Breve è meglio
Linguetta #60 / Usare meno parole serve a scrivere messaggi afferrabili in ogni contesto e stretti dentro il formato tascabile di lettura: lo smartphone.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Leggere bene, leggere tutto.
No, non ce la facciamo, perché dopo un po’ che leggiamo su schermo subentrano stanchezza e distrazioni dell’ambiente online; soprattutto se stiamo leggendo dentro quella piccola cornice tascabile che teniamo nei jeans, dentro la borsa, nel marsupio. Già, il nostro smartphone.
È difficile concentrare (e prolungare) l’attenzione in uno spazio di 8 x 15 centimetri, ancora di più se i testi che stiamo scorrendo sono organizzati senza tenere conto del formato del dispositivo.
Fare sintesi delle informazioni per andare incontro a chi ci legge è una delle cose che conta di più per chi comunica, specie all’interno di una pubblica amministrazione, per cui il servizio è il mandato del mestiere.
La settimana scorsa mi ci ha fatto ripensare un intervento del direttore del Post Luca Sofri dentro la newsletter Evening Post: si tratta di una newsletter serale che fa un veloce compendio delle notizie del giorno, ed è preceduta da alcuni screenshot della chat di redazione del Post, per mostrare a lettori e lettrici il dietro-le-quinte del lavoro. Lo screenshot di cui parlo è questo:
Usare una parola di meno è salutare, perché consente di concentrare le informazioni necessarie per capire con il minimo sforzo cognitivo. E significa rafforzare la relazione tra chi scrive chi legge.
L’appunto di Luca Sofri sulla frase “sciopero nel settore dei trasporti” da trasformare in “sciopero dei trasporti” fa proprio quello: alleggerisce la lettura senza sminuirla, leva le ridondanze, gli orpelli, quelle stratificazioni che spesso diventano ruggine senza che ce ne accorgiamo.
Si tratta di igiene comunicativa: riuscire a dirlo bene in poche parole.
Per farlo bisogna abbandonare i tranelli delle formule preconfezionate e dei burocratismi di ogni tipo, che fossilizzano il linguaggio, e il pensiero.
☞ Ne ritrovate un po’ nella Linguetta sulle parole del burocratese, nella quale avevo snocciolato un po’ di espressioni inutili e ostiche alla comprensione, che allontanano le persone perché rifiutano di parlare come le persone.
Parole leggere
Le parole che leggiamo all’interno di una comunicazione pubblica ci dovrebbero dare la sensazione di una mongolfiera che sale nel cielo, o ancora meglio di essere come astronautə nello spazio: trasportatə senza sentire più il peso.
Usare meno parole è una condizione che va a braccetto con una sintassi chiara. E nell’articolo Schermo micro: paragrafi brevi, sintassi leggera sul suo blog, Luisa Carrada spiega benissimo questa cosa:
Tra tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione per scrivere testi che funzionano, ai miei occhi la sintassi continua infatti a essere “la grande negletta”. Anche quando è grammaticalmente impeccabile, spesso causa ambiguità, monotonia, bassa leggibilità e inutile affanno per chi legge.
[…]
Periodi brevi e sintassi lineare non significano affatto povertà e monotonia, come ben sanno quelli bravi. Ed è qui che, quasi sempre, la funzione espressiva della sintassi arriva in soccorso e riesce a trasmettere messaggi senza aggiungere parole, ma con la potenza della punteggiatura e del ritmo.
Per dirla semplice la sintassi è un po’ come il manuale di istruzioni di un gioco in scatola: ti dice come va posizionato ogni elemento (preparazione) e come questi elementi interagiscono fra di loro (fase di gioco).
La sintassi è il sistema di regole che tiene insieme tutto e consente di giocare.
La differenza la fa poi l’abilità di chi gioca, nel nostro caso, di chi scrive.
Ridurre il disturbo
Quando ho iniziato a usare Substack l’ho fatto anche perché è una piattaforma essenziale, che aiuta a scrivere senza soprammobili da sistemare e spolverare. Un’architettura pulita che evita disturbi soprattutto a chi legge.
Scrivere in maniera precisa, tenendo conto della lettura su un dispositivo piccolo come lo smartphone equivale a togliere rumore e non inquinare la mente.
Una scrittura che vale tanto di più se è diretta ai social, per cui il microcopy diventa uno strumento con cui fare funzionare oppure fare naufragare un messaggio.
Ne parla la consulente per i social Valentina Tonutti in una puntata della sua newsletter fuori dal PED, e dice:
Le piattaforme social evolvono, cambiano, si rivoluzionano in continuazione, ma c'è qualcosa che continua a essere fondamentale su tutti, tutti, i canali e a prescindere dal formato: l’arte del microcopy.
E parlando del famoso less is more:
Non significa che dobbiamo ridurre le informazioni, significa che dobbiamo ridurre le parole con cui trasmettiamo le informazioni.
Ridurre, organizzare, fare sintesi perché quelle parole che scorrono sui piccoli schermi tascabili siano comprensibili e afferrabili all’interno del sovraffollamento cognitivo che scontiamo tuttə con la lettura digitale.
Scrivere per essere lettə in quel piccolo spazio richiede una bravura che va continuamente allenata e che deve tenere conto di contenuto, formato, contesto: cioè delle parole da usare, della struttura con cui organizzarle e dell’atmosfera in cui potranno essere lette.
Perché noi scriviamo battendo le dita sulla tastiera di un computer, in un ambiente relativamente tranquillo; ma chi leggerà potrà essere ovunque: sulla metro, al supermercato, per strada, in treno, al bar. Non aggiungere disturbo alle interferenze presenti in tutte queste situazioni è l’obiettivo di chi scrive, per farsi leggere e farsi capire.
Ironia al potere
Spesso una scrittura agile è capace anche di usare ironia, che è uno strumento in grado di farci spuntare il sorriso e rendere memorabile qualcosa. Sia nel post di Luisa Carrada sia in quello di Valentina Tonutti ci sono diversi esempi di questo tipo.
Io ve ne offro uno del The Guardian. Si tratta di un footer del Guardian Weekly Magazine che invitava lettrici e lettori a sostenere il giornale ma in un modo sintetico e brillante. È stato pubblicato dopo dopo che anche la prima ministra Liz Truss si era dimessa e dopo che alla Camera dei Comuni inglesi il giornale era stato tirato in ballo dalla ex ministra degli Esteri Suella Braverman più o meno con queste parole: “Il caos che vediamo nelle strade è colpa dei laburisti e di questi lettori del Guardian sacerdoti del politicamente corretto che mangiano il tofu”. Ecco, il Guardian riesce a dire tutto con brevità, eleganza e ironia.
Traduzione mia → Come 45 giorni possono fare la differenza. Westminster è di nuovo in caduta libera, mentre il nostro ultimo primo ministro si dimette. Il settimanale The Guardian vi aiuterà con approfondimenti che dureranno più a lungo di un primo ministro, andando oltre le agende politiche e guardando al quadro generale. Rimanete informati, abbonatevi oggi, e avrete uno sconto del 50% per tre mesi, con consegna gratuita a domicilio. Come Liz Truss, questa offerta non durerà a lungo.
Bam, giù nel canestro!
E visto che abbiamo parlato di comunicazioni che devono adattarsi ai nostri dispositivi, faccio partire per la prima volta un sondaggio qui su Substack. Giusto per farmi un’idea sui dispositivi di lettura.
P.S.
Chi è iscrittə da un po’ a Linguetta avrà notato che siamo in ritardo di un giorno: chiedo perdono. Esco da alcune giornate fantastiche al Lucca Comics & Games e con il ponte del 1° novembre sono arrivato un po’ lungo. Comunque eccoci qua.
📚 Sintesi letterarie
Visto che ho accennato al ponte, proprio parlando con alcuni amici mentre eravamo a Lucca ho chiesto: chissà se “fare il ponte” lo diciamo solo in Italia. E subito mi è venuto in mente quel bellissimo libro di Ella Frances Sanders uscito qualche anno fa per Marcos y Marcos, cioè Tagliare le nuvole col naso. Modi di dire dal mondo (titolo originale Speaking in tongues): si tratta di proverbi, espressioni, frasi idiomatiche che arrivano un po’ da tutto il mondo ma non hanno una traduzione letterale nelle altre lingue. Dell’italiano ci sono dentro ad esempio “in bocca al lupo” o “avere grilli per la testa”.
Già che l’ho nominata Ella Frances Sanders, vado anche con il suo titolo precedente: Lost in translation. Sottotitolo: cinquanta parole intraducibili dal mondo. Stesso meccanismo però qui prendendo ogni volta delle singole parole che esprimono concetti non trasferibili con un solo vocabolo in altre lingue. Quello che forse mi piace dipiù è TIÁM, che in lingua farsi (cioè il persiano) vuole dire “Il luccichio negli occhi quando si incontra qualcuno per la prima volta”. Che cosa stupenda.
Se il gioco vi piace, c’è un libro di Nicola Edwards e Luisa Uribe che ha ripetuto il meccanismo anche per bambinə e ragazzə in Che bella parola! Parole intraducibili da tutto il mondo, aggiungendo per ogni parola anche qualche aggancio storico.
✉️ Rapide novità
Vado con due newsletter a cui mi sono iscritto recentemente, perché riescono a dire tanto con poche parole. E riescono a farlo con quella dirompente ironia che mi fa sempre stare meglio.
Una di queste due fa della brevità la sua prerogativa e si chiama
. La scrive l’esperta di comunicazione e social media manager , che è anche una delle fondatrici di Hella Network, il network per la comunicazione inclusiva.E proprio di Hella Network fa parte anche la direttrice creativa e copywriter
, che tiene . Una newsletter che va dritta al punto, usa quel tono di voce informale capace di coinvolgere alla riga 1, e soprattutto parla di cose che stanno tra le righe. Cioè di ogni cosa di cui non si può fare a meno di parlare.Credo sia tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Mi raccomando, diciamo poco però diciamolo bene, con tutte le parole al posto giusto. E il posto che non ci fa mai sbagliare sta quasi al centro del nostro petto, leggermente inclinato verso sinistra. Lo trovate pure qua sotto con il simbolo che abbiamo scelto per rappresentarlo: 💖. Pigiatelo e saprò che la puntata v’è piaciuta.
Se volete scrivermi, la mia email è sempre a vostra disposizione.
E non fatevi problemi a taggarmi su Instagram, dove sono andrjet.
Ma grazie! ❤️