Parole rinnovabili
Linguetta #43 / Ci sono parole che sono come azioni pigre: rifiutano la novità e il cambiamento. La soluzione sta nel costruire una tradizione che innova ogni giorno.

Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Ci siamo dentro in pieno nel cambiamento climatico, ma facciamo fatica ad accorgercene, a vedere che i fenomeni devastanti a cui assistiamo — ghiacciai persi, livello dei mari in risalita, siccità, temperature estreme, alluvioni — non sono cose eccezionali ma segni di un cambiamento costante delle condizioni terrestri, che abbiamo cominciato a produrre noi umani dalla rivoluzione industriale in poi.
C’è la nostra impronta, e di nessun altro, dietro a tutto questo. Solo che abbiamo continuato a fare come la rana nella pentola bollente raccontata dal linguista Noam Chomsky nel suo libro Media e potere. Riporto la storiella, che ha il sapore delle favole di Esopo:
Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare.
La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce - semplicemente - morta bollita.
Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.
Siamo la rana nella pentola bollente, fatichiamo a reagire alle cose che cambiano e finiamo con l’accettare un sistema. Intanto la pentola si scalda perché si scalda l’acqua intorno; solo che c’è un’aggravante in più: a scaldare quell’acqua siamo sempre noi.
Funziona allo stesso modo con le parole: ci adeguiamo al “si è sempre fatto così” e non vogliamo cambiare.
Le parole mutano come ogni organismo vivente, le abbiamo create per intenderci fra di noi, come dicevo agli albori di Linguetta.
Le parole si adattano: al contesto d’uso, al formato che le contiene, al pubblico a cui si rivolgono.
L’adattabilità è forse la caratteristica migliore che possiedono le parole, che sono duttili e riescono a modificarsi a seconda della funzione a cui servono.
Parole rinnovabili
Le parole non hanno paura di cambiare, di trovare nuove soluzioni per farsi capire. L’esempio più lampante è sempre quello del burocratese, il combustibile fossile della lingua: si perpetua uguale a sé stesso, difendendosi dietro agli scudi della tradizione.
Tradizione è una parola che è stata tradita, alla tradizione ci avvinghiamo tutte le volte che il costo di un cambiamento ci porta verso una strada diversa, poco battuta.
La tiriamo fuori, la tradizione, ogni volta che qualcosa di diverso mette in crisi le nostre convinzioni e “minaccia” di cambiare le nostre abitudini.
Eppure le abitudini non sono leggi consegnate divinamente, sono comportamenti che il nostro cervello mette in atto per trovare ogni volta uno stato di comfort da mantenere, rifuggendo le situazioni che lo costringerebbero a rinegoziare quello stato.
Tendiamo a prendere la via cognitiva più facile, quella più comoda. Quella che l’economista Daniel Kahneman in Pensieri lenti e veloci è riuscito a rendere rappresentabile con Sistema 1 (istintivo) e Sistema 2 (ponderato).
Cambiare costa un po’ di fatica, ma i benefici sono durevoli.
Le parole che si adattano alle condizioni esterne sono un po’ come le rinnovabili: sfruttano energie che già ci sono, che costano meno, impattano poco, funzionano meglio.
Già, le parole rinnovabili sono parole che si rendono la vita dei parlanti di una lingua più sostenibile, perché accorciano le distanze. Sono parole più accurate, pensate per dire le cose con esattezza, e sono parole che creano un’atmosfera intima, di comunità.
Sono tutte quelle parole che usiamo per rendere comprensibile un messaggio, per facilitare un servizio, per sveltire un processo, per creare fiducia, per far compiere un’azione in modo semplice, per dare valore alla comunicazione.
Le parole rinnovabili dimenticano ad esempio vecchie forme come: finalizzato, perpetrato, alla volta di, totalmente gratuito, tali temi; e le sostituiscono con: per, compiuto, per, gratis, quei temi.
Sono parole da usare, da spendere, che sanno reinventare la tradizione. Un concetto su cui si espresse molto bene Bruno Munari in Artista e designer;
Tutte le esperienze che il designer fa, le sperimentazioni sulle materie e sugli strumenti di oggi, in modo da avere dei dati per usare la materia giusta con il mezzo più appropriato allo scopo di produrre oggetti per tutti che siano capiti e che funzionino realmente per un bisogno effettivo e non inventato, fanno parte della tradizione che si crea di giorno in giorno. […]
Qualunque dizionario ci dice che la tradizione è la somma delle regole, degli usi, delle innovazioni, raccolte durante la vita dell’uomo e trasmesse di generazione in generazione. Nella tradizione vi sono regole che scadono e regole che nascono. La tradizione è viva quando il suo apporto si rinnova continuamente. Ripetere un momento passato della tradizione non è operare secondo tradizione. La tradizione si fa ogni giorno.
Quando progettiamo un messaggio, le parole rinnovabili sono quelle che lo fanno funzionare, e sono parole sostenibili perché non preconfezionate ma create su misura per ogni forma di comunicazione.
Sono parole che coltiviamo direttamente, che escono dalla logica della grande distribuzione organizzata fatta di frasi standard e senza varietà.
Sono parole che innovano, inventando ad ogni momento la tradizione.
📚 Il sistema siamo noi
Dato il parallelismo climatico che ho usato oggi e dato che l’argomento mi tocca in modo particolare, il libro che vi consiglio oggi è Cambiamo il sistema, non il clima! della fumettista francese Emma. La quarta di copertina scelta da Laterza dice già tutto: “Avviso ai gentili consumatori. Il capitalismo non è compatibile con la vita dell’uomo sulla terra”.
E visto che ho parlato di strade non battute da imboccare, la memoria va subito a Robert Frost (di cui consiglio Conoscenza della notte e altre poesie) e la sua celebre poesia The road not taken (La strada non presa). Ecco i versi finali:
I shall be telling this with a sigh
Somewhere ages and ages hence:
Two roads diverged in a wood, and I -
I took the one less traveled by,
And that has made all the difference.Io dovrò dire questo con un sospiro
in qualche posto fra molto molto tempo:
divergevano due strade in un bosco, ed io…
io presi la meno battuta,
e di qui tutta la differenza è venuta.
🌐 Tenere a mente
Il cambiamento climatico coinvolge chiunque. Per risolvere dubbi e riuscire a orientarsi meglio, un glossario non guasta mica, tipo quello creato da Legambiente con le parole del cambiamento climatico.
🎧 Tradizione fasulla
Parlando di tradizione travisata il pensiero va a un podcast che è nato come spin-off di un libro: lo tiene Alberto Grandi (professore di Storia delle imprese all’università di Parma) insieme al giornalista Daniele Soffiati. S’intitola Denominazione di origine inventata ed è un modo per raccontare (ed erodere) i miti della cucina italiana.
Per questa settimana è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Il 💖 per dirmi se v’è piaciuta la puntata non si muove mai di un millimetro e sta qui sotto.
Se invece vi garba fare un giro tra le pagine di un libro che il qui presente ha scritto a colpi di filastrocche, allora è il momento giusto per prendere il largo con Il giro d’Italia in 80 isole (Einaudi Ragazzi, 2019).