Siamo immaginario
Linguetta #72 / Le narrazioni che costruiamo ci guidano nelle nostre azioni, ecco perché scegliere ogni parola in modo accurato aiuta a modificare gli scenari.

Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Ogni parola che usiamo è come il segno di un’incisione, precisa e necessaria:
È precisa nel senso che è esatta, è proprio quella e non un’altra: è scelta con accuratezza.
È necessaria perché serve alla costruzione dell’architettura, come una serie di mattoncini Lego utili a comporre il disegno finale.
Ogni parola struttura il pensiero che diventa poi la nostra pietra di paragone, definisce i contorni di quello che sta nella nostra testa. E una in fila all’altra quelle parole diventano la narrazione dominante di un sistema culturale.
Le narrazioni in cui stiamo costituiscono il nostro immaginario.
Eccola la parola che descrive alla perfezione il nostro sistema di pregiudizi e valutazioni: immaginario.
L’immaginario ci determina perché è una sorta di travaso delle storie immaginate dentro alla realtà.
L’invisibile che diventa visibile.
In queste settimane, nel canale Telegram privato che uso come diario di appunti per Linguetta si sono andati a infilare un po’ di spunti che mi sono capitati sott’occhio.
Uno di questi stava dentro la newsletter
a cura di , che in una delle scorse puntate citava una riflessione di Francesco D’Isa sul sistema culturale ed educativo che ci abitua a pensare in un certo modo. Qui sotto il carosello su Instagram in cui D’Isa lo spiega:Ed è lo stesso discorso che vale per le Intelligenze Artificiali (IA), che lavorano su materiali in linea con gusti e pregiudizi di chi le alimenta. Sono il riflesso dei sistemi di pensiero delle persone che le fanno funzionare (ad esempio con i comandi dettati a ChatGPT e compagnia bella).
Sta tutto racchiuso nell’immaginario che ci portiamo dietro come tante chiocciole con il loro guscio. L’immaginario è la nostra casa, e cambia quando cambiano i racconti di chi lo popola.
Il modo di raccontare una cosa determina i nostri comportamenti, come spiega bene
in questo pezzo su giovani e lavoro scritto per La Svolta.Da umani dotati di linguaggio e capacità di autorappresentazione, qualsiasi sia l’argomento, rientrerà in un tipo di narrazione condivisa, quindi diventerà parte dell’immaginario.
Tangibilità immateriali
L’immaginario è come una nuvola, senza apparente consistenza eppure capace di determinare se quel giorno, uscendo, dovremo indossare le galosce e portarci l’ombrello, oppure no.
I suoi effetti sono concreti, come quelli di ogni parola.
Lo spiega però con tanti esempi efficaci
nella puntata “Canzonette” a chi? della sua newsletter . E sono tutti casi in cui agisce subdolamente l’invisibile dominio del maschile, impregnando la società senza che ce ne accorgiamo.Si tratta di modelli culturali che vengono creati per giustificare prodotti, comportamenti, atteggiamenti e azioni come qualcosa di naturale.
Per accorgerci di questi modelli culturali abbiamo un unico grande potere: usare le parole consapevolmente e con precisione, e tenere conto delle unicità di ognunə di noi.
Proprio su questo punto rifletteva a gennaio Marta Kaufman, una delle creatrici della serie tv Friends, spiegando il suo dispiacere nel non avere mai mostrato diversità etniche.
☛ Qui il pezzo di in cui commenta questa dichiarazione di Marta Kaufman.
Tenere sempre conto delle voci che mancano e includerle nella narrazione è il superpotere che abbiamo per cambiare scenari.
Modificare l’immaginario è sempre questione di parole (e di immagini).
Una riflessione che è tornata anche in una delle ultime puntate del podcast Verde speranza a cura di
, parlando della nostra incapacità di immaginare il cambiamento climatico.In questo caso l’immaginario è una somma di lacune fatta dal non riuscire ad agganciare la questione a cose reali, dall’incompletezza delle informazioni con cui (pubblici e media) lo raccontano.
In ogni cosa che ci riguarda l’immaginario è tutto, perché ci guida nelle scelte che facciamo.
Modificarlo è una cosa che chiunque può fare, scegliendo le parole giuste da usare e procedendo nello stesso modo con cui si affronta una camminata su un sentiero di montagna: un passo alla volta.
Ma va bene pure un colpo di pedale alla volta!
🎁 Immergiti, leggi, guarda
Un libro che sto finendo di leggere di un autore che mi piace davvero tanto, Dave Eggers: The Every, romanzo di 500 pagine che però non si fanno sentire, perché ti trascina dentro, immergendoti in un mondo futuribile pervaso da tecnologie digitali che diventano gabbie (strizzatina d’occhio alla serie tv Black Mirror). E spuntano sorrisi sardonici una pagina sì, e l’altra pure.
Visto che s’è parlato di immaginario, che cosa meglio di Harry Potter ha plasmato l’immaginario di piccoli e grandi umani negli ultimi 25 anni. Quello che ha fatto J.K. Rowling per me non si batte, e Loredana Lipperini riesce a raccontarlo in questo bel pezzo sul suo blog.
Ce l’ho fatta, finalmente: ho visto Everything everywhere all at once. Al cinema. E non è un caso che abbia ricevuto 11 nomination agli Oscar. Se potete andare in sala, non perdetevelo. Credo sia una delle cose più belle che ho guardato da quando quattro anni fa uscì Parasite. Come nel caso del film di Bong Joon-ho, anche qui c’è una confusione splendente di generi diversi, anche qui la colonna sonora e i suoni sono studiati alla perfezione, e anche qui la regia è una roba che non si dimentica.
Ed è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Costruiamo immaginari che ci aiutino a capirci, a riconoscere le differenze, a lasciare lo stesso spazio di possibilità a tuttə. Primo requisito: usare il 💖, lo stesso che trovate qui sotto per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
Se poi volete aggiungere qualcosa, sempre qui sotto c’è lo spazio dei commenti; altrimenti vi aspetto nella casella mail, o ancora nella chat di Linguetta.
Sto pure su Instagram, cercatemi come andrjet.
❤️
A proposito di AI, ad esempio proprio ChatGPT: secondo te arriverà ad avere un “suo” immaginario interno, basandosi sui nostri input? Io la sto esplorando in questo periodo ed è impressionante le velocità con la quale risponde, articola, impara dai suoi sbagli.
È controllata dall’esterno per quando riguarda i topic da trattare e quelli da evitare, ma sarei curioso di capire se alla fine anche lei (lui?) si farà una sua idea del mondo, di noi, o addirittura di sé stessa, anche sulla base delle parole che usiamo quando ci interfacciammo con lei/lui.