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Linguetta #140 / L'uso improprio dell'articolo determinativo davanti ai cognomi delle donne è segnale di una disparità di genere che ancora usa il maschile come norma.
![Sfondo azzurro con una lente d'ingrandimento in primo piano che spunta dall'angolo a sinistra in basso, disposta in obliquo. Sfondo azzurro con una lente d'ingrandimento in primo piano che spunta dall'angolo a sinistra in basso, disposta in obliquo.](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2Fcd3a0d63-3c1a-4842-8b8b-b02c87593a3a_1920x1280.jpeg)
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Pochi giorni fa sono finiti gli Europei di atletica e sono cominciati quelli di nuoto, e come ogni volta che c’è un torneo per nazioni, io mi rimetto in modalità tifoso, perché esultare per un gesto sportivo è impagabile – per la cronaca mi sono esaltato tantissimo per il 74,18 metri con cui Sara Fantini ha vinto l’oro nel lancio del martello femminile.
In queste occasioni le cronache (in tv, online, sui giornali) si affollano di cognomi da dire, ridire, segnalare, ripetere; ma ahimè, ancora rimaniamo ancoratə alle differenze tra maschi e femmine.
È una cosa di cui avevo già parlato: addirittura nella Linguetta #1, e poi nella Linguetta #70. Le posto entrambe qui sotto.
La differenza tra cognomi di uomini e cognomi di donne sta in un articolo.
Mi riferisco all’articolo determinativo – o alla relativa preposizione articolata – che spunta davanti al cognome di una donna ma non davanti al cognome di un uomo.
Può sembrare un dettaglio, ma sono i dettagli e le sfumature che riescono a descrivere meglio cose e persone, a dirci che la lingua costruisce la percezione che abbiamo del mondo e di chi lo abita.
Questione di equità
Parlare di un piccolo pezzo grammaticale come l’articolo è necessario, perché è segno di un pensiero patriarcale nel quale siamo ancora immersə, spesso senza rendercene conto.
Sono tornato a parlarne dentro Linguetta dopo avere ascoltato la telecronache degli Europei di nuoto cominciati pochi giorni fa a Belgrado, che mi hanno poi fatto scrivere un post su Threads. Questo.
Prendendo ad esempio la vittoria nelle rispettive gare europee della 25 km in acque libere, è capitato di sentire:
Grande impresa di Verani (Davide, nella gara maschile).
Strepitosa la Pozzobon (Barbara, nella gara femminile).
Questo difetto linguistico nell’aggiungere l’articolo davanti ai cognomi di donne – in ogni contesto, non solo sportivo – fa ricadere nella disparità di genere del patriarcato, perché si permette di trattare le donne in maniera più informale, con più confidenza.
L’articolo riflette un atteggiamento del maschile come norma.
Si tratta di un uso che marca una differenza, mentre i cognomi sono cognomi. E le persone sono persone.
Dire bene
Nel mio post su Threads ho cercato di rispondere puntualmente a diverse controbattute (purtroppo 7-8 anche violente); ne riprendo alcune perché siano eventuali spunti per chi si trovasse a parlarne di persona. In grassetto e più in grande le domande/reazioni della gente al mio post.
Ma perché, se i telecronisti usano l’articolo per le atlete che succede? Sono decenni che soprattutto al nord Italia si usa, è sempre stata una cosa normalissima? Adesso di botto diventa sbagliata? E chi lo dice?
Quello del nord Italia è un uso gergale e colloquiale, che infatti si applica sia a uomini sia a donne con cui abbiamo una confidenza.
La lingua è un processo, cambia sempre, ed è la comunità dei parlanti che la modifica.
L’articolo determinativo o la preposizione articolata davanti ai cognomi femminili creano uno scompenso di genere.
Non ci sogneremmo mai di dire “impresa del Paltrinieri”, che infatti è Paltrinieri; stessa cosa per “impresa della Quadarella”, che è Quadarella.
Ho provato a mettere l’articolo determinativo o la preposizione articolata davanti al cognome di un uomo, ma stona da morire. Vale solo per rare eccezioni mediatiche e poco altro.
Ecco, è quello che hanno sempre provato e provano le donne: sentirsi stonate rispetto a una norma declinata al maschile.
Ma la norma deve essere equa per chiunque, al di là del genere in cui ci si riconosce.
Comunque l’articolo determinativo è usato anche con uomini di alta fama, in particolare in campo letterario, ad esempio “il Manzoni”.
Per i nomi di persone illustri lontane nel tempo si può usare l’articolo (tipo “il Manzoni”), con l’intenzione di dargli più importanza in un campo preciso.
Qui la questione ha poco di sessista, anzi credo che la motivazione sia solo una cacofonia per il modo in cui siamo abituati a usare la lingua.
La cacofonia è solitamente la causa addotta per fenomeni linguistici riguardanti persone che prima erano escluse dal racconto.
Basta nominarle correttamente e col tempo anche quello che “suonava strano” non lo è più. Succede continuamente con un sacco di parole che entrano a far parte della lingua.
L’articolo davanti ai cognomi di donne permette di specificare il genere del soggetto di cui si parla:
impresa di X = atleta di genere maschile
impresa della X = atleta di genere femminileSecondo me arricchisce la lingua. Permette di esprimere più concetti in una sola frase e di essere più chiari.
Il punto è che non serve proprio marcare un genere, serve esprimere un’equità di genere.
Già pensare che la norma senza articolo vale per il maschile è sintomo di un pensiero sessista, anche inconsapevolmente assorbito per il fatto di essere dentro un sistema patriarcale.
Non capisco come l’articolo possa creare sessismo (anche se il suo uso sarebbe grammaticalmente da evitare), e mi pare molto una moda del momento nata con gli europei di nuoto.
Purtroppo non è “una moda degli Europei di nuoto” ma una cosa che si ripete in molte telecronache sportive da tempo, proprio per la fatica (pure inconscia e inconsapevole) nel mettere sullo stesso piano linguistico e di realtà le persone, al di là del loro genere di appartenenza.
Dov’è il problema nello specificare il genere di un atleta durante una telecronaca? Non riesco a vedere il sessismo.
La comunità dei parlanti potrebbe anche specificare il genere con articoli determinativi e preposizioni articolate in entrambi i generi e dire sempre “lo Scozzoli”, “la Pilato”, “il Daley”, “la Ledecky” e via discorrendo.
Ma se lo specifichi soltanto per uno dei due generi, si crea una disparità.
Quando si sottolinea il genere sbagliano perché non devono sottolinearlo, quando non lo sottolineano sbagliano perché devono sottolinearlo: l’importante è dare fastidio e fare virtue signaling.
Un esercizio d’immaginazione aiuta forse più di tutto a capire la cosa. Proviamo a immaginare di vivere in una realtà in cui le atlete (per stare nell’esempio sportivo) sono da sempre nominate senza articolo davanti al cognome: es. grande prova di Quadarella; ed ecco che Ledecky batte il record di Pellegrini.
Mentre per i cognomi degli atleti ci sono sempre articoli e preposizioni articolate: es. il Paltrinieri supera il Romanchuk; che prova, il Marchand ha battuto il record del Phelps!
E sentiamo l’effetto che fa. Ripetutamente, nel tempo.
Non usare l’articolo davanti ai cognomi è l’applicazione di una pratica all’interno di un sistema linguistico mobile, che però per troppo tempo ha usato il maschile come unico parametro di riferimento per informare il mondo.
Serve mettersi nei panni delle altre persone, e liberarsi di un approccio maschilista, per vedere nel modo giusto le cose.
Soprattutto, serve parlarne.
Accogliere domande e dubbi, anche fuori dalla propria bolla. E continuare a parlarne.
P.S.
Ormai mi sto trasformando in un chirottero, con l’ennesimo arrivo notturno per Linguetta, che stavolta è un po’ più lunghetta del solito e che dà il benvenuto alle 47 nuove persone iscritte rispetto alla settimana scorsa (tante arrivate grazie alla newsletter
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi di Patrizia Cavalli, tratti dalla raccolta Poesie (1974-1992).
Ma per favore con leggerezza
raccontami ogni cosa
anche la tua tristezza.
📚 Cercarsi
Vi consiglio un graphic novel di rara intensità, pensato per ragazze e ragazzi ma utile a chiunque voglia capire che cosa significa essere sé stessə. S’intitola Polly, scritto da Fabrice Melquiot e disegnato da Isabelle Pralong (traduzione di Marta Capesciotti e Sarah Di Nella).
Polly è lə protagonista della storia, cioè una persona intersex, “natə con unə pisellinə”. Tanti brevi capitoli introdotti da titoli che ogni volta descrivono una condizione temporanea vissuta da Polly nel crescere; soprattutto nel doversi confrontare con un atto violento scelto da altre persone sul suo corpo e sulla sua identità, dentro “un mondo che decide, definisce, determina, mette in ordine, organizza, classifica”.
🎥 Creature prismatiche
Ho finito la trance agonistica dentro la seconda stagione di Prisma, e il consiglio è di vederla con grande slancio verso questo gruppo di 17-18enni che abitano a Latina e cercano di trovare il proprio modo di stare al mondo. Otto puntate in cui le diversità tra i gemelli Andrea e Marco si fanno ancora più evidenti, all’interno di una serie che non ha buoni e cattivi ma in cui ciascunə deve vedersela con i propri lati positivi e negativi per riuscire a capirsi davvero. Sta su Prime Video.
🎧 Lucidare le parole
Da poco è cominciata la seconda stagione di
, una newsletter in forma di podcast a cura di Elena Rebaudengo e Valentina Ziliani. Una delle cose che ascolto con più gioia, e che stavolta mi ha emozionato coi tanti esempi di parole ed espressioni svuotate di significato. L’ospite dell’episodio è la verbal designer Chiara Gandolfi , che qui su Substack tiene una newsletter che leggo sempre con grande trasporto, . Buon ascolto e buona lettura!📮 Messaggi speciali
Vi segnalo una cosa che è successa qualche settimana fa, quando alcune parole di Linguetta hanno preso una bellissima e imprevedibile via: si sono fissate su 29 biglietti arrivati nelle mani di studenti e studentesse come lato nascosto di 29 consigli di lettura.
A scriverli
, lettrice di Linguetta, formatrice e insegnante in un istituto superiore. Se volete leggerlo, ecco qui il post Linkedin in cui racconta questo gesto. Grazie!Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Abbiamo cura delle parole, anche brevi come articoli determinativi, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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Grazie Andrea. Ricordo che della questione si occupò anche ampiamente Michela Murgia in "Stai zitta" (pp. 25-29). Un giorno, quando a un presentatore televisivo che continuava a chiamarla "la Murgia" fece notare che la Murgia è un altopiano della Puglia quello si offese e cominciò a chiamarla "signora". Non ce la poteva proprio fare...
Grazie Andrea per questa Linguetta ♥️
Ogni volta che intercetto questo dibattito linguistico penso a Michela Murgia e alla sua risposta quando veniva chiamata “la Murgia”: la Murgia è un altopiano pugliese, a me non serve l’articolo.