Collegare cose
Linguetta #109 / Rileggere libri può fare emergere pensieri e connessioni inattese, che diventano mappe mentali con cui orientarci e capirci meglio.

Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Qualche settimana fa ero in una biblioteca a seguire una lezione sugli albi illustrati dell’autrice Cosetta Zanotti, che a un certo punto ha tirato fuori e letto La foresta di Thomas Ott.
È un racconto senza parole, solo disegnato, o meglio “graffiato”: perché l’autore svizzero realizza le tavole dei suoi libri con la tecnica dello scratchboard, cioè graffiando con un cutter (coltellino) una tavola ricoperta di inchiostro nero, costruendo poi le immagini con il bianco che fa emergere dallo sfondo.
Il libro lo conoscevo, l’avevo già letto più volte (come altre opere di Ott), ma mentre Cosetta Zanotti ne sfogliava le pagine, hanno iniziato a emergere cose.
Ecco, la rilettura è un moltiplicatore.
E la lettura ad alta voce amplifica lo spettro di emozioni che un testo produce dentro di noi; riesce a farlo perché il tono della voce, il ritmo e la parola detta diventano qualcosa di fisico.
Quella rilettura ha innescato qualcosa che nelle letture precedenti non avevo mai notato, perché i libri riletti fanno (anche) questo: connettono pensieri che non avevamo mai pensato.
La foresta racconta di una perdita, e nella mia testa le immagini hanno creato un allaccio a un’altra storia di perdita che nell’ultimo anno mi è capitato di leggere più volte: Sette minuti dopo la mezzanotte scritto da Patrick Ness, da un’idea di Siobhan Dowd.
Non lo sai prima, di quando, come e quali connessioni si creeranno; lo capisci solo quando succede.
Con le parole che rivolgiamo alle altre persone accade la stessa cosa: noi ci mettiamo l’intenzione, quello che segue è una linea di continuità diversa a seconda di chi legge/ascolta quelle parole.
Le storie contano
Sette minuti dopo la mezzanotte ha tante facce, e con facce intendo proprio le copertine delle diverse edizioni; quella che ho io è del 2021, tutta nera con la figura di un albero-mostro intagliata, e attorniata da un’aura bianca. Una figura che si staglia, proprio come nei libri di Thomas Ott.
Può darsi che quell’elemento visuale sia stato determinante nell’attivare la mia connessione, in ogni caso è stato costruito un ponte fra tratti emotivi simili.
E quando si creano giunture così, forse è anche perché certe storie sono già diventate classiche, cioè sanno metterci in crisi.
Sono quelle storie che aprono una via che non avevamo ancora visto, anche se lì ci eravamo già statə.
Storie che ci colgono comunque impreparatə, cioè dispostə a meravigliarci.
Che non vuol dire per forza allargare il sorriso, perché Conor O’Malley (protagonista della storia di Patrick Ness) e il bambino della Foresta attraversano un dolore, profondo e difficile, e lo fanno per riuscire a dire la verità della loro storia.
Entrambe parlano di morte, ma dicono soprattutto quanto è grande il potere delle storie.
Unire puntini
Le storie che leggiamo è come se si rincorressero, e disegnassero costellazioni che cambiano continuamente a seconda di chi le guarda — così come ogni civiltà ha le proprie mappe stellari.
Cambiano le coordinate per vedere i legami ma le storie stanno lì come solchi da seguire, in una specie di ricorsività che tiene in piedi il mondo.
Cosetta Zanotti ha poi sollevato dentro di me un altro pensiero, parlando di fiabe e racconti che arrivavano da ogni parte della Terra, raccolte grazie al lavoro di antropologhe e antropologi, e poi capaci di farsi storie in altra forma.
E quando ne ho sentito una che cantava le cose come fossero creature viventi, è ai libri di Bruce Chatwin che sono tornato, che avevo letto molti anni fa. E sì, la storia era una storia degli aborigeni australiani.
Cantare il mondo, cioè chiamare alla vita nominando le cose: come fa sempre la lingua, che ha il potere di fare (e disfare).
Chiudo questa “maratonda” letteraria, tornando alla Foresta e a Sette minuti dopo la mezzanotte, cioè alla selvatichezza delle storie e dei collegamenti che possono riorientarci continuamente.
E alle Vie dei canti di Bruce Chatwin, quando dice:
Gli Antenati, che avevano creato il mondo cantandolo, erano stati poeti nel significato originario di poiesis, e cioè “creazione” […]
Gli aborigeni non credevano all’esistenza del paese finché non lo vedevano e lo cantavano: allo stesso modo, nel Tempo del Sogno, il paese non era esistito finché gli Antenati non lo avevano cantato […]
Tutto sonnecchia sotto la superficie in attesa di essere chiamato.
Ecco, riuscire a dire le cose perché diventino vere, perché le parole facciano.
P.S.
Linguetta più corta, con svicolamento letterario. E ancora una volta la domenica sera, tardi. Ultimamente è così che funziono. Grazie a chi è arrivatə da poco e a chi c’era già: siamo più di 1.500 adesso! Se volete espandere ancora di più questo numero, il bottone per fare passaparola (e ricevere dei premi) è qui sotto.
🖊️ Inversi
I versi di oggi non sono versi di poesia, ma poche righe che stanno in un saggio re-incontrato incidentalmente nella mia libreria: si chiama Il libro come accesso al mondo e l’ha scritto Stefan Zweig.
“Qualunque cosa, qualunque oggetto io provassi a pensare, si ricollegava a ricordi ed esperienze dei quali ero debitore ai libri”.
📚 Il tempo dei libri
Nel mio apprendistato in corso alla scoperta di Alan Bennett ho attraversato La sovrana lettrice con il gusto delle cose belle, che succedono per caso. Come capita alla protagonista di questo breve romanzo, cioè la regina d’Inghilterra (proprio lei, Elisabeth di Windsor), che per puro accidente scopre quegli oggetti strani che sono i libri e non riesce più a farne a meno. Tanto da ribattere, a un certo punto, a uno dei suoi consiglieri: “Chi mai può essere al di sopra della letteratura? Sarebbe come essere al di sopra dell’umanità”.
🗞️ Capirci di più
Se i libri possono “insegnare qualcosa”, è soprattutto a prendersi il tempo per cercare di capire le cose, a osservare, a sentire. Io sto provando tanto a unire i pezzetti. Alcuni che ho trovato utili sono questi:
Su Internazionale il fumetto Corto circuito di Zerocalcare, perché dice ancora una volta che la realtà è complessa, che i pensieri che teniamo nella testa sono pure loro complessi, che comunicare non vuol dire aprire la bocca o sbattere le dita sulle tastiere. E che la posizione unica è un’invenzione di chi vede solo trincee.
- è uno scrittore israeliano che leggo da tempo, e che due anni fa ho trovato anche qui su Substack con la newsletter . Due delle ultime puntate che ha scritto sono A Story With A Happy Ending e Israel in 600 words or less. Ah, per chi non lo conoscesse: come per Zerocalcare, è l’ironia che me lo fa amare — i due brevi racconti sono in inglese, per chi non lo leggesse si può sempre fare un copia e incolla nel traduttore Deepl.
I pezzi del Post perché al solito spiegano le cose. L’ultimo che ho letto s’intitola Chi sono gli israeliani.
🎧 Pensieri luccicanti
C’è un podcast che gioca seriamente con le parole, come si faceva da piccoli con il gioco cose, città, animali. Si chiama Una lettera tira l’altra e lo tiene Chiara Valerio come avvicinamento alla fiera del libro Più libri più liberi (Roma, 6-10 dicembre). Ogni puntata una lettera e per ogni lettera una cosa, una città, un animale, un fiore, un frutto. E ovviamente tanti consigli letterari che ci si legano secondo lo sguardo brillante di Valerio.
Visto che abbiamo parlato di puntini che si collegano, il secondo consiglio è per una bella newsletter in forma di podcast, cioè
a cura di Elena Rebaudengo e Valentina Ziliani. Si parla di scrittura, usabilità e di come persone e parole sono avvinte in ogni cosa che fanno.Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Colleghiamo pensieri inaspettati tra le pagine dei libri e immaginiamo nuovi orizzonti, che ci basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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La rilettura! Che cosa meravigliosa per scoprire i segreti dei libri. Un po’ come le persone... non è che capisci tutto subito, anzi, non si finisce mai!
I libri belli belli poi ci svelano parti di noi differenti a seconda del momento che stiamo vivendo.
La rilettura è tornare bambini: quante volte chiedevamo che ci venisse raccontata nuovamente una storia? E vi arrabbiavamo pure se dimenticavano una parola 🤭😅
Grazie 🙏🏼