Ingombrare
Linguetta #145 / In molte situazioni i nostri corpi sovrastano gli spazi delle altre persone, così come accade con la lingua che esonda, esclude, complica, controlla.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Poco tempo fa un’amica mi raccontava di una vacanza fatta al mare e di questo episodio: spiaggia libera e corta, lei che scende insieme al gruppo di amiche e amici per un bagno, c’è già un po’ di gente e fra di essa un ragazzo che aveva colonizzato un largo pezzo di spiaggia, di fatto bloccando l’accesso al mare e costringendo chiunque a fare un giro largo.
Quel ragazzo aveva ingombrato lo spazio.
Si era appropriato di qualcosa, senza pensare alle esigenze delle altre persone, ai loro bisogni, ma prima di tutto al fatto che quello spazio fosse un po’ di tutte le persone.
Ingombrare deriva dal francese antico encombrer, a sua volta derivato della parola di origine celtica combre, cioè ‘barriera’.
Chi ingombra è come se tirasse su un muro, recinta uno spazio e lo trasforma in un luogo chiuso, personale.
Preoccuparsi degli spazi
Quando prendo un mezzo pubblico (treno, autobus, metro) mi preoccupo sempre di non occupare troppo spazio, di stare all’interno di quello riservato (se si tratta di una seduta) o di non invadere lo spazio personale di chi è vicino (se siamo in piedi, in una situazione affollata).
L’esempio più calzante è quello a cui ho assistito spesso sui treni, quando una persona decide di starsene a gambe larghe e magari pure di prendersi tutto il bracciolo. E quella persona è sempre un maschio.
Si tratta di un esercizio patriarcale, e come per il ragazzo della spiaggia è un impossessarsi di uno spazio, senza riguardi per chi c’è accanto.
Una mancanza di igiene spaziale che possiamo ritrovare anche nella lingua.
Accade quando la lingua esonda, nei più svariati contesti:
in assillanti messaggi sponsorizzati nei social
nelle illusioni dei e delle fuffaguru di cui parlava Vera Gheno in Amare parole della scorsa settimana
nelle pubblicità che strillano
nella violenza verbale di chi scrive sui social solo perché può battere le dita sulla tastiera
nel mansplaining, cioè quando un uomo vuole spiegare le cose a una donna
nelle prolissità burocratiche
nelle formule rugginose che mirano all’autoconservazione
nel volume alto che zittisce un’altra persona
nelle notizie false costruite a tavolino
negli stereotipi fatti circolare per tornaconto personale
Una lingua ingombrante è una lingua che esclude, complica, confonde, disabilita, controlla. È una lingua che imbriglia la vita.
Come negli ambienti fisici, anche quando dobbiamo scrivere un testo, dobbiamo cercare di rispettare gli ingombri, di usare lo spazio necessario per farci capire da chi legge, di non essere invadenti né soggioganti.
Soprattutto, di non occupare troppa attenzione.
L’ingombro dei corpi
Ogni corpo ha un suo ingombro, un volume che sposta per interagire con altri corpi. Ed è proprio spostandoci che ci mettiamo in moto, che creiamo relazioni.
Come accade all’interno di una lingua, che è un sistema mobile che funziona secondo il principio del continuo scambio fra vasi comunicanti.
Non c’è vita senza movimento, e ogni movimento comporta un mutamento.
In questo processo di mutazione serve però rispettare gli ingombri l’unə dell’altrə, e riuscire a fare economia di parole, perché ogni corpo ne assorba la quantità utile a capire le cose.
E quando ci accorgiamo che le parole diventano ingombranti come rifiuti da smaltire, serve fare quello che faremmo con il pattume fuori scala: chiamare chi passa a ritirarlo oppure andare a portarlo all’isola ecologica.
Proprio l’isola che nella mia testa, tre anni fa, diede il via a quello che è diventato L’arcipelago delle isoleombra.
Partì tutto da lì, perciò eccovi un piccolo dono di parole e figure proprio dall’Isola ecologica:
P.S.
Nella mia testa vorrei allargare Linguetta, un po’ come nelle espansioni dei giochi da tavolo. Cercherò di trovare la forma più rispettosa del tempo di chi legge.
Nel frattempo, ad agosto, inizierò a praticare la via della brevità con delle puntate estive e giocose di Linguetta. Perciò nella casella mail aspettatevi delle mini Linguette.
Ah, il conteggio dice che ora qui dentro siamo 3.124 persone, cioè 67 in più rispetto a due settimane fa. Grazie per questo affetto: a chi c’era già, a chi è nuovə, a chi magari ci sarà.
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi dalla raccolta Poesie (1974-1992) di Patrizia Cavalli, che è stata una poeta bravissima nell’arte della brevità.
Seguita la vita come prima
con gente in piedi, seduta,
che cammina.
📚 Muri ingombranti
Visto che abbiamo parlato di muri e di ingombri, ecco due consigli distanti, diversi ma che in qualche modo convergono:
Il libro a figure Il muro in mezzo al libro di Jon Agee (traduzione di Giusy Scarfone), con un muro che se ne sta proprio sulla piega della pagina a separare un cavaliere da grandi pericoli. O forse no?
Il saggio di Vera Gheno Galateo della comunicazione, in cui c’è un capitoletto che s’intitola Il galatreno e mostra tanti esempi di ingombri che accadono nei vagoni dei treni.
🖋️ Spostamenti
Tre consigli di lettura (+1):
Da piccolo sognavo di partecipare un giorno alle Olimpiadi, ma anche se questo desiderio non si è avverato, seguirle dallo schermo per me è sempre una festa. Allora vi linko una cosa bella sui Giochi Olimpici di Parigi 2024 che iniziano venerdì 26 luglio: L’identità dei Giochi Olimpici di Parigi: abbracciare le differenze scritto da Chiara Gandolfi (
). Cinque minuti per leggerlo o (ancora meglio) ascoltarlo dalla sua voce narrante, per capire come le quattro parole del payoff siano un’apertura capace di abbracciare senza ingombrare.
La puntata Sì, viaggiare in cui
parla del fenomeno dell’overtourism (cioè un eccessivo ingombro turistico in alcune città), ma lo fa guardando sia un lato negativo (le pistolettate ad acqua di Barcellona) sia uno positivo (il programma CopenPay di Copenaghen).Una puntata che ha lo stesso titolo Sì, viaggiare ma sta dentro
, con che riflette sulla complessità del fenomeno turistico di massa. E racconta come prendere una posizione netta sia molto difficile.(+1) Per una puntata collettiva di
a cura di c’è anche la mia voce a raccontare brevemente “qual è la cosa più importante che un padre può trasmettere a un figlio maschio oggi”. Ecco la puntata: Padri allo sbando in buona compagnia.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Cerchiamo di non ingombrare troppo lo spazio altrui, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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Quando ero piccola mi sconvolgeva accorgermi che mentre io badavo a occupare meno spazio possibile, gli altri si espandevano rubando il mio, o quello che avrebbe dovuto essere mio e rinunciavo a occupare. Mi faceva sentire ancora più piccola, o proprio invisibile. Da adulta non è molto diverso, resto ancora di stucco, solo che ora lo faccio notare (con tutto il garbo possibile) e me lo (ri)prendo. A meno che quello spazio non serva più agli altri, allora mi scosto di più.
Loved it. You placed words on my thoughts. This can go to a higher degree if one thinks of physical reality, and who made it. Indebted from within. To...?
We all step on each others boundaries one way or another, but some of us are hideously obvious and offensive. Nice work.