Spazio di fiducia
Linguetta #62 / Substack è un ambiente che sta diventando un vero e proprio ecosistema sociale, basato su contenuti creati dalle persone ma slegati dalle logiche dell'algoritmo.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Sarà una puntata un po’ diversa dal solito però mi sembrava il momento giusto per ritornare a parlare di questo spazio dove leggete ogni settimana Linguetta.
L’avevo già fatto nella puntata sulla rinascita delle newsletter, che sono diventate di nuovo popolari anche grazie a questo strumento qui: Substack, che sta al classico servizio di newsletter come Telegram sta a WhatsApp.
Il paragone di Substack con l’app di messaggistica di Pavel Durov mi viene automatico, perché entrambe espandono il concetto per cui nascono, continuando ad aggiornarsi con nuove funzionalità che le hanno rese potenti ecosistemi sociali, con una cosa fondamentale ad accomunarle:
Sia Substack sia Telegram sono libere dall’algoritmo che governa tutti gli altri social media.
Parlando di social media ci ritroviamo comunque a parlare di lingua, perché anche le definizioni contano: e quelli che una volta erano social network — Facebook, Instagram, Twitter e compagnia bella — sono proprio diventati social media.
Da spazi pensati per mettere in comunicazione cerchie di persone che si conoscevano o volevano creare nuove relazioni sono diventati spazi di promozione e visibilità.
Un nuovo social-spazio
Quello che sta facendo Substack invece è un gioco nuovo, fatto di regole nuove, come tutti i giochi che si rispettino. Con un principio base che ha cambiato tutto: chi legge può anche pagare chi scrive.
Fin da quando nasce nell’autunno del 2017 è chiaro l’impianto di sviluppo della piattaforma: niente pubblicità, mai e poi mai, soltanto entrate che sarebbero arrivate trattenendo una piccola percentuale di chi si iscrive alle newsletter a pagamento.
Lo dicevano chiaramente nel 2019 i fondatori di Substack nel post Two years of Substack:
If great writing were to flourish on the internet, the media world needed an alternative to online advertising. We believed that direct payments between readers and writers provided a better way forward. With subscriptions, the emphasis is placed on an ongoing trust relationship between reader and writer. The reader – not an advertiser – becomes the primary customer. A writer of a subscription publication can only do well if the reader feels well served – and if they succeed with that, then even a relatively small audience is enough to support a lucrative business.
[traduzione mia] → Perché un racconto ben fatto si diffonda su Internet, il mondo dei media ha bisogno di un’alternativa alla pubblicità online. Crediamo che i pagamenti diretti tra chi legge e chi scrive siano la soluzione migliore.
Con gli abbonamenti, quello che conta è il rapporto di fiducia costante tra chi legge e chi scrive. Sarà chi legge, e non l’inserzionista, il cliente principale.
Lə scrittorə di una pubblicazione in abbonamento può fare bene solo se chi legge è soddisfattə; se ci riesce, anche un pubblico relativamente piccolo può rendere redditizia l’attività.
Si tratta di creare le migliori condizioni perché chi legge possa trovare scrittori e scrittrici che gli interessano; e per chi scrive di creare una piattaforma su cui sviluppare le proprie pubblicazioni.
Come sempre, è questione di connettere le persone.
Fare comunità, non per forza enormi. Quello che conta, come per ogni progetto, è la qualità e la possibilità di tenere vive le relazioni con le persone che fanno parte di quella comunità.
La logica della nicchia che diventa motivo di sostenibilità, cioè la condivisione di un tema, una sensibilità, un’attenzione verso qualcosa per cui potenzialmente siamo pure dispostə a pagare.
C’è un altro modello che mi è venuto in mente e che lavora da anni in questo modo: si tratta del Post, che funziona grazie a un sistema di abbonamento in grado di pagare giornalisti e giornaliste, che così possono lavorare a un progetto di giornalismo slegato da meccanismi di influenza, in grado di lasciare a libera consultazione tutti gli articoli ma pure di offrire alcuni contenuti (podcast e iniziative speciali in anteprima) ad abbonati e abbonate.
È vero che i social network sono riusciti a creare delle comunità e possono ancora essere utili in questo senso, ma come dice bene Valentina Tonutti nell’ultima puntata di fuori dal PED, citando il giornalista di Vice Edward Onweso Jr:
L’obiettivo dei “social” è sempre aumentare e incentivare il coinvolgimento, non la costruzione di comunità che possano collaborare o comunicare in modi che non sono mediati da una startup o da un mercato.
Insomma, è venuta meno la parte sociale, quella che punta sulle interazioni. A prevalere è il numero di visualizzazioni, cioè l’intrattenimento.
La stessa cosa che diceva
nella puntata La fine dei social network (per come li conosciamo) nella newsletter , parlando di Instagram:Le reti sociali sono ufficialmente diventate piattaforme di intrattenimento video, e non più spazi di relazione. Al loro interno non ci sono più friend, solo follower.
Se la componente social diventerà quindi sempre meno centrale, anche l’importanza del network scomparirà progressivamente, in favore di ciò che è popolare secondo l’algoritmo.
Sono state la diffusione degli smartphone e l’introduzione di Instagram (nel 2009) a trasformare i social newtork in social media, e ci riflette anche il fotografo
in un post nella sua newsletter :E per chi vuole un’impressione informata su Substack ne ha parlato nell’ultima puntata di Spring Vibes anche Nicole Zavagnin, che di mestiere si occupa proprio di strategie aziendali tramite newsletter.
Un ecosistema in evoluzione
Siamo in cerca di spazi nuovi, che possano liberarci dalla dittatura dell’algoritmo. Substack potrebbe essere quello buono, ed è facile che anche Linguetta in futuro accolga contenuti che ora do in pasto agli algoritmi social, e così si trasformi aggiungendo nuovi pezzi e sezioni.
Gli sviluppatori di Substack cercano di rendere sempre più confortevole questo spazio, sia per chi scrive sia per chi legge. E forse la caratteristica che descrive meglio questa cura è il sistema di raccomandazioni interno, che consente all’autorə di una pubblicazione di suggerire e mostrare altre pubblicazioni a cui è iscrittə e che gli sono piaciute.
Le relazioni si alimentano all’insegna dei suggerimenti, dei passaparola, del “prova a dare un’occhiata a questa cosa qui, secondo me ti può piacere”. Ed è fatto all’interno di una cerchia di persone che già condividono una passione per un argomento ma si aprono all’imprevedibilità di percorsi laterali suggeriti.
Funziona proprio come con la lingua: apre varchi e connessioni.
Raccomandazioni, ma anche funzionalità più recenti come le menzioni, che è come taggare sia persone sia pubblicazioni già presenti su Substack; oppure le chat per creare discussioni relative a un post (per ora solo per iPhone, ma dovrebbero arrivare presto anche per Android).
Un sistema che tiene la parola scritta come perno ma è allo stesso tempo integrato, dando la possibilità di creare podcast e di inserire audio, video e altre cose da “embeddare” (un po’ come il vecchio caro Tumblr).
Soprattutto, un prodotto editoriale in grado di funzionare con un pubblico variegato, tanto che proprio nei prossimi giorni lo userò per un progetto di lungo respiro da fare con gli adolescenti in alcune biblioteche nella valle dove abito — magari vi aggiornerò in futuro dentro Linguetta.
Substack vince perché dà valore al potere delle persone di scegliere di chi fidarsi, di che cosa leggere, vedere, sentire. Senza algoritmi a definire schemi e comportamenti.
P.S.
Oggi altro “lungone” con la newsletter, che scivola di un giorno e vi arriva nella notte tra mercoledì e giovedì; ma come vi avevo detto l’altra volta è probabile che diventi questo il nuovo giorno di uscita di Linguetta.
📚 Piccole grandi verità
Un consiglio che sta sugli scaffali dei libri per ragazzi, ma per la seria ironia con cui è scritto funziona anche per gli adulti: Chi ha rubato la marmellata?, del giornalista Andrea Coccia con i fumetti di Maicol & Mirco. Il sottotitolo è Impariamo a verificare le informazioni! ed è un bellissimo e agile manuale su come scovare le fake news che leggiamo online e che ci infestano la testa.
Il secondo consiglio invece è un albo illustrato uscito pochi mesi fa per Camelozampa: s’intitola Il Bianco e il Nero, l’ha scritto Debora Vogrig e l’ha illustrato Pia Valentinis. È uno di quei libri rari, di quelli che ti meravigliano non appena inizi a sfogliarli: è il racconto di un mondo fatto di chiari e scuri, che sembra stiano ognuno per conto proprio, separati, e che invece giocano e si compenetrano per creare cose bellissime che solo il miscuglio sa fare. Prendetelo, leggetelo con bambini e bambine, mettetelo in mano a ragazzi e ragazze, ma recitatelo pure da soli, a voce alta, quando vi sembra che tutto vi remi contro.
📋 Substack e non solo
Una delle prime volte che ho sentito nominare Substack credo sia stato grazie alla
di , che è sempre sul pezzo riguardo all’Internet.C’è poi chi seguo e sta su Substack da diverso tempo come
di ; oppure altri che seguivo fuori da Substack e continuo a farlo dopo che sono migrati qui dentro:la metamorfica
- di sulla scrittura inclusiva e accessibile
- del giornalista
la già citata
di sull’innovazione nei media digitaligli scavi profondi racchiusi dentro
di
Ma ci sono pure newsletter che “stanno fuori” dalle mura di Substack e che sono diventate preziose punti di riferimento: il consiglio extra moenia della settimana è per una newsletter che fa parte dell’ecosistema giornalistico di Domani: si chiama Cose da maschi, parla di nuovi e vecchi paradigmi di genere e la tiene Alessandro Giammei, professore di letteratura italiana all’università di Yale. Graffiante.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Substack o non Substack, cerchiamo sempre di fare le cose per bene, cioè con il 💖. Proprio quello che trovate qui sotto per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
In attesa di avere una chat anche per Android, i commenti sono a vostra disposizione per dirmi qualsiasi cosa su quello che ho scritto. Ma volendo c’è pure l’email.
Se invece vi va di taggarmi su Instagram, mi trovate come andrjet.
Grazie della Menzione!
Non ho riflettuto moltissimo al riguardo ma Substack mi sta molto piacendo perché (per ora, spero si conservi tale) elimina tutto il rumore di fondo. Avendo frequentato diversi altri social - anche se questo non ha proprio le caratteristiche di molti altri - tremo al pensiero che si possa corrompere. Del resto ho notato che gli altri sono finiti male al verificarsi di due eventi: l'arrivo dei marketer e quando i gestori hanno iniziato a monetizzare. Che poi, a ben pensarci, son pure due fenomeni congiunti. Il vantaggio di Substack è che ha reso chiaro il modello di monetizzazione sin da subito. Intelligenza di chi lo cura o esperienza maturata su successi e fallimenti di molti altri poco conta: di questa piattaforma è chiaro da subito il modello economico ed è soprattutto chiaro che è un modello - finché non lo cambiano - che propone una percentuale interessante per gli autori e che soprattutto non li sfrutta con la moneta della visibilità. Vediamo come evolve e godiamocelo per ora che è bellissimo.