Ripararsi
Linguetta #127 / Il lavoro di Franco Basaglia sulla salute mentale ci ricorda che le parole possono costruire un dialogo tra socialità e discorso interno a una persona.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Il 16 novembre 1961 Franco Basaglia entra per la prima volta nel manicomio di Gorizia (uno dei cento che allora ci sono in Italia). Ci entra come nuovo direttore, e l’ispettore capo gli porta il registro delle contenzioni, cioè il librone con i nomi di chi la notte precedente è stato legato al letto, e che lui deve firmare.
Franco Basaglia sta in silenzio per un po’, poi dice:
E mi no firmo.
Quattro parole che cambiano tutto.
Quella frase è un pensiero che si traduce in azione, e che me ne ha fatta venire in mente un’altra, concisa e precisa. Quella che il maestro Alberto Manzi trasformò anche in un timbro1 per non compilare le schede di valutazione sui suoi studenti:
Fa quel che può. Quel che non può, non fa.
Sono entrambe frasi di poche parole, decise, che trasformano un modo di guardare alle cose. Perché la lingua riesce a fare questa cosa qui: ci fa vedere che nell’ombra del mondo stanno nascosti lati che non avevamo mai visto, finché arriva qualcunə e tutto diventa più chiaro.
Sia Basaglia sia Manzi ridanno umanità alle persone, levandogli di dosso le etichette di emarginatə, che si tratti di salute mentale o di bambinə che faticano ad apprendere.
E lo fanno iniziando con un gesto composto da lettere.
Esercizi di libertà
Basaglia e Manzi agiscono sulle persone di cui si occupano, come psichiatra e come maestro, ma allo stesso tempo (con quello che dicono e fanno) agiscono sulle persone che stanno fuori dai manicomi e fuori dalle scuole.
L’azione della parola custodisce la potenza del cambiamento, e si amplifica perché sa contagiare anche in maniera indiretta.
Con la legge 180 del 1978 (nota come legge Basaglia) cambia lo scenario, linguistico e reale: i manicomi vengono chiusi, viene regolamentato il trattamento sanitario obbligatorio e sono istituiti i servizi di igiene mentale pubblici2.
La parola manicomio (dal greco μανία “pazzia”) resta nel dizionario come una testimonianza del passato, ma la lingua accoglie nuove parole come centri di salute mentale, strutture psichiatriche, comunità riabilitative, strutture residenziali.
Ma che cos’è la pazzia se non l’incapacità di comunicare con le altre persone – e con sé stessə.
Ogni parola si definisce sempre nella relazione fra chi la pronuncia e chi la riceve; ma se una parola è detta solo per definire, si crea un muro e la persona definita viene allontanata sempre di più.
Le parole non sono giuste o sbagliate in sé, ma se usate per identificare una persona con la sua condizione/disturbo/malattia, allora diventano gabbie.
Franco Basaglia (come Alberto Manzi) fa una cosa semplice: ascolta e apre.
Ascolta i bisogni di quelle che fino ad allora erano persone internatə, da tenere dentro, da non confondere col mondo di fuori; e spalanca i cancelli, le fa uscire nelle sale comuni, nei giardini, nei parchi, nella città.
Basaglia ha reso permeabile gli ambienti, e le persone che li abitavano. Soprattutto le ha comprese, e comprendere significa ‘prendere insieme’.
È come quando leggiamo per comprendere quello che c’è scritto: nello stesso atto del leggere siamo compresə anche noi.
Riparare i viventi
Nel dialetto della sicilia nordorientale l’aggettivo sanu indica qualcosa di integro, intero. E nel sentirlo mi ha sempre colpito che si riferisse agli oggetti.
In italiano invece sano dice che è una persona a stare bene. Ma chi può davvero definirsi sana in ogni aspetto, in ogni momento, nel corpo e nella mente.
Ecco perché trovo bella una scritta che da qualche anno vedo su un muro in una valle laterale rispetto a quella dove abito. Eccola qui sotto:
Già, la scritta dice: Fanculo ai sani!
Non so chi l’abbia fatta né quando, ma ogni volta che la vedo mi fa sorridere e mi fa riflettere:
Chi sono i sani?
Che cosa separa chi è sanə da chi non è sanə?
Perché facciamo ancora fatica a parlare di sanità mentale?
Quelle tre parole così dirompenti sul muro mi fanno sempre pensare al concetto di riparazione, al fatto che nessuno può dirsi interamente sanə.
Che nella non interezza sta la bellezza della nostra perfettibilità.
E ogni volta penso anche a un’altra parola, la parola giapponese kintsugi, cioè quella tecnica di restauro di vasi e tazze di ceramica tramite l’oro, esaltando così le linee di rottura.
Succede lo stesso con le parole: fanno vedere le cicatrici, senza cancellarle, perché sono parte della storia di ciascunə.
Ecco, le parole contengono sensi che possono restituire le persone a una nuova socialità, senza definirle interamente con un aggettivo ma aiutandole a riconoscersi e a essere riconosciute dalle altre persone.
Sensibilità, cura, riconoscimento.
P.S.
Slittamento anche oggi nelle prime ore del lunedì, ma insomma quel che conta è riuscire ad arrivare a tutte le 2.520 persone iscritte. Grazie di cuore per la fiducia crescente che date a Linguetta.
🖊️ Inversi
Oggi un aforisma di Alda Merini tratto dalla raccolta Fiore di poesia 1951-1997:
Spensierato è colui
che si giudica folle.
📚 Ferite tra le figure
Doppietta di albi illustrati:
Il grande cavallo blu scritto da Irène Cohen-Janca e illustrato da Maurizio A. C. Quarello per raccontare la storia del piccolo Paolo, che vive dentro un ospedale speciale, dove la madre fa la lavandaia. Attraverso i suoi occhi vediamo che cosa succede lì alle persone che tutti chiamano matti, e poi che cosa gli succede quando arriva un dottore che si chiama Franco Basaglia.
Kintsugi è il titolo di un albo illustrato senza parole di Issa Watanabe, da sfogliare con calma, affondando nel nero delle pagine insieme a un coniglio antropomorfo, un uccellino e tante altre creature, sconvolte da un mondo che sembra irreparabile.
🎥 Per non dimenticare
Cambiare lo sguardo è una cosa che, quando accade, ci fa sentire più vivə. Succede con tante opere e credo sia successo a chiunque abbia visto Qualcuno volò sul nido del cuculo. Allora il consiglio è proprio per il film di Miloš Forman, perché rende come pochi la sensazione di uno spirito libero intrappolato dentro un sistema. E per le persone cinefile, consiglio anche un bell’episodio del podcast Storyboard di Gabriele Niola dedicato proprio a Qualcuno volò sul nido del cuculo.
🗞️ Una storia di cura
Per capire meglio chi era e quanto è stato importante Franco Basaglia, c’è il bel pezzo del Post Franco Basaglia fu molto più di una legge.
🎧 Parole da capire
Doppio consiglio anche per la parte audio:
Words. Cosa significa parlare inclusivo, narrato da Paolo Bovi di Will Media, con la produzione di Mediobanca, in particolare l’episodio Come parliamo di salute mentale?
Marino Sinibaldi ha dedicato uno degli ultimi episodi di Timbuctu a Franco Basaglia, partendo da un lavoro di Fabio Francione per il portale di Treccani e intitolato Ritornelli. Diciassette schede Basagliane, cioè 17 parole su cui Franco Basaglia e Franca Ongaro Basaglia rifletterono, scrivendone in vari libri nel corso del tempo. L’episodio del podcast è qui sotto e s’intitola Le parole di Basaglia.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Troviamo le parole per non etichettare le persone, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
Per lasciare un commento c’è lo spazio lì accanto, ma vi aspetto pure via mail, oppure dentro le Notes con un restack della puntata (cioè pigiando la rotellina con le due frecce accanto al simbolo dei commenti).
Se volete taggarmi su Instagram, cercatemi come andrjet. E se volete sono pure su Threads.
Extra del 20 marzo 2024
Aggiungo una cosa da ascoltare e che mi ha fatto scoprire
, in modo che rimanga un appiglio diretto per chi voglia espandere il discorso sulla salute mentale e sul lavoro di Franco Basaglia. Si tratta di Archivi della follia: in cerca di Franco Basaglia, cinque episodi di un podcast curato da Vanessa Roghi per RaiPlay Sound.Il pezzo dell’intervista in cui Alberto Manzi racconta l’episodio del timbro si trova a 10’19’’.
Sul sito del ministero della Salute sono descritti i diversi tipi di centri per la salute mentale presenti in Italia e si può scaricare il file con i dipartimenti di salute mentale di molte province italiane.
Anche nella mia parte di Abruzzo "sano"significa intero, soprattutto nella sua versione raddoppiata, "sano sano", come dicevano le mie nonne.
Mi sono invaghita di quella scritta sul muro!
(Grazie per queste riflessioni importanti, Andrea).