, un po’ come stare in un posto dal profumo gradevole.
La scrittura è anche questione d’atmosfera.
P.S.
La scorsa settimana due persone hanno deciso di donare qualcosa su ko-fi per sostenere il lavoro di Linguetta: per me vuole dire tanto, e mi consente di aggiornarmi e progettare nuove cose da raccontare dentro Linguetta. Grazie!
Grazie infinite anche alle tre persone che da diversi mesi stanno sostenendo Linguetta con un abbonamento (mensile o annuale) qui dentro Substack.
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi dalla canzone Amore di plastica di Carmen Consoli:
Volevo essere più forte di
ogni tua perplessità
ma io non posso accontentarmi se
tutto quello che
sai darmi
è un amore di plastica.
📚 Tra i cumuli
Il consiglio è per un libro a figure che scalda e ci ricorda che le persone, per funzionare, devono avvicinarsi. E possono farlo con le parole giuste. Il libro s’intitola Il signor Paltò, l’ha scritto e illustrato Sieb Posthuma (anche se ora è fuori catalogo).
🎥 Lingue da sgelare
Ho visto Vermiglio di Maura Delpero, ed è un bel regalo che potete farvi, se c’è ancora nella vostra città o paese. Perché scava nelle diffidenze della seconda guerra mondiale, perché mostra il modello della famiglia patriarcale, perché evidenzia le prigionie psicologiche e sociali per le donne, perché fa brillare l’entusiasmo cristallino dei piccoli. Perché fa tutto questo senza puntare indici, ma lasciando osservare.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Evitiamo il pattume linguistico, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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Il libro che ha scritto s’intitola Il senso perfetto ed è pubblicato da Codice edizioni.
“Le eccellenze del territorio” è veramente un grande classico dove lavoro io…! ANNI a lottare per evitare di dirlo. E aggiungo anche (da torinese) il disgusto per quei nomi di eventi tipo CioccolaTO, SaluTO, ImpacTO, TOdays e tutta la sfilza di eventi della serie “Una Mole di…”. Pessimo. Non so se lo fanno anche in altre città.
Il problema del pattume linguistico è che non è recuperabile, anzi deriva proprio dal fatto che sono parole ed espressioni riciclate.
Un paradosso: parole non sostenibili perché riciclate. E sanno pure di plastica!