Al femminile
Linguetta #70 / Non usare articoli davanti ai cognomi femminili, evitare espressioni confidenziali e altri dettagli servono a smontare la visione maschilista del mondo.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Uno dei meccanismi, anzi il meccanismo, con cui scrittrici e scrittori interrogano il mondo per immaginare storie è una domanda:
E se?
Proviamo ad applicarlo alla realtà, così:
E se dalle origini a curarsi di figli e figlie fosse stato il corpo dei maschi?
E se il mondo fosse stato plasmato e governato dalle donne?
E se gli oggetti fossero stati modellati sulla struttura femminile?
E se la lingua fosse stata informata dal pensiero femminile?
Allora, come si sentirebbero le persone che possiedono un corpo con caratteri maschili e/o che scelgono un genere maschile?
Chissà come sarebbe andata e che cosa penserebbero di strutture che non gli si conformano, siano esse toccabili come l’alzata di uno scalino oppure impercettibili come la lingua.
Alle donne accade di continuo di doverci pensare. Da sempre.
Di doversi misurare con una lingua che è innervata dal potere maschile, che — se non governata — deraglia nel maschilismo, e che sta piantata in un sistema sociale patriarcale.
Dire e se? aiuta a capovolgere il mondo, a costruire nuove prospettive e liberarci tuttə da frasi fatte e forme rugginose di pensiero.
Ci si rende conto del privilegio solo quando tutto quello che ci si abitua ad avere viene meno.
Proviamo a farlo allora, questo esercizio d’immaginazione, d’immedesimazione; ripetiamolo ogni volta che ci troviamo a misurare il mondo, e a pensare il mondo.
Il discorso è larghissimo, ma visto che l’asse portante di questa newsletter è la lingua, allora portiamo la riflessione sulla lingua. Che poi è tutto quello che abbiamo e che ci delinea.
Di articoli e confidenze
Già, l’articolo determinativo — e ogni preposizione articolata — che capita ancora troppo spesso di sentire davanti al cognome di una donna.
Può sembrare poco, un’inezia, un dettaglio. Ma sono i dettagli a fare tutta la differenza del mondo, è con i dettagli e le cose minuscole che si costruiscono scenari diversi.
Ad esempio, sul Televideo (eh sì, sono fra gli esemplari umani che ancora gli danno una letta al mattino) perché diavolo devo ancora leggere:
“Dominano Odermatt e la Schiffrin”? [uomo e donna].
Oppure perché in tv devo sentire il telecronista dire:
“Numero impressionante di Kilde” [uomo] e “Manche stupenda della Goggia” [donna].
Il difetto nell’uso dell’articolo davanti ai cognomi femminili è comune, popolare, automatico, non ci si fa caso proprio perché siamo cresciutə in un mondo al maschile.
Ci fa cascare nella disparità di genere del patriarcato, perché tratta le donne in modo più informale.
L’articolo davanti ai cognomi femminili crea uno scompenso di genere, mette la donna in posizione subalterna all’uomo.
M’è capitato anche di sentire telecronisti (sempre uomini) commentare le gare di sci alpino chiamando le atlete per nome, come fossero loro sorelle, con quel tono confidenziale che agli atleti uomini non viene riservato.
Che poi è lo stesso che avviene ogni volta che una donna viene appellata signora o signorina, e non con la qualifica del mestiere che svolge.
Parlando di alcuni frasi fatte del repertorio linguistico del maschilismo paternalista (tipo “che esagerazione”, “vuoi farmi sentire in colpa”, “potevi parlare prima”), la professoressa Daniela Brogi dice:
Queste espressioni realizzano una retorica monologica, per certi aspetti anche “colonialista”, perché crede e fa credere di possedere e imporre, con il linguaggio, una maniera unica di sistemazione e comprensibilità del mondo.
Come una musica ascoltata migliaia di volte, si infilano tra le nostre parole senza una vera partecipazione della coscienza.
Ecco, prendere coscienza del modo in cui parliamo e del modo in cui guardiamo il mondo, può aiutare a definire le cose in maniera diversa, aiuta a cambiare i connotati delle esistenze.
Le questioni degli articoli e dell’attitudine a uno sguardo attento e rispettoso della varietà sono alcune delle cose che di più tornano dentro Linguetta.
Semplicemente perché le parole sono la nostra più intima proprietà, le parole fanno. E rispecchiano quel bellissimo principio enunciato dal filosofo Ludwig Wittgenstein:
I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo.
Le parole costruiscono tutto ciò che ci circonda, delineano i contorni delle persone e le riconoscono.
Usarle nel modo più preciso possibile nei confronti delle donne serve ad abbandonare il territorio di dominio che i maschi si sono presi e che, anche inconsciamente, difendono.
P.S.
Arriva il consueto post scriptum per ufficializzare il passaggio di Linguetta al giovedì sera, ma tanto ormai s’era capito, giusto?
📚 Solida triade
Tre consigli di lettura che sono caposaldi per chiunque voglia informare il mondo con una lingua consapevole, del sistema patriarcale e della necessità di tirarlo giù:
Femminili singolari. Il femminismo è nelle parole della sociolinguista Vera Gheno, che ormai è un nume tutelare della newsletter, fin dalle prime puntate.
Lo spazio delle donne di Daniela Brogi, un libro che straconsiglio per riuscire a fare spazio e dare espressione alle diverse identità.
Invisibili di
per rendersi conto di come il mondo sia stato costruito a misura d’uomo.
🗞️ Letterine per liberarsi
Due newsletter a cui sono iscritto e che aiutano a smarcarci dal pensiero tossico di un mondo al maschile:
La prima è Cose da maschi, che fra gli obiettivi ha quello di “mappare e allargare la percezione della maschilità che le cose e gli oggetti ci restituiscono”. Fa parte dell’offerta di Domani e la scrive Alessandro Giammei, professore di Letteratura italiana all’università di Yale. Arriva ogni due settimane.
L’altra è thePeriod, creata dalla giornalista Corinna De Cesare per mettere un punto e a capo in una narrazione mediatica in cui le donne stanno sempre al margine, schiacciate dallo sguardo maschile che permea le cronache. Arriva una volta alla settimana.
📺 Dissacrare
Una serie tv che l’omino nella mia testa mi ha sussurrato mentre scrivevo, e che ho visto alcuni anni fa: Fleabag. Due stagioni. Si parla di sesso (parecchio) come davvero se ne dovrebbe parlare. Donne al centro della storia. Relazioni famigliari nella loro cruda verità. L’ideatrice e protagonista della serie è la bravissima Phoebe Waller-Bridge. Si guarda su Prime Video.
È tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
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Ho iniziato a leggere Invisibili proprio in questi giorni, grazie per averlo consigliato anche tu: è uno di quei libri da tenere sui nostri comodini.
fleabag non mi è piaciuto per la forma narrativa scelta. Il continuo rivolgersi al pubblico mi impedisce di sentirmi parte della narrazione, mi catapulta fuori dalla storia, mi allontana.