Starci dentro
Linguetta #99 / Verbi come mantenere e sostenere consentono di sostare nelle cose, nelle persone, nelle parole, e così riconoscere il valore che si prolunga nel tempo.

Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Di ritorno dalla Sicilia con fratello, cognata e due nipoti ci siamo fermatə un giorno a Marciano della Chiana (provincia di Arezzo) in un agriturismo: tanto verde, pochi appartamenti in pietra, un uliveto, piante di ogni tipo, una piccola piscina, colline tutt’attorno. Insomma, un posto che fa rima con quiete.
Poco prima di andare via, parlando con la signora che gestisce tutto insieme al marito, siamo finitə a chiacchierare degli oggetti recuperati per arredare le camere, così ci ha fatto fare un breve giro: ci ha mostrato lenzuola ricamate che erano tele contadine, così come tende che ha sfilato e messo insieme da vecchi asciugamani in lino.
E a un certo punto ha detto:
Ecco, vedete, queste cose servono a mantenere il ricordo.
È stato un attimo di sospensione, come di epifania. Una frase che racchiude gesti, persone, relazioni, azioni future.
Quel verbo lì ha a che fare con il riparare, con il continuare a conservare, pulire, fare funzionare. Come accade con le parole della lingua che usiamo. Ne parlavo poco più di un anno fa nella puntata Difficile è manutenere, che vi linko qui sotto.
Ciak, azione!
Un verbo può spalancare un mondo, perché ogni verbo di fatto ci immette nel mondo e ci consente di muoverci e fare cose in quel mondo, composto soprattutto di persone.
Un verbo è azione che possiamo modulare aggiungendo al suo tema (es. legg- per leggere) una miriade di altri elementi: tempo, aspetto, modo, persona, numero, diatesi.
I verbi sono funzioni della lingua che ci servono ogni giorno per farci funzionare.
Sono azioni che vogliamo fare, che dobbiamo fare, che siamo invitatə a fare: pulsanti dell’app che usiamo per prenotare un biglietto, caselle che ci guidano in un documento da compilare, annotazioni sul nostro telefono o sopra post-it (paga la multa, compra la frutta, porta i bambini a scuola), cartelli in una manifestazione, pubblicità che cercano di comprarci, email che ci suggeriscono di essere lette, capə che ci ricordano scadenze.
Tutto è azione dentro la lingua.
I verbi sono architetture fondanti, che tengono su i nostri piccoli variegati mondi esistenziali. E ce n’è uno che quel mantenere di Marciano ha acceso di riflesso dentro il mio cervelletto: è il verbo sostiene.
E zac, il collegamento è stato naturale: Sostiene Pereira, questo ‘verbo + nome’ che diventa quasi una cosa unica: sostienepereira, forse un hashtag prima degli hashtag. Comunque, il segno di un’azione che tiene in piedi il meraviglioso romanzo di Antonio Tabucchi.
Tabucchi ha scelto un verbo che è allo stesso tempo solido e volatile, amalgamando l’aspetto mutevole della lingua: il sostenere come base, come appoggio che consente di costruire qualcosa che regge; e il sostenere come ballo delle possibilità, soluzioni non certe fra cui scegliere.
Già, perché quello che riesce a fare Tabucchi con quell’espressione ripetuta nel corso di tutta la storia è illuminare i suoni delle parole, come parte di quell’effetto musicale che governa la sua scrittura.
Dice il bibliotecario e scrittore Fabio Stassi:
Antonio Tabucchi scrive in levare, cioè chi legge ha l’impressione di non avere più il terreno sotto i piedi, di essere sospeso.
Succede quello che diceva John Coltrane: “Mi piacerebbe che chi ascoltasse le linee dei miei assoli avesse la sensazione di mettere il piede nel vano vuoto di un ascensore”.
Pereira sostiene, cioè dubita. E nel corso del romanzo sono altre le espressioni aperte che lo contraddistinguono: pare che, chissà perché, sarà perché. Sono sintomi di quella cosa bellissima che è la letteratura: una congettura, una illazione.
Pereira sostiene, ma non è detto che in realtà sia andata così.
Sostiene Pereira è (anche) un discorso sulla verità, perché la letteratura è finzione che mette in dubbio, ci pone in allerta, ma alla fine racconta cose più vere della verità acclamata.
Ancora Fabio Stassi:
La letteratura è sempre una diceria — come insegna Gesualdo Bufalino —, è un racconto ascoltato e riconsegnato. La forma dubitativa è l’essenza del racconto stesso.

Esercizi di talento
La ripetizione ossessiva del verbo sostiene percorre tutto il romanzo di Antonio Tabucchi, e sembra un elemento che sta dalle parti del racconto orale, qualcosa che ricorda Omero, i miti, le fiabe, che soprattutto è memoria che si rinsalda nelle nostre teste.
Ed è la stessa cosa di quel mantenere i ricordi della signora di Marciano di cui parlavo all’inizio della puntata, cioè di gesti e persone che stanno rinchiuse in oggetti (come lenzuola, tende, asciugamani), oggetti che hanno richiesto a qualcunə di stare, di praticare la pazienza del dettaglio, la ripetizione di chi fa perché sa (e sa, facendo).
E così fissa il ricordo.
È una cosa che mi viene in mente ogni volta che mia mamma mi racconta chi è nato un certo giorno: per ogni giorno dell’anno c’è una persona che lei conosce e di cui ha memorizzato la data di nascita. E dietro ogni numero del calendario c’è la storia di una vita, che lei ricorda senza apparente sforzo, riuscendo a ricostruire alberi genealogici e parentele diffuse.
Ogni volta che la sento raccontarmi di qualcunə, mi dico che il suo è un talento, è qualcosa di prodigioso.
In inglese esiste l’espressione you’re a natural, che significa sei un talento naturale.
È un’espressione che mi piace molto, perché racconta della predisposizione naturale di chiunque a fare qualcosa molto bene. Il talento ce l’abbiamo dentro, può essere un sacco di cose, è unico, e va sostenuto.
E ritorniamo al romanzo di Tabucchi, perché Sostiene Pereira ci dice (anche) che la rappresentazione delle cose non è diversa dalle cose, che il mio modo di stare al mondo non è l’unico di stare al mondo. E così Sostiene Pereira è (anche) un libro sulla comprensione e l’accettazione del pensiero altrui.
Mantenere, sostenere, tenere insieme.
Sono tutte azioni che fanno parte del riconoscere, cioè conoscere cose e persone intravvedendo quello che sono state e che continuano a essere, pur mutando i propri connotati. Come accade di continuo con la lingua.
P.S.
Oggi altro salto al sabato, ma è la calura eccessiva che mi scioglie il cervello e mi fa ritardare. In ogni caso, eccoci a un’altra fine.
P.P.S.
La cosa della condivisione con riconoscimenti l’ho spiegata nella puntata di mezz’agosto. I tre doni sono questi: una bibliofilmografia su misura, una copia del libro Il giro d’Italia in 80 isole, una mia visita di persona personalmente.
L’unica cosa da fare è cliccare su Refer a friend qui sotto e mandare il link (via mail, social, messaggio) a chi volete voi per allargare la comunità di Linguetta.
🖊️ Inversi
Oggi vi linko pochi versi da un libriccino che ci sta giusto giusto nella tasca dei jeans. L’ho trovato negli scaffali di poesia alla biblioteca di Capo d’Orlando: l’ha scritto la poeta trapanese Rosa Maria Ancona e s’intitola Parlare di sé.
è che ho due case e due cuori
e due mani:
una per scrivere e l’altra
per strappare
📚 Fessure
Il primo consiglio è per un romanzo breve in cui son entrato sorridendo divertito e facendo le vasche insieme alla protagonista, dentro una piscina. Poi la storia cambia tono, ma il ritmo di “profondità superficiale” (God save the ossimori) fa sentire la cupezza in modo leggero. Il libro è Nuoto libero di Julie Otsuka.
Secondo consiglio, che ve lo dico a fare: Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi, perché se fosse ancora vivo leggerei pure la lista della spesa scritta da Tabucchi.
E visto che ho citato Fabio Stassi, vado con La rivincita di Capablanca, in cui prende spazio la figura leggendaria del campione di scacchi cubano José Raúl Capablanca. E la prima frase del romanzo è una citazione del mio scrittore prediletto Gesualdo Bufalino, che proprio prima di morire stava scrivendo un libro intitolato Shah Mat. L’ultima partita di Capablanca. Il suo esergo alla storia di Fabio Stassi è questo: “Perché gli scacchi non sono semplicemente un gioco. Sono guerra, teatro e morte. Cioè, tutt’intera, la vita”.
🎧 Sostienimi
C’è un podcast realizzato quest’anno dal Salone internazionale del libro di Torino che è dedicato proprio ad Antonio Tabucchi, e s’intitola Sostiene Tabucchi. Sei puntate in cui scrittrici e scrittori parlano del loro rapporto con Tabucchi/Pereira. Vi linko la puntata con l’intervista a Chiara Valerio.
Sostenere è una cosa fondamentale, allora ecco una delle puntate estive del podcast Il Lungo, in cui si parla sotto tanti aspetti della corsa. Qui in particolare di core stability, cioè un insieme di esercizi che aiutano proprio a sostenere: la respirazione, il bacino, gli addominali, la postura. Piccole cose che aiutano a correre meglio, ma anche a soffrire meno il mal di schiena che affligge chiunque stia sedutə per tanto tempo davanti a un computer.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Per fissare ricordi e persone sostiamo nelle parole e nelle cose, senza fretta di scappare chissà dove. In fondo ci basta metterci il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
Per lasciare un commento c’è lo spazio lì accanto, ma vi aspetto pure via mail, oppure dentro le Notes con un restack della puntata (cioè pigiando la rotellina con le due frecce accanto al simbolo dei commenti).
Se volete taggarmi su Instagram, cercatemi come andrjet.
Che bello Nuoto Libero, che bello quel cambio di ritmo e scenario così destabilizzante (la crepa!) e grazie di avere citato Il Lungo. Mi hai fatto venire voglia di rileggere Tabucchi che non leggo da decenni e che amai moltissimo. Credo che la sua prosa avrà ancora tanti doni da portarmi, grazie ancora.