Cancellature
Linguetta #160 / Cose e persone perdute aprono buchi, ci portano via pezzi. Parole e gesti, pur senza colmarli, possono tentare di riparare mettendosi in attento ascolto.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Tre settimane fa, avevo raccontato del mio telefono rotto nella puntata Backup, riflettendo attorno a quella parola, con cui salviamo e possiamo essere salvatǝ.
Soltanto che a volte, siamo solo cancellatǝ.
Perché se delle cose non le abbiamo sincronizzate, le abbiamo irrimediabilmente perdute.
Mi è capitato con delle note testuali che avevo preso e con degli audio a cui tenevo molto: per quanto ci abbia provato, per quanto abbia chiesto a chi ripara gli smartphone, sembra proprio non ci sia modo di ritrovare quegli appunti.
Dobbiamo fare i conti con quello che perdiamo.
Essere diminuitǝ
Un giorno di due anni fa mi arrivò una mail dall’editore del mio primo libro, Il giro d’Italia in 80 isole: mi comunicava laconicamente che il libro era stato messo fuori catalogo.
Ecco, quel messaggio mi tolse qualcosa, e per i mesi successivi mi sentii come se mi avessero strappato via un pezzo.
Le parole non sono mai solo parole.
Le parole sono vive come le persone, quelle che le pronunciano e quelle che le ricevono. Producono sempre effetti, che possono avere diversi gradi di incidenza, a seconda di come quelle parole vengono dette.
Poi, ci ho fatto i conti con quella ferita, anche perché ho incontrato chi ha dato luminosa casa a un’altra parte di me stesso, che è diventata L’arcipelago delle isoleombra.
Ma le cose che ci succedono aprono continuamente crepe dentro di noi, soprattutto quando ci sembra che non possiamo trovare alcuna parola per aggiustarle.
Ci ho pensato vedendo la prima puntata della seconda stagione di Arcane, quando Vi parla con Caitlyn, che ha appena perso la madre:
Caitlyn: Lei muore, e lascia un vuoto enorme, e io ora devo riempirlo. È come se lei non ci fosse mai stata.
Vi: Ehi. Non lo riempirai. Il vuoto si ridurrà, ma non lo riempirai mai.
E nel farlo, Vi accarezza Caitlyn, che le prende la mano e se la stringe ancora di più alla guancia. E forse, già lì, quel vuoto inizia a ridursi.

Il nostro linguaggio è fatto di gesti, che spesso riescono a fare più delle parole.
Anche se non riusciranno a ricostruire mai del tutto ciò che è stato cancellato da un’azione o da una parola.
Perdere pezzi
Qualche tempo fa un’amica mi raccontò di un episodio avvenuto con la figlia di una sua amica, a cui aveva cancellato con la gomma un piccolo errore: la bambina ci era rimasta male, per quella cancellatura.
Cancellare può essere come levare un pezzetto d’identità.
Quella bambina voleva che l’errore fatto rimanesse, perché cancellarlo sarebbe stato come dire che quel segno non era mai esistito.
Che insomma l’avrebbe erosa, in un certo senso, come se si fosse cancellata la memoria di una sua traccia.
Un po’ la stessa cosa che è accaduta a me con le chat, le note e gli audio perduti, che sono diventati pezzi di memoria andata in frantumi.
Perdere pezzi di sé è come sentirsi derubatǝ.
Ricordo vividamente quando, molti anni fa, vidi comparire per la prima volta online l’icona con la mia faccia e il mio nome, dopo tanto tempo passato nei forum online solo con nickname e avatar. Ecco, allora mi sentii privato di qualcosa.
Come capitò ad alcune popolazioni della profonda Amazzonia, sentitesi derubate quando ricercatorǝ occidentali arrivarono lì e gli scattarono delle fotografie. Quell’immagine catturata dentro una scatola di metallo li diminuiva, li impoveriva.
Parole e gesti possono riparare, cose e persone. Serve trovare la misura giusta per farlo, cioè mettersi ad ascoltare.
P.S.
Sono stato ospite nella radiosa newsletter
P.P.S.
Lo scorso 26 ottobre sono stato a Omegna per ritirare una menzione che la giuria del premio Rodari ha dato all’Arcipelago delle isoleombra nella sezione fiabe e filastrocche. È stata una bella giornata, raccontata da
Per chi vuole, col pulsante qui sopra si possono donare 2 € per sostenere il progetto di Linguetta, che cercherà di esplorare sempre più pezzi di mondo.
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi dalla raccolta di poesie Quando non morivo di Mariangela Gualtieri.
Varcherò la fessura del nero
– involucro deposto –
sarò leggera e sola
muta e guizzante
tutta vestita solo
di un altro cielo.
📚 Buchi vitali
C’è un albo illustrato che aiuta a riparare i vuoti delle perdite con parole precise e tratti abbozzati nelle forme del collage: si tratta di Un buco, dell’autrice argentina Yael Frankel.
🎥 Sull’isola perduta
Riguardare è un po’ riparare i buchi della memoria: allora il consiglio è per la serie che ho finito di rivedere, a vent’anni di distanza: già, parlo ancora di Lost, perché valgono la sesta stagione i tanti momenti dentro le vite immaginate dai personaggi, quando la memoria si riattiva e colma i vuoti dei loro passati. La trovate su Netflix.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Troviamo parole e gesti per riparare i viventi, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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Che bel numero, Andrea. Mi ha fatto pensare molto alle parole che perdo, a quante ne ho perse negli anni - sia nei momenti oscuri in cui la realtà mi ha imposto il silenzio, sia in tutti quegli altri, più quotidiani e per fortuna più numerosi degli altri, in cui ho dovuto limare, sintetizzare, tagliare perché la tecnologia o unə cliente lo ha richiesto: croce e delizia per chi vive di scrittura!
Andrea, un paio di settimane abbiamo ospitato una coppia di amici giapponesi. Ci hanno regalato un servizio da tè turchese, stupendo. Lo coccolo con gli occhi ogni giorno e lo uso con estrema cura perché temo sempre un po' che si rompa. Però i nostri amici ci hanno detto di non temere, perché in Giappone esiste l'antica arte del "kintsugi", dove si ripara con metallo prezioso la ceramica rotta. In questo modo l'oggetto, con la traccia delle sue crepe, acquista maggior valore. Quindi sì, parole e gesti come oro, non solo per riparare ma anche per valorizzare le cancellature.
P.S. Nel frattempo mi si è rotta una tazzina da caffè alla quale tengo molto! In altri tempi l'avrei buttata, ma pensando al "kintsugi", l'ho riparata ;-)