Maschilità
Linguetta #112 / Ripensare il modo di essere maschi è necessario per frantumare il potere violento del sistema patriarcale, vivendo da femministi e alleati delle donne.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
A pagina 181 del romanzo Siamo tutti fatti di molecole di Susin Nielsen (traduzione di Claudia Valentini) la 14enne Ashley racconta:
Poi mi ha spinto a sdraiarmi e mi è salito sopra. E ha cominciato a tirarmi su la maglietta. Io non ero del tutto contraria, in teoria, ma non mi piaceva il modo in cui lo stava facendo. Allora gli ho preso la mano, ma lui non si è fermato.
“E dai, Ashley, sto morendo”. E lì ho capito a che cosa si riferiva, lo sentivo che premeva contro la mia gamba.
”Jared, smettila”.
Ho provato a spostarmi, ma lui mi ha bloccato le braccia. Quando sono riuscita a guardarlo negli occhi, ho visto che era come se ne fosse andato da un’altra parte. Come se io non ci fossi nemmeno.
Si tratta di un romanzo per ragazze e ragazzi che ho portato fra le proposte alle terze medie, e che in una storia di una nuova convivenza fra Ashley e sua madre, Stewart e suo padre, tiene dentro una parte in cui vengono raccontati tentativi di violenza così. Soprattutto compaiono maschi come Jared che sguazzano nel sistema patriarcale come piccoli dei onnipotenti e altri (come Stewart) che fanno di tutto per opporsi, e cambiarlo quel sistema.
Ma da dove si comincia a cambiare?
Si comincia dalle parole, perché le parole non sono mai solo parole.
Le parole definiscono, sempre: le persone, le cose, gli atteggiamenti, le abitudini, le azioni.
E sono preziose le parole della scrittrice bell hooks, che nel libro Il femminismo è per tutti dice:
Finché gli uomini non disimparano il pensiero sessista che afferma il loro diritto di dominare le donne con ogni mezzo, la violenza maschile contro le donne continuerà a essere la norma, cioè uno strumento di controllo sociale.
Gli uomini devono avere una chiara idea di che cosa sia una maschilità femminista.
E il femminismo non è l’opposto del maschilismo, il femminismo è l’opposto della violenza e delle disparità di genere.
Quando alla scrittrice Chimamanda Ngozi Adichie chiedono “perché la parola ‘femminista’? Perché non dici semplicemente che credi nei diritti umani, o giù di lì?”, lei risponde:
“Perché non sarebbe onesto. Il femminismo ovviamente è legato al tema dei diritti umani, ma scegliere di usare un’espressione vaga come ‘diritti umani’ vuol dire negare la specificità del problema del genere.
Vorrebbe dire tacere che le donne sono state escluse per secoli. Vorrebbe dire negare che il problema del genere riguarda le donne, la condizione dell’essere umano donna, e non dell’essere umano in generale.
Le parole fanno
Le parole sono strumenti di inaudita potenza, servono a nominare le cose nella maniera opportuna e servono a fare accadere le cose. Servono soprattutto a rivoluzionare la maschilità.
Allora gli uomini, i maschi, devono fare.
Ma come si fa? Imparando a decostruire, cioè a smontare le cose, le frasi che abbiamo usato per la nostra costruzione (maschilista) nel sistema (patriarcale).
Ed è un processo continuo.
Diceva la settimana scorsa
nella sua newsletter:Servono uomini diversi, che non hanno paura di uscire dalle chat spiegando perché lo fanno, che lavorano alla pari con le colleghe, che rifiutano di partecipare a festival, conferenze, convegni in cui siano invitati solo uomini.
Servono uomini che non fanno battute sessiste su una donna, che non fischiano, non suonano il clacson, non gridano al passaggio di una donna, che non alzano la voce davanti a una donna, che non la interrompono, che non vogliono spiegarle le cose.
Uomini che quando gli dicono “fai il vero uomo”, sanno che non esiste “il vero uomo”.
Che il vero uomo è una persona che riconosce tutti i suoi privilegi e rigetta il cameratismo maschile da bar, da spogliatoio, da linguaggio comune del si è sempre fatto così. Che il vero uomo è femminista, perché è disposto a farsi in là, a capire, a lavorare sulla sua maschilità.
Serve che noi maschi continuiamo a imparare.
Servono soprattutto le cose da fare. Come ha ricordato la scrittrice
:Servono educazione nelle scuole di ogni ordine e grado.
Interventi fermi quando il sessismo arriva da rappresentanti delle istituzioni.
Norme che lavorino in senso preventivo, e che definiscano con precisione i reati.
Finanziamento ai centri antiviolenza.Sono cose pratiche, cose da fare, non cose da dire.
La contrizione, il ‘mi vergogno di essere uomo’ e le frasi di circostanza non servono a un bel niente. Un problema sociale si affronta come società, altrimenti ognuno fa da sé. E noi donne continueremo a soffrire, a sacrificarci, a subire umiliazioni e angherie, e a volte – troppo spesso – a morire.
Ce lo ha detto lucidamente anche Elena Cecchettin nei giorni scorsi, dopo che sua sorella Giulia era stata uccisa.
Ce lo ha detto, di prenderci la responsabilità di dire:
Ditelo a quell’amico che controlla la propria ragazza, ditelo a quel collega che fa catcalling alle passanti, rendetevi ostili a comportamenti del genere accettati dalla società, che non sono altro che il preludio del femminicidio.
Disertare
C’è un libro che andrebbe conservato a memoria come facevano lettori e lettrici per salvare le storie in Fahrenheit 451 di Ray Bradbury: è Diventare uomini. Relazioni maschili senza oppressioni, in cui il filosofo femminista Lorenzo Gasparrini a un certo punto parla non di resistenza, ma di diserzione del patriarcato:
Il maschio informato dal patriarcato non deve attuare una resistenza, ma una diserzione.
Disertare il patriarcato è uscire, smarcarsi da ranghi, divise, uniformità imposte legate all’immagine, al ruolo del macho, dell’uomo vero; consolidare relazioni non violente o gerarchiche, confrontarsi col percorso e col mondo femminista, gay, queer; abbandonare frustranti privilegi di genere.
Il patriarcato è una costellazione di micropoteri e il femminicidio è la tragica evidenza di forme violente che “ha come base larga ed enorme ‘le cose da maschio e da femmina’ imparate da bambini e bambine.
Per spezzare questo sistema bisogna dire e fare.
Noi maschi siamo responsabili anche quando non facciamo niente, anche quando stiamo zitti.
E come ha detto nel suo discorso di commiato la ex ministra spagnola de Igualdad, Irene Montero (grazie ad
che l’ha postato e tradotto nell’ultima puntata di ):Dove si rompe il silenzio si esprime il dolore di fronte alle ingiustizie, e iniziano la politica e la speranza.
P.S.
Toc toc alla domenica sera, ormai come di consueto. Un’abitudine come quella del link finale da copiare per fare passaparola di Linguetta (e ricevere dei premi). Eccolo qui sotto.
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi di Antonia Pozzi da Guardami: sono nuda, raccolta di poesie e riflessioni scritte tra il 1925 e il 1927, una dozzina di anni prima che Pozzi si suicidasse, il 2 dicembre 1938, a 26 anni.
Pensiero
Avere due lunghe ali
d’ombra
e piegarle su questo tuo male;
essere ombra, pace
serale
intorno al tuo spento
sorriso.
📚 Storie sottili e pesanti
Due consigli di libri per preadolescenti e adolescenti:
3300 secondi di Fred Paronuzzi (traduzione di Mirella Piacentini) intesse quattro vicende di ragazze e ragazzi nello spazio di 55 minuti, cioè il tempo di un’ora scolastica: tra le quattro, la storia di Océane ci entra dentro come una crepa sul soffitto, con il peso di una violenza subìta.
Un ragazzo è quasi niente di Lisa Balavoine (traduzione di Eleonora Armaroli), uno straordinario romanzo in versi (e in prosa ma con il ritmo della poesia dentro), con protagonista il 16enne Romeo, che racconta cos’è essere maschi in piena libertà, lontano dal modello che la società patriarcale definisce come normale. Una splendida rivendicazione della fragilità maschile.
🎧 Maschi consapevoli
Il podcast Amare parole di Vera Gheno riesce sempre a illuminare i fatti. Nell’ultimo episodio ci ricorda che le narrazioni sono importanti, perché costruiscono le opinioni all’interno della comunità. E che quello di cui c’è bisogno è consapevolezza, presa di coscienza di genere da parte dei maschi.
✉️ Corse da leggere
è una newsletter settimanale che ha aperto un mese fa per raccontare il suo avvicinamento alla maratona di Atene 2024. Nell’ultima puntata in collaborazione con di racconta com’è stato e com’è correre in giro per la città se sei una donna, che è l’opposto del correre se sei un uomo. Io corro, e m’è capitato spesso di pensare in che modo correrei, specie di sera, se fossi una donna. Sara riesce a trasmettere quanto sia gravoso per una donna un gesto semplice come la corsa.🗞️ Desideri e dati
Primo consiglio è il pezzo di Siria Moschella per il Tascabile: s’intitola Vogliamo scoprire cos’è l’amore e parla del libro Comunione. La ricerca femminile dell’amore di bell hooks, che voglio recuperare il prima possibile.
Il secondo consiglio invece è per Come si contano i femminicidi in Italia scritto da
per L’Essenziale, articolo ben documentato sul linguaggio usato dai mezzi d’informazione, su tutti quei dati che mancano, e su quelli che ci sono (solo grazie a un osservatorio di attiviste).Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Ripensiamo la maschilità e diventiamo tutti femministi, in fondo basta il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
Per lasciare un commento c’è lo spazio lì accanto, ma vi aspetto pure via mail, oppure dentro le Notes con un restack della puntata (cioè pigiando la rotellina con le due frecce accanto al simbolo dei commenti).
Se volete taggarmi su Instagram, cercatemi come andrjet.
Grazie per aver citato Ojalá, ma soprattutto per questa Linguetta – ricca come sempre di spunti e consapevolezza. Grazie davvero!
Grazie per la citazione ad ACPQC? 🙏 e grazie per la profondità degli spunti