In poche parole
Linguetta #130 / La lingua parlata è spesso infarcita di espressioni che "allungano il brodo" e rendono la comunicazione poco fluida, quando basterebbero meno parole.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Nell’episodio dello scorso 11 dicembre del podcast TB Matteo Bordone parlò del “tutorialese”, stretto parente di rugginosi burocratismi e della lingua di plastica che atrofizza la lingua.
Si tratta di un uso perverso della lingua, per cui sembra che dicendo di più, tutto risulti più elegante, meglio confezionato, come in un tutorial.
Siamo dentro un linguaggio che corrode soprattutto la lingua parlata, infarcendola di espressioni che producono l’effetto “sbrodolamento”.
Capita così di incappare sempre più spesso (online, in tv, di persona) in costruzioni del genere:
L’uso di quello che prima dei sostantivi (es. quello che è il calendario di gare)
L’uso di andare a come ausiliare di un verbo di azione (es. andare a guarnire la torta)
La personificazione tramite il verbo vedere (es. la storia vede Jack maturare)
Significa fare funzionare il meccanismo linguistico senza frizioni per chi ascolta, trovando il numero giusto di parole da usare.
1. Quellə che
Per fare le cose è sufficiente farle, senza ripetere che si stanno facendo. Che è un po’ come quando scriviamo un’email o un messaggio: non serve dire “ti scrivo per”.
Ridurre il numero di parole, aiuta chi riceve un messaggio a capirlo con più facilità e immediatezza.
Serve regolare con precisione e misura la comunicazione.
Perciò è una sofferenza ogni volta che sento pronunciare quello/quella che è, quelli/quelle che sono, come rinforzo al sostantivo successivo. Cose così:
quella che è l’attività quotidiana
diamo un’occhiata a quelli che sono i punti fondamentali del testo
quello che è il nocciolo della questione
bisogna prendere atto di quella che è la realtà
quelle che sono le conseguenze
Sentendo tutte queste inutili evoluzioni linguistiche, viene da tapparsi le orecchie; ma forse c’è una soluzione alternativa: rifugiarsi nell’ironia musicale di Enzo Jannacci, che parlava di Quelli che…
2. Andiamo a comandare
La lingua è semplice, se proviamo a usare le parole esatte, specie quando ci viene da dire che “andiamo a fare qualcosa”.
Perché siamo sempre lì: basta dire che lo facciamo, quel qualcosa. Senza che il verbo andare diventi ausiliare, come in questi esempi che mi sono appuntato:
e ora andiamo a frullare
questo errore lo andrà a pagare
adesso vado a condividere la mia presentazione
anche qui però andiamo ad aprire un mondo
va a porre l’accento su quella situazione
vanno a intervenire
si va un po’ a rompere quelle che sono coazioni a ripetere
Si tratta di una costruzione usata in tanti tutorial/video che arrivano dal mondo gastronomico, però poi dilagata come un’onda inarrestabile in altri ambiti.
Potrebbe anche essere un calco di costruzioni straniere come il francese je vais faire o l’inglese I’m going to do, entrambe usate per dire faccio, con l’intenzione di fare nell’immediato futuro.
Eppure in italiano basta dire che cosa si fa, per dire quello che si fa.
3. Vedo e rilancio
Sono tante le espressioni ridondanti che corrompono la lingua, tra queste ne analizziamo una terza e ultima tipologia: l’uso del verbo vedere che personifica le cose.
Guardiamo alcuni esempi, così si capisce meglio:
il libro che vedrà la luce a metà settembre
→ il libro che uscirà a settembrela storia che vede come protagonista Kate Winslet
→ la storia che ha per protagonista Kate Winsleti tornei che lo vedono primeggiare
→ i tornei in cui primeggiail racconto vede l’antagonista andare verso il villaggio
→ nel racconto l’antagonista va verso il villaggiosono stati 1.385 i conflitti che hanno visto la risorsa idrica come fattore scatenante
→ sono stati 1.385 i conflitti con la risorsa idrica come fattore scatenanteil percorso sarà strutturato per temi e vedrà lo svolgersi delle attività teoriche durante la mattinata
→ il percorso sarà strutturato per temi, con le attività teoriche previste in mattinata
Anche in questo caso gli interventi di correzione sono minimi – un altro verbo da usare, lo stesso verbo però coniugato, l’uso di preposizioni articolate o semplici.
In fondo, si tratta sempre di pensare a chi ci ascolta, perché la lingua è un esercizio di cura reciproco.
P.S.
Nuovo “scarrocciamento” oltre la mezzanotte, ma alla fine ci siamo anche ‘sto giro. E con tante nuove persone che leggono Linguetta nella loro casella mail, soprattutto per la segnalazione di
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi dal libro L’invenzione degli alberi da 7 a 21, un gioco creativo di disegno e poesia a cura dell’architetto Fabrizio Monetti e dello scrittore Guido Quarzo. Mi sa che il libro è fuori catalogo, ma per fortuna ci sono le biblioteche. Ecco una delle poesie:
Indovinando strade
e pensieri mi perdo
nel paesaggio indecifrato
di un albero
rompicapo.
📚 Chissàchi
Visto che abbiamo parlato di “quelli che sono” che però “sono” soltanto, vado a cons… ehm, vi consiglio un albo illustrato scritto da Daniele Movarelli e disegnato da Michele Rocchetti. E occhio, perché racchiude un mistero, di quelli che pare arrivino a turbare la quiete, quelli che si dice abbiano pattini a rotelle al posto dei piedi, quelli che… insomma, Quellilà.
🎧 Bei miscugli
L’avevo visto suggerito da
, e ho iniziato ad ascoltarlo: si tratta del podcast TLAC - Tra Le Altre Cose in cui Francesco Tanini ogni volta parla di cose diverse, riuscendo a rendere il racconto affascinante – che si tratti di un cronodramma del 1752, di Marie Kondo e dell’impero ottomano, di quasi-estinzioni, o di Michael Jordan. Un episodio a settimana, più o meno sempre intorno alla dozzina di minuti. Qui sotto quello sulla sonificazione delle informazioni.🗞️ Pezzetti di Linguetta
Oggi pesco dall’archivio tre vecchi post di Linguetta dedicati ad alcuni appesantimenti linguistici. Spero possano essere utili.
La puntata n. 101 sull’uso di piuttosto che in forma disgiuntiva invece che avversativa.
La puntata n. 18 con una carrellata di frasi fatte dei giornali e un po’ di burocratismi.
La puntata n. 6 con una sfilza di espressioni burocratiche di cui liberarsi.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Cerchiamo di usare le parole necessarie a farci capire e nulla di più, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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Cortázar le chiamava "frasi prefrabbicate" (e aggiungeva poco dopo "per trasmettere idee arcimuffite") :)
Quando sono arrivato a Torino ho scoperto dei modi di dire che mi facevano sobbalzare le orecchie: faccio che andare, faccio che dirtelo e tanti altri faccio che qualcosa.
Forse come suggerisci tu derivano dall'influenza francese, ma tutt'ora quando lo sento dire non può che scapparmi una risata! Che peso. :)