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Le parole come coltellini svizzeri, perfetto. Sono creature indipendenti (e noi pensiamo di poterne fare ciò che vogliamo) e dotate di un proprio giudizio e singolari bizzarrie. Ed è vero: appena pronunciate iniziano a vivere. Bellissima.

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Jan 22Liked by Andrea M. Alesci

Ehm... io li chiamo “libri illustrati” ma manca quella possibilità 😜

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Jan 22Liked by Andrea M. Alesci

L'aspetto della polisemia delle parole e del rapporto parola-immagine è una cosa che si usa molto come strumento di lavoro nel graphic recording e facilitazione visuale, perché è una di quelle cose in cui "l'inequivocabilità" dell'immagine è un attrezzo per chiarire i sottintesi: io dico sedia e tu dici sedia, sembra che abbiamo detto la stessa cosa, pensiamo di esserci capiti, invece entrambi abbiamo messo nella parola il nostro background, mondo valoriale, esperienze. Il fatto di vederla rappresentata in un modo che magari non è quello che nessuno dei due intendeva, o che comunque rende manifesta una diversità di concetti, è incredibilmente utile come punto di partenza per una comunicazione che funziona. (benvenuto al mio rant "perché la facilitazione visuale non è un orpello per rendere carino e aesthetic un workshop ma uno strumento tanto quanto un post-it o un cacciavite")

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Da quando studio il sanscrito ho scoperto quanto polisemia e enantiosemia rappresentino una ricchezza da esplorare. Mi sento proprio una esploratrice ogni volta che apro il dizionario e mi accingo a scegliere le sfumature che calzano meglio con quello che mi serve dire. Più che con qualunque altra lingua antica o moderna mai studiata, la vivo come un'avventura.

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Jan 23Liked by Andrea M. Alesci

Io li chiamo libri illustrati. Vale? 😅

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