Backup
Linguetta #158 / Dietro alle cose fisiche, alle persone e alle parole c'è una parte di sostegno, salvataggio e invisibile lavoro che dà chiarezza e valore a quel che facciamo.

Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Mi si è rotto il telefono. Dopo sette anni. Lo sapevo che sarebbe capitato, prima o poi; eppure quel lasso di tempo in cui ho provato in vari modi a farlo ripartire è diventato un utile momento di interruzione.
Un punto di discontinuità proprio prima che uscissi per una corsa sui sentieri: stavolta senza app che contasse i chilometri, senza musica nelle cuffiette, scollegato e irraggiungibile per un paio d’ore, e senza notifiche al mio ritorno a casa.
Tutto (o quasi) stava nel backup.
C’è un piccolo universo dentro questa parola inglese che è entrata anche nella lingua italiana: due preposizioni che si uniscono per definire un sostantivo.
Tradotta significa sostegno, rinforzo. E quando parliamo di informatica, il backup è quella copia di sicurezza che salva un insieme di dati, tipo i file che conserviamo dentro ai nostri smartphone.
Il backup è una specie di piccolo aiutante che mette al sicuro la nostra memoria digitale.
Montaggi
La lingua inglese mi ricorda spesso l’assemblaggio coi pezzi Lego: prendi due mattoncini, ne stacchi uno, lo attacchi a un altro e hai ottenuto una nuova combinazione.
Un processo che sfrutta la proprietà combinatoria della lingua con grande efficienza e riesce a dire con gli stessi blocchi cose molteplici e differenti: in questo senso è un inno alla creatività, la lingua inglese.
C’è un back (indietro) che si combina con up (su) per rendere visibile la proprietà materica di chi spinge ed eleva, cioè sostiene.
La lingua è fatta di figure, di cose che la rendono chiara.
La chiarezza delle parole ha bisogno di corpi, e il backup inteso come salvataggio dice anche della nostra memoria ficcata dentro archivi digitali, che solo in apparenza sono inconsistenti.
In realtà, ogni piccola porzione di file che salviamo finisce in un archivio fatto di cavi, viti, acciaio, ventole refrigeranti, microchip, circuiti che occupano un volume preciso sulla superficie della Terra.
Ogni volta che salviamo (un file), occupiamo un pezzo di pianeta.
È un bell’esercizio che possiamo costringerci a fare ogni tanto, quello di pensare al peso espanso delle nostre identità digitali, cioè alle nostre vite onlife – come le definisce il professor Luciano Floridi.
Un po’ come mi capitò quella volta (credo una quindicina di anni fa) quando stavo mettendo a posto dei vestiti nell’armadio e pensai: “Ok, adesso schiaccio la freccia in alto a sinistra e torno indietro, annullo l’azione”.
In quel momento ho capito che siamo fatti di atomi e bit, come la lingua.
Dietro le quinte
Il backup è anche un backend (o back end), cioè la parte non visibile di un’architettura, come la parte di un sistema operativo normalmente non accessibile a chi lo usa.
Un’altra parola inglese che può capitarci di sentire, soprattutto se abbiamo a che fare con la progettazione di siti web: il back end è la cucina, il laboratorio, il dietro le quinte di un palcoscenico.
Un po’ come il retro di un maglione, dove si nascondono gli intrichi di fili che rendono perfetto il lavoro antistante di ordito e trama.
Nel retro c’è l’impegno invisibile, che dà valore al lavoro visibile.
Quello che per i lavori fatti con le parole viene spesso dimenticato: si tratta della fase di ricerca, studio, progettazione e di quel tempo lungo che ha l’enorme forma della parte sommersa di un iceberg.
Ecco perché il backend è backup, entrambi cose che non si vedono ma rendono possibili le azioni che ci rendono umani: fare e ricordare.
Senza quella parte retrostante di supporto, nessuna comunicazione linguistica riuscirebbe: serve trovare e scegliere le parole giuste per le persone e il contesto in cui quelle parole devono agire.
Le parole sono come funghi: hanno una forma estesa e invisibile, di cui dobbiamo ricordarci.
P.S.
Domenica 27 ottobre Linguetta vi arriverà con una puntata speciale, che segnerà l’inizio di un progetto lungo un anno, insieme a una casa editrice. Alla puntata zero seguiranno puntate ogni due venerdì, a partire dall’8 novembre: saranno puntate brevi e spero potranno piacervi.
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi di Roger McGough tratti dalla raccolta di poesie La resa dei conti.
All’haiku
Posso contare
le tue sillabe ma non
so la tua lingua.
📚 Esseri di lacrime
C’è una leggerezza che scava in profondità nei libri a figure di Noemi Vola, di cui vi consiglio Se piangi come una fontana, che di recente ho portato a un mio nipote: sentirglielo leggere ad alta voce e sentirlo ridere a ogni pagina è stata una gioia contagiosa.
🎥 Vite alternative
Se negli archivi digitali conserviamo anche parte delle nostre memorie, il protagonista del film che mi è venuto in mente possiede un archivio di ricordi sconfinato, ha 118 anni, è l’ultimo mortale fra immortali, è interpretato da Jared Leto, si chiama Nemo Nobody e dà nome al titolo del film, cioè Mr. Nobody di Jaco Van Dormael. Sta su Apple TV.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Proviamo a vedere il lavoro di backup e backend di persone e parole, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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Un po' come the dark side di quella Luna senza la quale anche la Terra sarebbe orfana.
...oppure back stage ... anche questa composizione mi piace molto, e quanto, quanto lavoro c'è sempre dietro le quinte - lavoro materiale, psicologo
molto bello, grazie