Rivedersi
Linguetta #111 / Le parole ci aiutano a definire le categorie del pensiero e la loro rappresentazione, ad esempio rimuovendo i pregiudizi attorno al colore della pelle.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Ricordo che quando nel 2012 lessi It di Stephen King (traduzione di Tullio Dobner) mi accorsi quasi a metà romanzo che Mike Hanlon era di origini afroamericane. Fino a lì l’avevo immaginato con la pelle chiara.
Facciamo un salto in avanti di undici anni, a un libro per ragazzə che ho letto poco tempo fa: Niente paura Little Wood! di Jason Reynolds (traduzione di Giuseppe Iacobaci). I protagonisti sono Genie ed Ernie, che abitano con i genitori a New York, ma vanno a trascorrere l’estate dai nonni paterni, che vivono in un bosco, nel New Jersey. La copertina del libro è questa qui sotto.
Ecco, i due fratelli (ma anche il resto della famiglia) hanno la pelle scura, però, nel leggere la storia, mi è capitato più volte che finissi col visualizzare i personaggi come se avessero la pelle chiara.
Il modello culturale in cui cresciamo ci plasma, anche inconsapevolmente.
E funziona allo stesso modo con la lingua, per cui serve che facciamo uno sforzo per trovare le parole giuste, quelle che funzionano e non si adeguano pigramente alla situazione, come tenderebbe a farci fare il nostro cervello.
Si tratta di lavorare sempre su noi stessə, costantemente, per togliere le incrostazioni che spesso agiscono a livello inconscio sulla forma della nostra mente.
Significa riuscire a intravedere gli automatismi e scardinarli, il più delle volte con un esercizio semplice semplice: fermarsi e pensare, in ascolto.
Anche per recuperare la nostra forma bambina.
Me lo insegnò implicitamente uno dei miei nipoti, a tre anni e mezzo, quando un giorno fissò su una mensola la foto di un missionario bresciano, che teneva in braccio un bambino etiope. Be’, quello che disse mio nipote fu:
“Quello sono io con il mio papà”.
Ecco, aveva riconosciuto le categorie padre e figlio, e gli bastava. Tutto il resto è sovrastruttura di una mente adulta, che teme le differenze.
Tanti colori, nessun colore
C’è un saggio che l’astrofisico Carl Sagan ha scritto nel 1998 ma sembra scritto ieri per quanto sia fresco il messaggio del suo sottotitolo: riflessioni di fine millennio sulla Terra e i suoi inquilini.
Precisione scientifica, abilità nel racconto e ironia sono gli ingredienti della scrittura di Sagan, il libro è Miliardi e miliardi (traduzione di Erminia Ferrara), purtroppo fuori catalogo.
A un certo punto, a pagina 69, dice:
L’espressione “diversi come il bianco dal nero” è un errore concettuale: il bianco e il nero sono fondamentalmente la stessa cosa; la differenza sta solo nella quantità relativa di luce riflessa, non nel colore.
Tra gli uomini, la maggior parte dei “bianchi” non sono bianchi come la neve appena caduta (o come un frigorifero bianco), e la maggior parte dei “neri” non sono neri come il velluto nero. I termini sono relativi, vaghi, inducono in confusione. La frazione di luce incidente che la pelle umana riflette varia enormemente da individuo a individuo.
E a pagina 70 conclude la riflessione così:
La luce riflessa dalla pelle mostra differenze significative solo alle frequenze visibili e immediatamente adiacenti.
Gli individui appartenenti al ceppo nordeuropeo e quelli del ceppo centroafricano appaiono tutti neri alla luce ultravioletta e infrarossa, per effetto delle quali quasi tutte le molecole organiche, non solo la melanina, assorbono la luce.
Soltanto alla luce visibile, in virtù della quale molte molecole sono trasparenti, è possibile l’anomalia della pelle bianca.
Nella maggior parte dello spettro, tutti gli esseri umani sono neri.
È una cosa che fa pensare parecchio.
Soprattutto se notiamo che le narrazioni le facciamo sempre dal centro e mai dal margine; o meglio, che ogni volta decidiamo qual è il centro (la pella chiara, l’occidentale, il maschio cisgender) che fa da parametro di riferimento per tutto il resto.
Scentrarci
Rivederci e ricalibrare la nostra visione è l’altro esercizio che possiamo fare, sempre usando le parole.
Come ha fatto in questi anni il progetto Color Carne a cura della strategist Giuditta Rossi e della storyteller Cristina Maurelli: nato come campagna per annullare l’equivalenza color carne = pelle di una persona bianca, il progetto è diventato soprattutto un movimento di persone che lo sostengono, ne parlano e cercano di farsi domande, con apertura e curiosità.
E che ad esempio è riuscito a far cambiare la definizione di ‘color carne’ in cinque grossi dizionari: Devoto-Oli, Garzanti, Nuovo De Mauro per Internazionale, Treccani, Zingarelli-Zanichelli.
Serve ampliare, ridefinire, prendersi cura delle parole che usiamo per prendersi cura delle persone che vengono rappresentate con quelle parole.
Come raccontano proprio Rossi e Maurelli in un capitolo del libro Stereotipi a colori:
Il tema del colore della pelle non riguarda solo la varietà cromatica, ma anche il significato che un dato colore attribuisce.
Il colore, quando diventa uno standard, ha una buona probabilità di nascondere pregiudizi e stereotipi.
La stessa cosa che ci dice l’aneddoto (sia vero o falso non importa) su Albert Einstein, quando sul modulo di richiesta d’ingresso negli Stati Uniti d’America, da emigrante in fuga dalla Germania nazista, alla voce “race” scrisse “human”.
Che poi è la stessa cosa che dice Kostas “Gus” Portokalos (Michael Constantine) nel film Il mio grosso grasso matrimonio greco:
Dunque, allora, qui stasera abbiamo mela e arancia … eh, siamo tutti diversi ma, alla fine, siamo tutti frutta.
P.S.
Ed ecco che ci ritroviamo sempre più tardi, addirittura nell’inizio notte di lunedì. Comunque, quel che conta è arrivare per Linguetta. E se volete dirne in giro, il bottone da cui copiare il link sta come sempre qua sotto.
🖊️ Inversi
I versi di oggi sono di Giorgio Caproni, ma non soltanto suoi: infatti, stanno nel libro Rondeau a cura di Pierluigi Cappello, una raccolta di poesie selezionate dal poeta di Gemona del Friuli, con a fianco la sua traduzione in friulano.
La lanterna
Non porterà nemmeno
la lanterna. Là
il buio è così buio
che non c’è oscurità.
La lumere
Nol puartarà nancje
la lumere. Là
il scûr al è ’sì scûr
ch’a nol esist il scûr.
📚 Trasformarsi
Il consiglio è per il romanzo breve L’ultimo uomo bianco di Mohsin Hamid, un congegno che sta dalle parti del Gregor Samsa di Franz Kafka, soltanto che qui il protagonista è Anders, un personal trainer, bianco, che un mattino, si sveglia, ed è diventato marrone. Una metamorfosi che piano piano coinvolgerà sempre più persone e con cui Hamid riesce a rendere evidente l’assurdità del concetto di razza.
🎥 Di ladri gentiluomini
Ho visto la terza stagione di Lupin, perché era da più di un mese su Netflix ed era arrivato il momento in cui volevo vedere qualcosa che non mi facesse pensare troppo e mi facesse divertire tanto. Assane Diop (Omar Sy) ci è riuscito perfettamente in queste sette puntate, forse ancora di più che nelle prime due stagioni. Perché è sempre bello ritornare a Parigi, scoprirne vicoli e sotterranei, farsi sorprendere dai travestimenti, e anche entrare nella biblioteca nazionale di Francia (e ce ne vorrebbero sempre di più di biblioteche, nelle serie e nei film).
🎧 Discriminazioni
Avevo trovato interessante la puntata Colorismo del podcast Sulla razza a cura di Nadeesha Uyangoda, Maria Catena Mancuso e Natasha Fernando. Eccola qui sotto.
🗞️ Costrutti sociali
Su Giap c’è un lungo pezzo di Wu Ming che parte dall’abolizione della coerenza etnica in serie tv come Bridgerton, Gli irregolari di Baker Street, La ruota del tempo, Gli anelli del potere per raccontare come la razza sia un costrutto arbitrario, culturale e politico.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Fermiamoci a pensare prima di definire le persone, in fondo basta il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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Bellissima davvero la Linguetta di oggi: grazie per queste riflessioni!
Ottima newsletter: il tema mi ha molto colpito perché ho avuto un'esperienza simile con il romanzo di Gaiman I ragazzi di Anansi. Ero adolescente e molto stupidamente rimase sorpresa nel comprendere che il protagonista è la sua famiglia erano neri, non solo perché io egocentricamente non lo sono, ma anche perché l'autore non lo è.
Ho prenotato in biblioteca sia Miliardi e miliardi, sia l'Ultimo uomo bianco.