Esporsi
Linguetta #169 / Siamo corpi in esposizione costante, e come le parole abbiamo diversi profili. Riuscire a resistere nelle difficoltà è un grande esercizio di osservazione.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
C’è una frase che dà l’avvio alla storia del film The Substance, ed è questa:
It changed my life.
Mi ha cambiato la vita.
La prima volta compare all’inizio della storia, quando Elisabeth Sparkle (Demi Moore) la legge, scritta a penna, su un bigliettino che è avvolto attorno a una chiavetta USB.
E nella mia testa ho subito pensato a qualcosa di buono, al futuro che va per il meglio; eppure quella frase contiene anche l’accezione opposta, quella che fa volgere le cose al peggio, che rovina uno stato di benessere.
Le cose e le parole, come le persone, hanno sempre più profili.
Spesso sono il contesto o l’intenzione a dirci come leggerle, come interpretarle e come reagire.
Su quella frase tornerà a posare gli occhi Elisabeth Sparkle, e a noi che guardiamo il film apparirà distorta la prima lettura, una specie di equivoco.
Le cose cambiano perché cambiamo noi, e cambiano le circostanze. Allora anche quello che avevamo creduto di sapere prende una nuova forma.
Di sopravvivenze
Poco tempo fa, parlando con un amico, a un certo punto mi ha detto questa frase:
L’abuso di potere è una forma di sopravvivenza.
A pensarci bene contiene una verità questa frase, perché sopravvivenza è una di quelle parole che ha più profili, come la frase di The Substance: dipende sempre da che lato la guardi.
La sopravvivenza può essere un atto di egoismo, un salvare sé stessǝ senza mai curarsi delle altre persone, un individualismo sfrenato.
Ed è quello che ritroviamo nelle complicazioni del burocratese, che funziona secondo un principio di autoconservazione. Significa perpetuare un potere attraverso uno scompenso linguistico.
La lingua complicata esclude la vita.
Eppure sopravvivenza può essere anche un atto di generosità: un mettersi insieme perché persone sopravvivano, perché un’idea sopravviva, perché una storia sopravviva.
Sopravvivere è esporsi alle cose che accadono, e l’esposizione è una forma di resistenza.
Stare, resistere
In giapponese c’è una parola per descrivere chi è sopravvissutǝ alle bombe atomiche sganciate il 6 e il 9 agosto del 1945 su Hiroshima e Nagasaki. Quella parola è:
hibakusha
Alla lettera significa “persona esposta alla bomba”, che è stata inondata dalla luce e dalla potenza della bomba, ma nonostante questa esposizione ha continuato a vivere.
Eppure in giapponese non dicono che è una persona ‘sopravvissuta’, perché significherebbe esaltare chi è rimastǝ in vita rispetto a chi è mortǝ.
Allo stesso modo di hibaskusha, esiste la parola hibakujumoko, che si riferisce agli alberi che sono stati esposti a un’esplosione atomica. Ma nonostante questo, hanno resistito.
Come a dire: la vita vince sempre.
Vince perché sta, che è una di quelle cose che mi ha insegnato a fare la lettura ad alta voce: a stare, a espormi, a giocare con l’imprevedibile. Anche a sbagliare, ma sempre a stare.
Stiamo come alberi capaci di sopravvivere e rigenerarsi.
Siamo reduci, cioè persone “che sanno tornare”, anche quando sono state esposte all’errore, di qualsiasi natura esso sia.
Le parole ben dette ci aiutano a stare.
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi dal libro di poesie Quando i diavoli si svegliano dèi di Jón Kalman Stefánsson, sezione Forse contiene un canto di uccelli.
quattro
O –
questa congiunzione pacata, modesta
o
forse allora non è una congiunzione
ma dubbio,
disperazione, paura, speranza, ottimismo,
è il ponte che regge ogni cosa
e fa entrare le tenebre nella luce
la luce nelle tenebre
📚 Ritrovarsi
Ho letto un albo illustrato che espone allo sguardo più difficile da sostenere: il nostro. S’intitola Sono io, sono proprio io: è un colorato invito a osservare con attenzione, per riuscire a osservarci. Le poche misurate parole di Madeleine Garner dialogano e diventano tutt’uno con grafici, illustrazioni e commenti disegnati da Giorgia Lupi. Stateci con gioia.
🎥 Solitari luccichii
Il consiglio è per il film con cui ho aperto la puntata, cioè The Substance di Coralie Fargeat, che tiene dentro così tante cose (maschilismo, bulimia, vanagloria, liberismo sfrenato, dipendenze), che quando finisce rimani fermə e non sai come reagire.
Ti restano negli occhi quei corpi mutanti, quei corpi nudi di cui avverti la consistenza e le sonorità, i rumori che producono quando vengono bucati, girati, nutriti, svuotati, scrocchiati, spaccati. Lo trovate ancora al cinema.
🎧 Le parole leggere
La prima cosa che nel 2024 leggevo sempre su Internazionale era la rubrica di Alice Rohrwacher, perché ogni volta riusciva a farmi stare sulle cose e generare pensieri nuovi. È diventata anche un podcast, per ora con le puntate invernali che scrisse dal 4 gennaio al 31 marzo 2024. Lasciatevi portare dalla grazia della sua voce.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Esponiamoci e stiamo, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata (così come i pulsanti per commentare e fare restack).
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Quante cose importanti in una sola puntata!
"The Substance" per me è stato un'esperienza intensa: ho dovuto distogliere lo sguardo più volte perché non riuscivo a tollerare il disgusto. La scena in cui Dennis Quaid mangia i gamberi al ristorante? Brividi anche solo a ripensarci.
Sempre a proposito di corpi che resistono, hai visto il corto (sempre di Coralie Fargeat) "Reality+"? A me è piaciuto!
Si trova su MUBI: https://mubi.com/it/it/films/reality-2014-coralie-fargeat.
La vita è un' alternanza di luci e ombre.
Esponiamoci, dunque, alla luce: albeggiamo...
E poi danziamo all' ombra di un albero amico.
Stiamo sotto le sue fronde: cerchiamo riparo...