Default
Linguetta #180 / Questo anglicismo lo usiamo ogni giorno per dire delle cose fatte in automatico, e di una norma che possiamo allargare con una progettazione ampia.

Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
La scorsa settimana, dopo la piacevole immersione alla Bologna Children’s Book Fair (BCBF), mi sono tuffato alla biblioteca Salaborsa in stile reporter che fotografa e archivia cose belle.
Tra le tante, ho notato una sezione di audiolibri, che su ogni copertina riportavano titolo ed equivalente in linguaggio braille: una cosa leggibile da chi vede e da chi non vede.
Entrambe c’erano di default.
L’etimologia racconta diverse cose su questa parola, che è un termine inglese ma deriva dal francese default, cioè ‘difetto’; con l’architrave latina del verbo fallĕre per ‘sfuggire’, ‘venire meno’.
In economia il default rende evidente l’insolvenza di un debito, mentre in informatica è la risposta automatica che una macchina dà, perché impostata per farlo in quel modo. Ed è quest’ultima accezione che usiamo in molteplici occasioni, quando ci riferiamo a qualcosa che va in automatico.
Allargare la base
Il bello della lingua è il suo essere prisma per farci vedere i tanti lati delle parole, ed è il lato della comunanza che mi piace della parola default.
Progettare le cose di default per le diverse esigenze delle persone significherebbe traslare il concetto di normalità verso quello di unicità.
Penso a cose come queste:
il linguaggio braille per messaggi scritti
le versioni audio dei libri che vengono pubblicati
i simboli grafici dell comunicazione aumentativa e alternativa (CAA) per fare leggere chi fatica a decifrare i segni alfabetici
zone di decompressione sensoriale per persone nello spettro dell’autismo e neurodivergenti
bagni grandi e funzionali per persone con disabilità motorie o che faticano a muoversi
rampe di accesso diffuse e con pendenze dolci per chi usa la sedia a rotelle o porta un passeggino
documenti pubblici scritti in modo semplice per chi non conosce bene l’italiano
messaggi rispettosi dell’identità di genere, che sorpassino il binarismo (peraltro quasi sempre riferito al sesso biologico della persona e non al suo genere)
informazioni personali a uno sportello comunicate sottovoce (o scritte), senza che tutte le persone in coda vengano a saperle
L’elenco potrebbe allungarsi ancora, ma il senso è che una qualsiasi cosa progettata di default include la varietà delle persone, perché pensa a loro scostandosi dal modello di una normalità standard.
La lingua ci aiuta a rendere tutto più ampio.
Significa abbracciare le esigenze di ogni persona, impostando quest’ampiezza di default, e non pensando che quei bisogni si possono aggiungere “se ci sarà tempo”, “se ci saranno soldi”, “se ci sarà voglia”.
Sorridere, di default
A volte mi capita che, parlando con delle persone, a un certo punto mi dicano: “Ma perché ridi?”. Il fatto è che a me viene spontaneo ridere e sorridere, mentre parlo con qualcunə. Lo faccio di default.
Il sorriso è un invito ad avvicinarsi.
Mi è capitato di vederlo sulla faccia della gente ai vari banchetti delle dediche alla BCBF. In particolare, quando insieme a un’amica ci siamo avvicinatə per farci dedicare un libro da Guridi.
Lei lo aveva già conosciuto di persona e in video, io ne avevo solo sentito la voce in un podcast. Eppure, già nel suono delle sue corde vocali si percepiva una disposizione gentile, un moto spontaneo di avvicinamento. Così come di persona, nel suo sorriso.
Se c’è una cosa che la lingua può aiutarci a capire è la gentilezza. Che abbiamo così poco tempo su questa Terra e così tante cose da fare, che non essere gentili sarebbe tempo sprecato.
Ecco, gentili di default.
P.S.
Vi lascio con un sondaggio, perché in questi ultimi tempi sto ragionando ancora di più sull’attenzione che ogni giorno le cose online ci richiedono. E vorrei capire se Linguetta non ve ne prende troppa. Grazie a chi vorrà rispondere.
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🖊️ Inversi
Oggi pochi versi dalla raccolta Centoundici haiku di Matsu Bashō (a cura di Peter Otiv Norton, revisione poetica di Elena Pozzi).
La frescura –
ne faccio mia dimora
e mi assopisco.
📚 Sussurrare sogni
Il consiglio è per l’albo illustrato Murdo. Il libro dei sogni impossibili, scritto da Alex Cousseau e illustrato da Éva Offredo, perché dentro le parole di Murdo c’è una morbidezza che racconta del suo desiderio di entrare in sintonia con chiunque e qualsiasi cosa.
🎥 In giro con Mary
Compare nella gif finale di questa puntata, perciò il consiglio è di vedervi (o rivedervi) Mary Poppins, che una tata così è piena di cose che servono per ogni evenienza. Sempre tutto pronto, di default. Sta su Disney+ e Prime Video.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Allarghiamo i confini delle cose fatte di default, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata (come i pulsanti di commento e restack).
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Un libro
L’arcipelago delle isoleombra, che io ho scritto, Marianna Balducci ha illustrato, Sabìr ha fatto diventare vero nel 2024. Se vi va di giocarci, date un occhio qua.
Cose che faccio
Seguo progetti di educazione alla lettura, leggo ad alta voce, faccio formazione su albi illustrati e comunicazione. Se ci sono maestrə, insegnanti, bibliotecarə, libraə, adulti curiosi che vogliono fare una di queste cose insieme a me, trovate tutto sul mio profilo Linktree.
Grazie per questa puntata e per aver concentrato così chiaramente dei suggerimenti utili! Penso spesso alle informazioni date ad alta voce agli sportelli e basterebbero davvero piccoli accorgimenti per cambiare. E più sorrisi di default in giro per il mondo 😀
"Se c’è una cosa che la lingua può aiutarci a capire è la gentilezza. Che abbiamo così poco tempo su questa Terra e così tante cose da fare, che non essere gentili sarebbe tempo sprecato." Io ti mando un abbraccio fortissimo, Andrea, perché in questo spazio mostri proprio questo. Grazie.