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Grazie Andrea. Ricordo che della questione si occupò anche ampiamente Michela Murgia in "Stai zitta" (pp. 25-29). Un giorno, quando a un presentatore televisivo che continuava a chiamarla "la Murgia" fece notare che la Murgia è un altopiano della Puglia quello si offese e cominciò a chiamarla "signora". Non ce la poteva proprio fare...

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Sì, ricordo bene. Pensa che "Stai zitta" è uno dei primi libri con cui ho iniziato a capire meglio il sistema patriarcale che ci innerva e che si manifesta prima di tutto nel linguaggio.

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Grazie Andrea per questa Linguetta ♥️

Ogni volta che intercetto questo dibattito linguistico penso a Michela Murgia e alla sua risposta quando veniva chiamata “la Murgia”: la Murgia è un altopiano pugliese, a me non serve l’articolo.

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Ecco, hai fatto una sintesi perfetta con le parole di Michela Murgia 💛.

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Jun 17Liked by Andrea M. Alesci

Caro Andrea, anche io ti leggo con grande trasporto e sono felice che la puntata di Puntino ti sia piaciuta: ci sarebbe così tanto da dire su queste parole vuote! Grazie per questa riflessione sull'articolo determinativo: mi ha fatto bene per ricordarmi che anche nei piccolissimi atti linguistici possiamo fare scelte che cambiano la percezione delle persone.

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Vero, ci sarebbero camion di esempi e riflessioni da fare sulle parole vuote; grazie per quelli che hai raccontato e che ogni volta mortificano la lingua.

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Jun 17Liked by Andrea M. Alesci

Concordo, uso piuttosto fastidioso da sentire.

Posso allargare anche ad una questione non di genere?

La settimana prossima VS Settimana prossima.

Io quando sento o ancora peggio legga la seconda versione provo un fastidio epidermico.

Poi capisco che per uso comune specie in area nord/Milano, sia molto diffusa, ma non è corretto.

Non lo dico io eh... https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/omissione-dellarticolo-determinativo-nella-locuzione-temporale-settimana-prossimascorsa/161

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Certo, quando i discorsi si allargano è sempre un bene. Concordo con te: "settimana prossima" si sente anche a Brescia, forse più come una distorsione dialettale.

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Jun 17Liked by Andrea M. Alesci

Adoro i dialetti, ma poi dipende dal contesto.

Specie se devi scrivere un messaggio o un post professionale, ad esempio su linkedin, cercherei di evitarlo.

Ma lo vedo comparire spesso.

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Jun 17Liked by Andrea M. Alesci

Sopravanzo una ipotesi storica, che non ha nulla a che fare con il patriarcato: siccome il Corriere della Sera è il principale quotidiano nazionale, ed è nato a Milano, non è che niente niente abbia "dettato" la norma riferendosi alla lingua locale in cui è nato? È stata fatta una ricerca storica per vedere se per caso è stato l'articolo maschile che si è perso nel tempo? Ed il femminile è rimasto solo per via di una minore cacofonia, in quanto non c'è l'accostamento di due consonanti?

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Non saprei dare una risposta a questa ipotesi storica, dovrei fare una ricerca; anche se averne mutuato l'uso da modi dialettali/gergali non credo abbia separato i destini di maschile e femminile. Proverà a vedere cosa trovo a riguardo.

Di certo, adesso quell'aggettivo riservato ai cognomi di donna è un segno di disparità da appianare.

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Mi inserisco, anche non avendo preparazione né in linguistica né in evoluzione dei regionalismi, ma se l'articolo femminile davanti ai nomi fosse rimasto in uso per minore cacofonia, perché l'articolo maschile non è caduto in disuso anche per tutte le altre parole che vedono l'accostamento di due consonanti? Il pendolo, il varano, il guazzabuglio, sarebbero fastidiosi esattamente come il Paltrinieri, il Verani, il Guastaferri (inventato da me che seguo pochissimo lo sport, ma magari esiste)...quindi come mai quell'articolo maschile davanti ai nomi di COSE non è caduto?

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Io ho un po' perso le speranze su questo aspetto del dibattito linguistico, ho smesso di riprendere la questione e ribattere a chi -ormai so- non cambierà idea. Quello che faccio, però, è usarlo io come credo sia giusto. Confido così di contribuire al cambiamento, cominciando da me

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Giusto, sono convinto anch'io che l'uso e l'esempio siano gli strumenti più efficaci.

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Puntata molto interessante, grazie! Non capisco quelle persone che hanno scritto i 7-8 commenti violenti, sinceramente. L'articolo determinativo davanti ai cognomi delle donne è veramente brutto, se ci pensiamo gli articoli si usano per cose e animali!

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Grazie Rocío, anche a me dà sempre molto fastidio sentirlo o leggerlo quell'articolo davanti ai cognomi di donne.

Sui commenti insensati su Threads ho provato a rispondere puntualmente, ma alla fine con qualcuno ho lasciato perdere perché non c'era proprio margine per una discussione. Peccato, ma credo che sia proprio l'ambiente social che sfavorisce il dialogo pacato; cosa che invece si riesce a fare nell'ambiente protetto qui su Substack.

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Se ti riferisci ai commenti pubblicati nella newsletter io non ci vedo niente di violento, mi sembrano domande legittime.

Se poi ai nostri occhi diventa violento o insensato tutto quello che non è in linea con il nostro pensiero allora siamo di fronte a un problema.

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No, mi riferisco ad alcuni commenti ricevuti nel post su Threads, da cui ho preso spunto per scrivere la puntata della newsletter.

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Jun 17Liked by Andrea M. Alesci

Ranma 😍

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Ho letto con interesse questa newsletter aspettandomi una spiegazione del perché l'articolo di fronte a un cognome femminile sarebbe indice di disparità.

Non l'ho trovata. Tutte le risposte ai commenti sono: c'è disparità tra i generi, quindi è discriminazione nei confronti del genere femminile. Come assioma ripetuto che non ha bisogno di essere dimostrato.

Cosa stabilisce che l'uso dell'articolo discrimini un genere piuttosto che un altro? Perché non poter vedere, ad esempio, l'uso dell'articolo come rafforzativo del genere che rappresenta, dandogli più valore? In questo caso a subire la discriminazione sarebbe il genere maschile, che dell'articolo non gode. Sembra un'ipotesi campata in aria? O forse ha la stessa dignità della sua controtesi?

Se poi viene fatto notare che in realtà non si tratta di una regola linguistica esclusiva ma si applica anche ad autori maschi del passato, non si può arbitrariamente creare la regola che nel loro caso l'articolo non sia discriminante ma dia valore, altrimenti siamo di fronte a un doppio standard.

O accettiamo che la lingua evolve senza un'agenda politica, ma fa un po' quello che le pare, oppure guardiamo le cose con occhio oggettivo, senza conferirle intenti di significato che non sono dei parlanti. Perché non credo proprio che nessuna delle persone che utilizzi un'espressione del tipo 'la Cristoforetti è una delle donne più straordinarie che siano mai esistite' lo faccia con intento discriminatorio, altrimenti saremmo di fronte a un ossimoro di contenuto.

Oppure la prendiamo un po' più sul ridere come in Benvenuti al Nord, dove un intelligente scambio di battute mostra che l'uso dell'articolo si usa per entrambi i generi e segue regole sintattiche ben precise, che niente hanno a che vedere con la discriminazione:

https://youtu.be/txbreGIAd8Y?si=oKnayMppdytyFU_f

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Jun 23·edited Jun 23Author

Grazie per l'interesse, Giuseppe. La regola linguistica (che è strutturata dalla comunità dei parlanti) dispone di non mettere l'articolo davanti ai cognomi; e ho fatto tanti esempi di come viene sistematicamente omesso l'articolo per cognomi di uomini ma viene quasi sempre usato per quelli di donne.

In questo caso, come per la formazione dei femminili professionali, è il sistema patriarcale che ne ha oscurato/ostacolato il diffondersi (anche inconsapevolmente): l'uso dell'articolo è sintomo di confidenza che ci si prende - e il divertente esempio che linki alla fine lo dimostra -, una confidenza che però nel riportare cognomi di uomini non esiste, mentre per le donne ci sentiamo di prenderci. Creando quella disparità di genere di cui parlo, proprio per un uso legato esclusivamente all’esigenza di rimarcare l'appartenenza di genere.

Invito sempre gli uomini a fare un esercizio d'immaginazione, cioè immaginare d'essere in un modo che sia stato informato per millenni dal femminile invece che dal maschile, e di provare a sentire che cosa si proverebbe nel sentire che le donne non hanno articolo davanti al cognome, mentre gli uomini ce l'hanno sempre; un mondo immaginario in cui esistono avvocate, architette, scultrici, bariste e in cui gli uomini sono chiamate avvocate, architette, scultrici, bariste.

Per chiudere ti rimanderei al minuto 3'40" di questo breve video del linguista Giuseppe Patota

(https://www.youtube.com/watch?v=fs9rb78rdHs&t=241s) che mi sembra riesca in una sintesi chiara ed efficace.

P.S.

Non ho alcuna "agenda politica", cerco solo di capire i fenomeni linguistici che osservo. Se ti va di approfondire il discorso del genere femminile nell'italiano, ti riporto un sintetico .pdf della linguista Cecilia Robustelli, limpido e ricco di esempi (https://www.cirsde.unito.it/sites/c555/files/allegati/27-04-2016/lezione_8_-_il_genere_femminile_nellitaliano_di_oggi.pdf)

Sempre di Robustelli ti segnalo anche il suo intervento al Festival Filosofia 2023, intitolato "Lingua, linguaggio, sesso e genere" (https://www.youtube.com/watch?v=jxtqW52qyKY&t=231s).

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Facendo tale esercizio immagino che se vivessimo in un mondo in cui si usasse un articolo determinativo davanti al cognome degli uomini e lo si omettesse con quello delle donne la cosa verrebbe vista con estrema normalità e non si solleverebbe nessuna obiezione di stampo linguistico, perché riguardando gli uomini non la si vedrebbe come l'ennesima espressione del patriarcato in ogni singola venatura della nostra società ma una semplice manifestazione di un fenomeno linguistico nella sua naturalezza. D'altronde ne abbiamo già applicazione nel mondo attuale: nessuno solleva obiezioni sul fatto che, quando imprechiamo contro ignoti e utilizziamo epiteti offensivi, ci rivolgiamo sempre al maschile.

A mia volta invito a fare un'altra riflessione: se il fenomeno concernente le donne è espressione di patriarcato perché non lo vediamo manifestarsi tale e quale anche in altre lingue?

Vediamo ad esempio che in alcune varianti dello spagnolo l'articolo viene posto indifferentemente di fronte a nomi propri di uomini e donne:

https://www.rae.es/duda-linguistica/es-correcto-anadir-articulo-al-nombre-de-pila-como-en-el-luis-o-la-susana#:~:text=Los%20nombres%20de%20pila%20se,persona%20no%20se%20considera%20vulgar.

Questo vuol dire che la cultura spagnola sia immune al patriarcato? Non lo credo, ma se sosteniamo tale argomentazione per il caso della lingua italiana in maniera così drastica, dovremmo sostenere allora anche la tesi opposta. Chiaramente non lo facciamo perché la correlazione non implica la causa, ed è lo stesso principio che dovremmo adottare con l'italiano.

È interessante da questo punto di vista l'osservazione dell'Accademia della Crusca su un adeguamento dei parlanti al rispetto della norma linguistica in campo giuridico, partendo dall'uso pubblico:

"Uso dell’articolo con i cognomi di donne.

Nell’uso generale, non solo in quello giuridico, l’omissione dell’articolo determinativo di fronte al cognome si è negli ultimi anni particolarmente diffusa, non solo nel femminile, ma anche nel maschile, che lo ammetteva, nello standard, nel caso di personaggi celebri del passato (il Manzoni, il Leopardi ecc.). Oggi è considerato discriminatorio e offensivo non solo per il femminile, ma anche per il maschile. Non entriamo nelle ragioni di questa opinione, che riteniamo scarsamente fondata. Tuttavia, per quanto estemporanea e priva di motivazioni fondate, l’opinione si è diffusa nel sentimento comune, per cui il linguaggio pubblico ne deve tener conto. Osserviamo ancora che, nel caso in cui si ometta l’articolo con preposto al cognome di persone celebri, non si verificano controindicazioni, ma in altri casi si manifesta un’evidente perdita di informazione (“La presenza di Rossi in aula” si riferisce a un uomo o una donna?); quando sia utile dare maggiore chiarezza al genere della persona, sarà sufficiente aggiungerne il nome al cognome, o eventualmente la qualifica (“La presenza di Maria Rossi” o “La presenza della testimone Rossi”)."

https://accademiadellacrusca.it/Media?c=54099131-d9f9-4f94-b999-e7aa4646b317

La Crusca quindi, pur ritenendo infondate le motivazioni di discriminazione di genere, osserva che la sensibilità dei parlanti vira verso l'omissione dell'articolo per evitare tale discriminazione nei confronti di ENTRAMBI i generi. Torna quindi il discorso per cui giustificare l'uso dell'articolo con autori uomini del passato come accentuazione di importanza sia un'applicazione arbitraria di doppio standard: o ammettiamo che sia discriminatorio anche per loro; oppure ammettiamo che l'uso dell'articolo in varie circostanze si applichi a entrambi i generi. Delle due l'una, non possono coesistere.

Aggiungo inoltre che se nell'individuare un intento di discriminazione adduciamo come motivazione principale un uso corretto della norme della lingua, trovo alquanto contraddittorio che queste norme possano poi invece essere totalmente ignorate con l'utilizzo di schwa e affini.

Naturalmente i miei ragionamenti non sottintendono che chi voglia omettere l'articolo di fronte a cognomi femminili sbagli a farlo o lo faccia per le motivazioni sbagliate. Assolutamente no, è una scelta corretta e legittima, quali che siano le motivazioni. Non credo però che sia corretto affermare il contrario, ovvero che l'utilizzo dell'articolo sia espressione di patriarcato e discriminazione.

Grazie dei link, mi ci getto a capofitto, che l'argomento mi intriga sempre anche se spesso mi trova in disaccordo.

PS: permettimi di essere più chiaro. Non ho detto che tu hai un'agenda politica, ho detto che la lingua si evolve senza avere un'agenda politica.

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