Prendere nota
Linguetta #105 / Che usiamo taccuini di carta o file digitali, prendere appunti ci serve per fissare le cose, capirle meglio, mettere ordine, tracciare mappe per il futuro.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Pochi giorni fa, andando a scuola, uno dei miei nipoti ha avuto questa conversazione con sua mamma:
— Mamma, mi aiuti con questa teoria sulla Madonna?
— In che senso?
— Sto facendo una teoria sulla Madonna; che teoria faccio? Ho scritto: La Madonna è intelligente — ci pensa un attimo —, la Madonna è intelligente come Dio. Poi?
— È anche molto buona. (Lo annota e scende a scuola. Prima di entrare in classe riporta il taccuino).
— La Madonna è intelligente come Dio. È anche molto buona. È la religione? La Madonna è religione?
Ci sono due cose che mi hanno colpito in questo dialogo:
l’impianto d’indagine che mette insieme delle cose per elaborare una teoria, ma allo stesso tempo le vaglia con attenzione e arriva a farsi delle domande che lo mettono in dubbio.
questi pensieri non possono rimanere a vagare nell’aria, ma si fermano sulla carta. Diventano appunti su un taccuino.
Riporto spesso episodi che riguardano i miei nipoti perché mi ricordano che è proprio di bambine e bambini usare un approccio filosofico, cioè misurare il perimetro delle prime volte.
È un pensiero che ho ritrovato anche dentro
di, quando nell’ultima puntata fa una bella riflessione sull’estasi delle prime volte, partendo da un episodio-frase rivelatorio: “Ogni istante è una prima volta”.Ogni pensiero ha bisogno di essere impresso su un mezzo per rimanere a portata di mano (e di mente), e per generarne di nuovi.
Cioè ha bisogno di stare in un taccuino, che può essere di carta, avere la forma digitale di una cartella sul pc oppure di una serie di canali privati su Telegram, proprio come faccio io con Linguetta — vi riporto lo screenshot di una cosa che mi sono appuntato tempo fa e che in futuro potrà diventare una puntata, magari nel frattempo arricchita da altre cose.
Una vita di appunti
I percorsi etimologici della parola taccuino ci portano dentro la lingua araba e un significato che ha a che fare con il “rimettere in ordine”.
Gli appunti servono a ordinare.
Prendere appunti serve a mettere in fila cose che potrebbero essere collegate, che potrebbero collidere fra loro e magari disegnare una mappa.
Nell’uso comune diciamo che appuntarsi qualcosa significa prenderne nota.
Ecco, gli appunti sono note.
E alle note mi ci ha fatto pensare una cosa molto bella che ho letto nell’ultima puntata di
, nella quale parlava di Infinite Jest di David Foster Wallace.E ne parlava perché è un romanzo ponderoso di 1.281 pagine, 100 delle quali occupate da note (e pure da note alle note).
Proprio poco prima avevo visto (grazie alla newsletter di
) un video di Isaac Asimov ospite di David Letterman.Al minuto 1’53’’ Asimov racconta di prendere nota costantemente delle cose, che anzi per uno dei 221 libri che ha scritto ha iniziato a scrivere note ai primi undici capitoli del Libro della Genesi:
A trascrivere il Genesi ho occupato circa 15 pagine, ma con le mie note il libro è arrivato a 200 pagine.
L’esempio di Asimov dimostra che le cose che annotiamo servono a espandere un testo, a fare luce su delle cose che per noi sono importanti e su cui vogliamo saperne di più, capirne di più.
In generale, gli appunti ci servono per fermare il tempo, per fissarlo. Ma anche per chiarire a noi stessə il senso delle cose e di quello che ancora non sappiamo.
Se ci pensiamo bene, non facciamo che annotare cose, il nostro stesso statuto di esseri umani ci predispone a notare: facce, paesaggi, momenti, metafore, immagini, ricordi, figure, suoni.
Tutto è traccia.
E se penso all’azione che ogni giorno faccio di più, è proprio quella di prendere appunti, di fissare annotazioni. Nei margini dei libri, nel bloc-notes dello smartphone, dentro documenti sul pc, in post-it appesi all’armadio, su taccuini di vario formato e diversa destinazione.
La pagina è una mappa
Ci sarebbe da scriverci un bel saggio sulle note.
A nominarle però la testa mi porta anche a quelle note che leggiamo nei documenti (privati o pubblici), che spesso diventano intoppi nella comunicazione: si tratta delle note che richiamano leggi, decreti, articoli, e pure la sequela burocratese di visto che, considerato che, posto che.
C’è un bell’esempio che il professore di diritto amministrativo Alfredo Fioritto fa in un suo libro1. Immagina di ragionare per assurdo e chiedere a un’amministrazione “che ore sono?”, ottenendo una risposta scritta che probabilmente sarebbe una cosa del genere:
VISTA la sua domanda presentata in data odierna
VISTA la legge che recepisce il trattato internazionale che impone il rispetto del meridiano di Greenwich
VISTO il decreto ministeriale che regola l’attivazione dell’ora legale
CONSIDERATO CHE il qui presente orologio rispetta i criteri di produzione ISO9000 ed è preciso al 100%
SI DICHIARA che sono le 21:45
Ecco, quando le note stanno in un documento che leggeranno altre persone, e non si trovano al posto giusto, possono diventare ostacoli quasi insormontabili per comprendere quel documento.
Chi scrive deve pensare al testo come a una mappa da descrivere nel modo più chiaro possibile, cioè rendendo leggibile anche la struttura del testo.
Le note che riportano riferimenti legislativi non scompaiono, semplicemente trovano il loro posto naturale: in fondo al documento, dove sono consultabili con facilità, senza interrompere la lettura delle cose importanti. Che nel caso del nostro esempio è sapere subito che ore sono.
Perché alla fine, quello che conta e che tuttə noi vogliamo è arrivare in modo semplice al succo delle cose.
Basta stare dalla parte di chi legge.
Anche David Foster Wallace, che di mestiere scriveva opere di finzione, l’aveva capito che le note servivano alla costruzione del suo romanzo-digressione, però, dovevano stare laggiù in fondo. Che se unə le vuole leggere, in ogni momento può farsi un giro nella parte finale del libro ed espandere la propria conoscenza.
In ogni caso, a ciascunə le proprie note e annotazioni, che sono come piccole epifanie per illuminare il mondo, evidenziare percorsi, elaborare teorie, capire meglio le cose, trovare analogie, e pure per scrivere puntate di Linguetta.
P.S.
Oggi il saltello è domenicale, che è un giorno di riposo ma è anche come tutti gli altri: fatto per prendere appunti.
Ogni tanto rimetto anche il bottone Refer a friend, cioè quello che vi porta al link per fare passaparola di Linguetta e aggiudicarsi dei premi. Eccolo qui sotto.
🖊️ Inversi
Oggi un solo verso del poeta-ingegnere Leonardo Sinisgalli, o meglio un appunto tratto dal libro Calcoli e fandonie, che è una raccolta di considerazioni scientifiche, architettoniche, letterarie, artistiche.
A chi dorme basta l’informe.
📚 Annotare
L’ho citato nella puntata David Foster Wallace, con il suo Infinite Jest (traduzione di Edoardo Nesi), che per la cronaca tengo sul comodino da anni e che continuo a iniziare. Forse, come mi ha detto Stefano Besi, può essere un libro che non vuole essere finito. Il bello dei libri è anche questo, che puoi leggerli come, dove, quando e quanto vuoi, e comunque non finiscono mai.
Un consiglio più a portata di lettura è La bottega oscura di Georges Perec (traduzione di Ferdinando Amigoni), perché Perec ha riunito in un libro quello che io per ora ho in un file (ma che credo molte persone si siano appuntate in altri file o taccuini): uno zibaldone dei propri sogni.
🎥 Ricordare
Ho visto al cinema Manodopera di Alain Ughetto, che in originale s’intitola Interdit aux chiens et aux Italiens (“Vietato ai cani e agli italiani) e ricorda quei cartelli che c’erano anche a Milano negli anni Settanta: “Non si affitta a meridionali”. Il film è realizzato in stop motion, cioè coi pupazzetti in plastilina a tenere la scena ma con l’incursione della mano del regista a “rompere il codice cinematografico”.
Ed è nei gesti che sta la memoria di cattiverie e ingiustizie subite dagli abitanti di Ughettera, paese piemontese, che dall’Italia migrarono verso la Francia per lavorare e cercare condizioni di vita migliori. Una battuta: Sai, non siamo di un paese, siamo della nostra infanzia.
🎧 Sentire
Mi piace parecchio Timbuctu, cioè “un podcast del Post che parla con i libri”. Lo tiene ogni giorno Marino Sinibaldi, partendo sempre da un fatto e raccontandolo attraverso il consiglio di un libro.
Vi linko la puntata in cui Sinibaldi parla del genocidio armeno di inizio Novecento e di quello che sta ricapitando ora. Il libro è Alfabeto dei piccoli armeni, cioè tanti appunti raccolti da Sonya Orfalian sulle storie dei sopravvissuti al massacro di un milione e mezzo di armeni, compiuto dall’impero ottomano tra il 1915 e il 1922. È un libro che fa male.
🗞️ Sopravvivere
“Scrivo da un paese che non esiste più” è l’attacco del pezzo che Giampaolo Pansa scrisse venerdì 11 ottobre 1963 da Longarone. Due giorni prima, alle 22.39, un pezzo di montagna s’era staccato e aveva cancellato le vite di quasi 2.000 persone.
Se riuscite, prendetevi dieci minuti per guardare questo video di Internazionale, in cui uno dei pochi sopravvissuti racconta che cosa vuol dire perdere tutto e tutti, e soprattutto che cosa vuol dire vedere le istituzioni cancellare due volte le vite di quelle persone: prima con un’opera che non andava fatta, poi con l’indifferenza disumana di processi e raggiri. Ringrazio
per averlo suggerito dentro alla sua newsletter .Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Prendiamo appunti per capire meglio le cose, usando penne, tastiere ma soprattutto il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
Per lasciare un commento c’è lo spazio lì accanto, ma vi aspetto pure via mail, oppure dentro le Notes con un restack della puntata (cioè pigiando la rotellina con le due frecce accanto al simbolo dei commenti).
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Alfredo Fioritto, Manuale di stile dei documenti amministrativi, Il Mulino, 2009.
Mi ricordo (che inizio da anziano) quando Twitter era appena nato e sembrava di essere al centro di una bella conversazione. Ora ritrovo quello stesso gusto qui su Substack
Bellissima newsletter! So che qui la riflessione su appunti e note è più ampia, ma sugli strumenti per prendere appunti? Che ne pensi? Quali utilizzi?