Piuttosto chiaro
Linguetta #101 / Ci sono espressioni che possono generare incomprensioni, come l'uso disgiuntivo di 'piuttosto che' o il 'se' non accentato davanti a stessə. Vediamole.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Correggere refusi, aggiustare frasi, manutenere le relazioni fra parole sono cose talmente innervate in me che in certe situazioni devo lottare contro me stesso per non dire quello che vorrei dire, e sbottare come Nanni Moretti in Palombella rossa con un altisonante:
“Le parole sono importanti!”
In quei casi cerco di controllare il grammar nazi sepolto dentro di me e fare prevalere il buonsenso. Un po’ quello che racconta Matteo Bordone nel suo podcast quotidiano Tienimi Bordone, quando è combattuto se mettersi a correggere cose sentite al bar, tipo misunderstanding detto al posto di malinteso.
Pure a me capita, però, poi mi dico che ogni persona parla come preferisce.
Che la lingua si muove in continuazione, che la norma linguistica esiste per fare funzionare una lingua ma che si struttura e varia nel tempo a seconda delle convenzioni di chi parla quella lingua.
E alla fine nemmeno io mi metto a correggere le persone, quando sento frasi come queste:
Una volta arrivati ci sono un sacco di cose da fare: itinerari in bicicletta piuttosto che camminate sui sentieri piuttosto che giri del lago in barca.
Per la zona stand possiamo chiamare uno che fa panini piuttosto che fish & chips piuttosto che piadine e crêpes piuttosto che sushi da asporto.
Sulla torta ci puoi mettere quello che vuoi: dei ribes piuttosto che delle more piuttosto che i mirtilli piuttosto che le fragole.
Istruiscono persone provenienti da quei territori e le fanno fare carriera nelle istituzioni: per esempio nella polizia piuttosto che nell’esercito piuttosto che nelle amministrazioni pubbliche.
Ah, questa gonna sta bene su tutto, con qualcosa di scuro piuttosto che con colori chiari piuttosto che con tinte pastello.
Ecco, parlo del piuttosto che.
Si tratta di un avverbio che viene usato nella lingua parlata, e gli esempi citati sono alcuni di quelli che mi è capitato di sentire nei più svariati contesti, sia informali sia professionali.
Tutti quanti usano piuttosto che in forma disgiuntiva, cioè come sinonimo di oppure.
Di avverbi e pronomi
L’avverbio piuttosto è una contrazione di più e tosto (inteso come ‘più presto’), e nel linguaggio corrente sta per più facilmente, più spesso, più volentieri. Qualche esempio:
più facilmente → In questo posto piove piuttosto d’estate che d’inverno.
più spesso → Mi sposto piuttosto con la bici che con la macchina.
più volentieri → Mangio piuttosto i gusti alla crema che quelli alla frutta.
Insomma, serve a indicare una preferenza.
E quando lo uniamo alla congiunzione che, diventa un’espressione con ancora più forza avversativa o comparativa.
Se ad esempio dico “farei un tuffo con capriola all’indietro da quello scoglio di tre metri piuttosto che mangiare un pezzo di carne”, in questo caso è chiaro che io la carne non la voglio mangiare, piuttosto preferisco rischiare una spanciata.
Piuttosto che è sinonimo di anziché, invece di.
Perciò: se dico una frase come “bevo il caffè piuttosto che l’aranciata”, intendendo elencare due possibilità, genero un’incomprensione in chi ha interiorizzato la norma linguistica corretta (piuttosto che = anziché) e pensa giustamente che “io preferisco il caffè all’aranciata”.
Si tratta di un’incomprensione simile a quella di cui parlava il linguista Luca Serianni per l’uso di se senza accento davanti a stessa / stesso.
→ Proprio a Luca Serianni avevo dedicato una puntata l’anno scorso, pochi giorni dopo la sua morte.
Lo lascio spiegare direttamente a lui, con alcune frasi estratte da una conversazione online con Edoardo Camurri per RaiPlay:
Il sé va accentato perché non c’è nessuna ragione di introdurre un elemento di oscillazione in un ambito (quello delle regole che governano l’accento dei monosillabi), che è abbastanza sicuro, stabile.
Si accenta quando c’è la possibilità di confonderlo con un altro monosillabo. Noi scriviamo è (voce del verbo essere) con accento, perché se togliessimo l’accento lo confonderemmo con la congiunzione e.
La stessa cosa facciamo con sé come pronome per non confonderlo con la congiunzione ipotetica se.
Nonostante quello dell’accentazione di sé stessa / sé stesso sia stato fino alla fine un suo personale impegno, oggi anche molte case editrici e riviste adottano la forma senza accento, che non è sbagliata ma certo meno appropriata.
Tutto questo ci dice ancora una volta che la lingua è in movimento, ed è chi la parla (o scrive) che ne determina l’orientamento. Eppure — senza diventare prescrittivi (“si dice così, punto e basta”) —, il mio è un invito a ricordarci che un sistema linguistico si regge su un impianto fatto di regole, che fanno da guida. Come in un gioco.
Provare a usare sé stessə e piuttosto che nel modo più appropriato significa giocare il gioco della lingua, rispettare le regole che definiscono le funzioni di ogni sua parte, lasciando che i cambiamenti duraturi li producano le persone parlanti.
Nell’Ottocento la prima persona singolare del verbo avere era ò e poi è diventata ho, lo stesso potrebbe accadere per l’espressione piuttosto che usata in modo disgiuntivo (come oppure) invece che nel significato avversativo di anziché. Se l’uso della maggioranza determinerà questo slittamento, la lingua se ne farà una ragione e cambierà. E io, pure.
Luca Serianni però dice tutto quanto molto meglio di me:
Parlare molto, di vari argomenti, con i propri concittadini è il modo migliore per mantenere viva, ampia e ricca di articolazioni una lingua. È la civiltà della conversazione.
P.S.
Oggi scivolamento al sabato con una puntata più tecnica, un po’ come quelle che avevano inaugurato Linguetta. La prossima volta torneremo … chissà dove! Il mio taccuino è pieno di appunti linguistici di ogni tipo, ho già un’idea ma sapete che tutto può sempre cambiare. Come fa la lingua.
P.P.S.
Vi ricordo che se volete fare passaparola di Linguetta e ottenere dei premi, il pulsantone con il link da mandare in giro per il mondo è questo qui sotto.
🖊️ Inversi
Oggi dei versi da un libro scritto da Alessandro Riccioni e illustrato da Vittoria Facchini: Fenomenale. Filastrocche a tempo. La poesia che ho scelto sta nella sezione ‘grandine’.
Balla sui tacchi
Balla sui tacchi
picchia sui tetti
sembrano becchi
un coro di picchi.
📚 Pensarci su
Vi consiglio il nuovo libro della sociolinguista Vera Gheno: L’antidoto. 15 comportamenti che avvelenano la nostra vita in rete e come evitarli. Ecco, il sottotitolo dice già tutto; io aggiungo che ancora una volta Gheno riesce a farci capire che è con le parole che ci costruiamo l’ambiente online in cui stiamo. Soprattutto fa una cosa importante: ci fa imparare a esitare, prima di dire, scrivere, diffondere, condividere.
🎥 Chi è l’orso?
Ho iniziato a vedere la seconda stagione della serie tv The Bear: sono alla sesta di dieci puntate, e anche se ancora non so come finirà, ve la consiglio. Per chi ha già visto la prima stagione: preparatevi a entrare a fondo dentro la vita dei personaggi, resi con la grana sporca dei ricordi che fanno male e le inquadrature sbilenche della vita che si sfibra come pareti scollate. Per chi non l’ha mai vista: entrateci con gusto nella tavola calda The Beef di Chicago. Ah, vi avverto che dentro è un casino infernale. Ma si sta bene. La trovate su Disney+.
🗞️ Sempreverdi
Visto che ho citato Luca Serianni, vi consiglio la sua riflessione sul pronome sé da accentare davanti a stessa / stesso, che era stata ripresa in un bel pezzo di Luisa Carrada, scritto vent’anni fa nel suo blog. Le cose buone non invecchiano mai.
📧 Onde postali
C’è una newsletter a cui sono iscritto da poco tempo, ma che già mi ha conquistato per la ricchezza di collegamenti che fa fare al mio cervelletto. Si chiama
e la scrive , parlando di quei viaggi di carta che si possono fare senza muoversi di un millimetro da casa. Perché la letteratura è sempre letteratura di viaggio. Vi linko l’ultima puntata, che per un essere metà montano e metà marino come me è una cosa bellissima: Tra le onde con le sirene.Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Proviamo a fare caso ai dettagli piuttosto che vivere nell’indistinto, ci basta cominciare dal 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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92 minuti di applausi.
Che sorpresa trovarmi qui, grazie per le tue parole ♥️ (quelle per la mia newsletter ma anche tutte le altre)