Così semplice
Linguetta #53 / L'esempio della Banca Centrale Europea mostra come usare parole elementari crei sintonia con le persone, senza perdere in precisione e autorevolezza.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Che bello sarebbe aprire il sito web di un’amministrazione pubblica e sentire che ci parla con poche e semplici parole, che si fa capire al volo senza mai usare espressioni istituzionali. Che scrive testi sintetici e spiega le cose in pochi paragrafi, ben formattati.
Be’, ce n’è una che ci riesce: è la Banca Centrale Europea, quella che di solito sentiamo nominare con la sigla BCE.
👉 L’ho scoperto grazie a Luisa Carrada, che gli ha dedicato un bellissimo post sul suo blog.
Prendetevi dieci minuti per leggere l’analisi di Luisa Carrada, perché riesce a raccontare con la consueta chiarezza tutti i punti di forza del sito della BCE, versione italiana. Ve li riporto rapidamente qui sotto:
Ha il coraggio di essere semplice e breve
Dichiara l’obiettivo, in modo diretto
Include usando il “noi” e il “tu”
Parla in modo naturale, come le persone
Evita cliché e frasi fatte
Parla di cose concrete
Usa immagini che sanno evocare
Stiamo parlando di una delle più grandi istituzioni pubbliche europee, che però dimostra di non avere paura nel parlare in modo semplice, usando le parole che chiunque di noi usa tutti i giorni.
Parlare con le persone
La cosa più scoraggiante quando atterriamo sulla maggior parte dei siti web di una pubblica amministrazione — o quando ne leggiamo un documento — è la percezione di trovarci su un pianeta alieno.
È come se avessimo davanti agli occhi le parole di una civiltà lontana, come se dovessimo diventare per un attimo archeologi e interpreti di significati nascosti. Come se quei testi parlassero un’altra lingua, a noi oscura.
Eppure le parole sono meccanismi che funzionano quando vengono condivise, prendono senso se riescono a mettere in comunicazione le persone.
Proprio quello che riesce ai testi della BCE, che parla con le persone senza per questo rinunciare ad autorevolezza e precisione.
Lo fa scrivendo in maniera chiara, senza spaventarsi di abbassare il livello della conversazione, con parole terra terra e un tono di voce colloquiale.
Si può parlare in modo semplice, l’importante è avere sempre in testa l’obiettivo del messaggio da comunicare.
Il tono diretto non è solo questione di numero grammaticale (il tu, il noi) ma è anche fatto della stessa struttura di una qualsiasi comunicazione orale: infatti, espone un concetto, lo spiega, usa un’espressione come “in pratica” e nel paragrafo successivo ribadisce il concetto e offre un altro dettaglio.
Quello che fa è aprire un dialogo, come se noi che leggiamo fossimo presenti fisicamente.
E tutto questo senza usare tecnicismi, mantenendosi vicino a chi legge, parlando di argomenti spigolosi come quelli finanziari con parole chiare, termini concreti (tipo pagamenti e bonifici).
Ti viene proprio voglia di conoscerla meglio la Banca Centrale Europea, di restare a parlarci come con una persona con cui senti subito il feeling. Ed è proprio quello che manca a moltissime pubbliche amministrazioni:
La capacità di entrare in sintonia con le persone.
La stessa dimostrata anche dal Sistema sanitario nazionale inglese, che non ha paura di usare parole “basse” come scoreggia invece di flatulenza oppure pipì invece di urina. L’ho raccontato nella Linguetta n. 30 👇👇👇
Parole elementari
La semplicità e la chiarezza nel passare informazioni, anche difficili, possiedono la stessa cura che abbiamo quando parliamo con bambini e bambine: cioè cercare di usare un linguaggio che gli vada incontro.
E a tuttə può capitare — anche più volte e in svariate occasioni — di non capire certi discorsi, di trovarsi di fronte a discorsi difficili da afferrare. Allora trovare le parole giuste per farcelo capire, quel concetto difficile, è un dovere per chi parla/scrive.
Si tratta di spiegare le cose in maniera elementare.
La parola elementare racchiude un nucleo prezioso, perché elemento deriva dal greco stoichéion, che indica la componente prima, minima, quella che serve per assemblare tutto il resto, la condizione irrinunciabile per l’esistenza.
Ecco perché preferisco chiamare la scuola “elementare” e non con la dizione ufficiale “scuola primaria”, perché — come dice il filosofo Nicola Zippel — è un infelice calco dell’anglosassone primary:
Infelice, perché nella nuova definizione, si perde il riferimento alla elementarità di questo tratto del percorso […]
Non accorgersi di questo scambio ha quale conseguenza il considerare la fase elementare, sia della filosofia sia della scuola, come preparatoria, e non come fondante, delle fasi successive.
Diventare bambinə davanti a discorsi con cui non abbiamo tanta confidenza non è mica una vergogna, e non lo è neppure riuscire a parlare in modo elementare come riesce a fare la BCE nei suoi testi esplicativi.
Lo dicevo nella Linguetta sulle cose che ci spaventano che le parole più belle, quelle che si fanno capire immediatamente sono proprio fatte così, sono parole semplici, elementari.
Ne sono un esempio anche espressioni come “dietro le quinte” o “venti di burrasca” (usate sempre dalla BCE), che siamo portati a non aspettarci in un testo istituzionale, e che invece denotano la capacità di restituire concetti astratti in modo icastico — concedetemi questa parola “difficile”, che però sa rappresentare la realtà con un’immagine immediatamente percepibile; e poi la usava pure Italo Calvino nel testo sull’esattezza che sta dentro le sue Lezioni americane.
Architetture trasparenti
Tutta questa bravura nel fare vedere le cose è merito di un uso disinvolto delle parole, ma anche di una limpidezza strutturale.
Le parole sono il sistema nervoso che fa muovere tutto quanto, ma sotto c’è uno scheletro che le sostiene e ne organizza la distribuzione. Quello scheletro è fatto di paragrafi brevi, spaziature, uso preciso della formattazione (grassetti, corsivi), scelta appropriata dei font.
Tutte cose che ritroviamo anche in un altro ecosistema digitale pubblico: il portale sulla salute dell’Istituto Superiore di Sanità: ISS Salute.
Qui le informazioni sono divise per sezioni molto chiare:
E dentro ogni sezione, come per la BCE, troviamo testi che usano un linguaggio piano, che vanno dritti al punto, organizzati in blocchi di testo sintetici.
Così è tutto immediato e facile da consultare.
La brevità che diventa un modello di comprensibilità, cioè il design che si mette al servizio di chi legge.
La scorsa settimana ve l’ho consigliata per la cura della scrittura, stavolta la cito proprio come esempio di buon design: è la newsletter di Kareem Abdul-Jabbar, i cui post sono sempre formati da titolo, foto, riassunto della notizia e suo commento.
Come nel caso del giornale indipendente e senza scopo di lucro The Conversation, che riunisce il lavoro di giornalistə e accademicə per fare divulgazione al grande pubblico. O come per uno dei più autorevoli giornali del mondo: il New York Times.
Anche qui: caratteri grandi, titoli descrittivi, testi concisi, spiegazioni chiare.
L’architrave del pensiero è la forma che organizza quel pensiero. E quel pensiero è un pensiero che vuole farsi capire, perciò parla la lingua della gente.
Perché siamo tuttə gente.
Grandi istituzioni, giornali, personaggi famosi hanno afferrato la cosa, e l’hanno messa in pratica. E se loro l’hanno fatto senz’alcuna paura di sminuirsi o di “parlare in modo povero”, perché non dovrebbero farlo anche tutte le piccole e medie amministrazioni.
Basta trovare la sintonia, come rende evidente la pubblicità di Serenis, fatta di sole parole.
Le parole risuonano dentro di noi quando si parla la stessa lingua.
La pubblicità colpisce, perché è scritta a mano, anche con cancellature che segnalano ripensamenti. Sono frasi scritte da una persona chiunque, e il messaggio ci ispira fiducia, sentiamo che possiamo fidarci.
Chi l’ha scritto sapeva che stava parlando ad altre persone.
📚 Elementi essenziali
Visto che ho citato Nicola Zippel, allora vado con il consiglio del suo libro C’era una volta la filosofia…, che è un piccolo compendio sul valore del pensiero filosofico che si mette in gioco parlando con bambini e bambine, svestito del suo apparato terminologico specialistico, troppo spesso autoreferenziale.
Secondo consiglio è un testo di Luisa Carrada, che ha mosso la Linguetta di questa settimana. Ed è un libro da tenere nella cassetta degli attrezzi di chiunque abbia a che fare con la scrittura: s’intitola Scrivere, che bello! Tappa per tappa, il viaggio dall’idea al testo.
🎥 Fondamenti della modernità
Dopo la regina Elisabetta II, se n’è andato anche Jean-Luc Godard. E siccome il suo capolavoro l’ho visto proprio di recente, ça va sans dire che ve lo consiglio: Fino all’ultimo respiro (1960). Ritmo incalzante, freddo distacco, giovani eroi narcisisti ossessionati da sé stessi, che rifiutano l’autorità e ignorano il resto della società. Bellissimo, al di là del famoso montaggio “jump-cut” che ha rivoluzionato il modo di fare cinema.
E non ci sarebbe stato Fino all’ultimo respiro senza il capolavoro del 1929 di Dziga Vertov L’uomo con la macchina da presa, che racconta la giornata di un cineoperatore che riprende per lo più scene di vita quotidiana in giro per Mosca, ma che è soprattutto un capolavoro di arditezza ritmica. Nell’oretta di visione si prova quello stato d’immersione che fa emergere il piacere assoluto delle associazioni mentali. Lo trovate su Mubi.
👌 Cose da Post
Se c’è un giornale che organizza le informazioni come pochi e riesce a fare capire le cose, quello è Il Post. Allora vado con due consigli “Postali”.
Il primo è lo specchietto di candidati e candidate per le elezioni politiche, creato per andare incontro alle persone, facilitando la comprensione e accorciando i tempi per la ricerca. Dentro ci trovare una casella di ricerca nella quale inserire il nome del vostro comune di residenza, che poi attiverà una maschera con i numeri del vostro collegio uninominale e plurinominale (sia per la Camera sia per il Senato) e relativi nominativi in lista. Lavorone.
Il secondo invece è un audio-consiglio: si tratta del podcast Le basi a cura di Isabel Gancitano e prodotto dal Post. Cinque puntate, ciascuna delle quali incentrata su una delle emozioni base: disgusto, rabbia, tristezza, paura, gioia. Ogni nuova puntata esce il lunedì, di seguito la prima sul disgusto:
Anche per oggi è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
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