Linguetta #124 / Il troppopieno di molti testi appesi qua e là si trasforma in un carico cognitivo insopportabile, rendendo tutto più opaco e ostacolando la lettura.
Mentre ti leggevo la mente è volata alle sale d’attesa dei reparti d’ostetricia o ai pronto soccorso ginecologici, spazi che negli anni passati ho frequentato abbastanza per due gravidanze (fortunatamente felici). Anche in queste sale è semplice trovare tutti gli errori comunicativi di cui parli tu, con l’aggravante che spesso ci sono cartelli molto aggressivi dedicati, per esempio, all’allattamento. Ovviamente non tutte le persone che gravitano intorno a queste zone stanno allattando, o desiderano farlo, o hanno avuto bambinə, a volte sono persone in lutto o che necessitano di cure con la mente ad un reparto di terapia intensiva neonatale, o ancora persone che attendono per un IVG. Ecco, ci vorrebbe cuore. Hai detto bene tu.
Per i cartelli che compaiono in queste sale d'attesa bisognerebbe moltiplicare la cura, usare parole che risuonino con tutte le persone che passano, sostano, aspettano lì; e farlo sarebbe positivo anche per chi ci transita solo velocemente, azionando una specie di contagio comunicativo.
Leggendo il commento di Serena subito dopo la newsletter ho pensato al reparto di oncologia che frequento da qualche mese. Noto con sollievo che invece lì la comunicazione è ridotta all'essenziale, senza volantini obsoleti, ed è chiara, pulita, non distaccata e gentile. Ogni tanto notare qualcosa che funziona e va nella giusta direzione è bello ma mi accorgo di averlo notato adesso per contrasto
Che bello sentire anche di aspetti positivi: grazie Sara. Come racconta spesso Luisa Carrada, accorgersi delle cose ben fatte aiuta tantissimo a vedere come può funzionare una comunicazione - forse anche di più rispetto all'analisi di storture e approssimazioni.
Certo, l'idea è che un pezzettino alla volta non dobbiamo più accorgercene, perché chi progetta saprà farlo sempre meglio e mettendosi sempre nella testa di chi legge/ascolta.
Hai toccato una corda che mi sta molto a cuore, lavorando nella comunicazione di una pubblica amministrazione. Non sai quanto è difficile, proprio su questa leva del linguaggio (uso dei passivi, comunicazione fredda, burocratese), cambiare le abitudini delle persone. Per 10 di noi che appunto fanno comunicazione ci sono 100, 1000 colleghi attaccati con le unghie e coi denti ad un li viaggio opaco, respingente, visto come un pilastro del lavoro pubblico. Io non mi capacito. Ti dico solo che nei nostri bagni è apparso un foglio appeso: “SI ESORTA A NON DEPOSITARE I DISPOSITIVI PER SIGNORA NELLO SCARICO DEL WC”. Io sclero.
Sì, è una cosa che a volte pare proprio insormontabile. In una pa si può sperare di trovare persone-guida che diano direzioni precise, si può fare formazione, si possono conquistare spazi di dialogo un pezzetto alla volta. Però alla fine sta sempre alla persona accettare il cambiamento dentro di sé; chi già ne è consapevole può soltanto facilitare.
P.S.
Il "si esorta" è proprio un vessillo del burocratese (ma pure il resto della frase 😅). È un mondo difficile.
Maggiori limpidezza e leggerezza dei testi sono anche il fulcro degli studi sull'inclusività digitale (mi limito all'ambito che conosco). Una base ottima per pensare a chi ha difficoltà nella lettura, a chi usa diapositivi e così via. È un lavoro di cura, come fai capire sempre tu :)
Già, è proprio così: limpido è proprio l'aggettivo che rende meglio.
Sull'inclusività digitale ci sono persone molto più preparate da me, perciò io resto sempre con occhi e orecchie aperte; e in questi ultimi anni è proprio cambiato il mio approccio, anche quando vado in giro noto cose a cui prima magari non avrei pensato naturalmente: spesso sono cose fisiche, comunque sempre espressione di un linguaggio e risultato di un processo linguistico.
Tutto vero, soprattutto per chi per vivere si occupa di comunicazione.
È altrettanto vero che la sanità pubblica stenta ad avere le risorse per le persone che di mestiere fanno la sanità pubblica.
In un modo ideale, sarebbe bello potersi preoccupare della sola comunicazione negli ospedali.
Sul discorso generale sono perfettamente d'accordo: viviamo immersi nella comunicazione, la pulizia e la continenza comunicativa sono due doti impagabili, oggi.
Grazie per le precise osservazioni: bello il concetto di 'continenza comunicativa'.
La speranza è che la comunicazione sia percepita sempre più come parte fondante del servizio (specie nelle pubbliche amministrazioni) e non fatta superficialmente, senza programmazione e in modo accessorio.
Mentre ti leggevo la mente è volata alle sale d’attesa dei reparti d’ostetricia o ai pronto soccorso ginecologici, spazi che negli anni passati ho frequentato abbastanza per due gravidanze (fortunatamente felici). Anche in queste sale è semplice trovare tutti gli errori comunicativi di cui parli tu, con l’aggravante che spesso ci sono cartelli molto aggressivi dedicati, per esempio, all’allattamento. Ovviamente non tutte le persone che gravitano intorno a queste zone stanno allattando, o desiderano farlo, o hanno avuto bambinə, a volte sono persone in lutto o che necessitano di cure con la mente ad un reparto di terapia intensiva neonatale, o ancora persone che attendono per un IVG. Ecco, ci vorrebbe cuore. Hai detto bene tu.
Per i cartelli che compaiono in queste sale d'attesa bisognerebbe moltiplicare la cura, usare parole che risuonino con tutte le persone che passano, sostano, aspettano lì; e farlo sarebbe positivo anche per chi ci transita solo velocemente, azionando una specie di contagio comunicativo.
Leggendo il commento di Serena subito dopo la newsletter ho pensato al reparto di oncologia che frequento da qualche mese. Noto con sollievo che invece lì la comunicazione è ridotta all'essenziale, senza volantini obsoleti, ed è chiara, pulita, non distaccata e gentile. Ogni tanto notare qualcosa che funziona e va nella giusta direzione è bello ma mi accorgo di averlo notato adesso per contrasto
Che bello sentire anche di aspetti positivi: grazie Sara. Come racconta spesso Luisa Carrada, accorgersi delle cose ben fatte aiuta tantissimo a vedere come può funzionare una comunicazione - forse anche di più rispetto all'analisi di storture e approssimazioni.
Certo, l'idea è che un pezzettino alla volta non dobbiamo più accorgercene, perché chi progetta saprà farlo sempre meglio e mettendosi sempre nella testa di chi legge/ascolta.
Hai toccato una corda che mi sta molto a cuore, lavorando nella comunicazione di una pubblica amministrazione. Non sai quanto è difficile, proprio su questa leva del linguaggio (uso dei passivi, comunicazione fredda, burocratese), cambiare le abitudini delle persone. Per 10 di noi che appunto fanno comunicazione ci sono 100, 1000 colleghi attaccati con le unghie e coi denti ad un li viaggio opaco, respingente, visto come un pilastro del lavoro pubblico. Io non mi capacito. Ti dico solo che nei nostri bagni è apparso un foglio appeso: “SI ESORTA A NON DEPOSITARE I DISPOSITIVI PER SIGNORA NELLO SCARICO DEL WC”. Io sclero.
Sì, è una cosa che a volte pare proprio insormontabile. In una pa si può sperare di trovare persone-guida che diano direzioni precise, si può fare formazione, si possono conquistare spazi di dialogo un pezzetto alla volta. Però alla fine sta sempre alla persona accettare il cambiamento dentro di sé; chi già ne è consapevole può soltanto facilitare.
P.S.
Il "si esorta" è proprio un vessillo del burocratese (ma pure il resto della frase 😅). È un mondo difficile.
Maggiori limpidezza e leggerezza dei testi sono anche il fulcro degli studi sull'inclusività digitale (mi limito all'ambito che conosco). Una base ottima per pensare a chi ha difficoltà nella lettura, a chi usa diapositivi e così via. È un lavoro di cura, come fai capire sempre tu :)
Già, è proprio così: limpido è proprio l'aggettivo che rende meglio.
Sull'inclusività digitale ci sono persone molto più preparate da me, perciò io resto sempre con occhi e orecchie aperte; e in questi ultimi anni è proprio cambiato il mio approccio, anche quando vado in giro noto cose a cui prima magari non avrei pensato naturalmente: spesso sono cose fisiche, comunque sempre espressione di un linguaggio e risultato di un processo linguistico.
Sacrosanto, tutto. Grazie!
Vero Andrea.
Nella Pubblica Amministrazione manca completamente la cultura della comunicazione, considerata un accessorio sacrificabile.
Chi decide, cioè chi ha il budget, ci gira alla larga, almeno in Italia.
Non so se l'inferno esista, ma me lo immagino come la sala d'attesa del pronto soccorso pronto soccorso odontoiatrico
Nel caso, credo anch'io che ci si avvicini molto 😅😅.
Tutto vero, soprattutto per chi per vivere si occupa di comunicazione.
È altrettanto vero che la sanità pubblica stenta ad avere le risorse per le persone che di mestiere fanno la sanità pubblica.
In un modo ideale, sarebbe bello potersi preoccupare della sola comunicazione negli ospedali.
Sul discorso generale sono perfettamente d'accordo: viviamo immersi nella comunicazione, la pulizia e la continenza comunicativa sono due doti impagabili, oggi.
Grazie per le precise osservazioni: bello il concetto di 'continenza comunicativa'.
La speranza è che la comunicazione sia percepita sempre più come parte fondante del servizio (specie nelle pubbliche amministrazioni) e non fatta superficialmente, senza programmazione e in modo accessorio.