Censura
Linguetta #125 / Le forme di censura possono essere tante, ma sono sempre l'esercizio violento di un potere che vuole imporre alle persone un codice, e così conservarsi.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Qualche tempo fa mi sono fatto arrivare col prestito interbibliotecario un albo illustrato che volevo esplorare e studiare, prima di leggerlo a bambine e bambini.
Si tratta di Denti di ferro scritto da Tina Meroto e illustrato da Maurizio A.C. Quarello, una fiaba che ci porta nel tempo del c’era una volta, dove incontriamo tre fratelli, un bosco misterioso, la casa di una strega dai denti di ferro.
Ad aprirlo ci si imbatte in alcune pagine dove compare, illuminato dalla luce della luna, un muro di ossa umane, che ho trovato scocciate e coperte da un pezzetto di carta (e poi ho liberato).
Non so chi abbia applicato questo pezzo di carta – se un adulto che ha preso il libro in prestito o unə bibliotecariə –, di certo qualcunə che ha trovato disturbanti per bambine e bambini quelle immagini.
Ma ogni forma di censura allontana il mondo.
Quella storia (e le storie in generale) funzionano perché contengono parti che spaventano, parti che hanno a che fare con quel pezzo invisibile e sconosciuto della vita, con la morte di cui nulla sappiamo.
La fiaba è la terra dei maghi, degli orchi, delle streghe, è il luogo che obbedisce alle leggi della natura e dove accade il miracolo della magia.
E accade grazie alla massima libertà d’uso delle parole e delle immagini.
Toglierle e nasconderle equivale a prosciugare della sua linfa questo posto, a svuotarlo del suo senso profondo.
Come capitò (e continua a capitare) con i libri censurati negli Stati Uniti d’America.
Pauroso potere
Oscurare qualcosa o qualcunə significa zittire, significa temere che quello che ha da dire possa sovvertire, rivelare, divertire, comunque piegare lo sguardo e l’attenzione in altre direzioni.
Il potere dell’oscuramento è proprio di chi non ammette che ci siano voci diverse dalla propria.
Lo abbiamo visto a Sanremo – ed ecco che il festival torna ancora dentro Linguetta –, quando Dargen D’Amico e Ghali sono stati confinati nel “posto delle canzonette”, affinché non dicessero.
Ma già successe quando a Sanremo doveva arrivare Massimo Troisi. Nel 1981.
La censura è sempre stato lo strumento più devastante che possiede chi esercita il potere. È censura anche quando quel potere ammutolisce le parole con la forza fisica, facendo diventare legittimi gli atti di violenza.
Ed è sempre la lingua, e l’uso che se ne fa, a mettere in moto e alimentare questo processo, continuando ad esempio a insistere su parole come ordine, sicurezza, controllo.
La lingua nomina e definisce, sempre.
La realtà nominata da chi vive in un margine è temuta da chi ha il potere di nominare, perché le parole fanno proprio questo: rimettono sempre in discussione, e per discutere bisogna essere almeno in due.
La censura riduce il pensiero a essere soltanto uno e immodificabile, opera contro le possibilità, contro il cambiamento, contro il futuro.
Senza rappresentazione
La parola censura viene dal latino censire, cioè quell’atto di registrazione dei cittadini e dei loro beni; ed era compito di una magistratura che già 2.500 anni fa censiva la popolazione.
Proprio di censimento ha parlato
nell’ultima puntata della sua newsletter, riferendo di una scongiurata cancellazione di 10 milioni di persone disabili negli USA. Mi ha colpito molto questa sua frase:La consapevolezza di cosa vuol dire contare, nel senso di essere persone e cittadini che contano, che hanno un peso, come elettorato, è stata fondamentale in questo processo.
Ogni persona conta finché è rappresentata, finché ha lo spazio per dirsi, vedersi, raccontarsi.
La censura agisce proprio lì, levando la possibilità di esistere. Lo ha spiegato benissimo
in un’intervista che le ha fatto il diversity editor della Stampa, Pasquale Quaranta, a proposito del linguaggio inclusivo vietato dal presidente argentino Javier Milei.Ne tiro fuori un pezzetto, perché le parole di Anelli sono limpide e vitali:
Le parole sono il modo che abbiamo noi esseri umani per dare forma al mondo che ci circonda, e se cambia il mondo anche le parole che usiamo cambiano, si aggiornano. Perché la lingua è qualcosa di vivo, mutevole, sempre in cammino […]
Non è vero che i problemi veri sono ben altri, perché dalle parole passa ciò che la società pensa per sé stessa, ma anche ciò che la società vuole, immagina, sogna per sé stessa e per le prossime generazioni.
A chi subisce una censura vengono tolte le parole per parlare.
Il potere che censura controlla in nome della sicurezza di tutte le altre persone, quando sta solo preservando sé stesso.
Vale nelle azioni della politica di un governo, vale nel linguaggio oscuro di un documento, vale nelle storie che ci raccontiamo coi libri.
Allora chiuderei con una frase di Stefano Benni, che anni fa trascrissi su un post-it e sta ancora appesa sull’armadio:
Il mostro dopo la lettura diventa nostro e non fa più paura.
P.S.
Per chi è nei dintorni di Roma, martedì 5 marzo alle ore 18 sarò ospite di Aant (Accademia delle arti e nuove tecnologie) per aprire il ciclo di incontri Parliamone su genere, parole, comunicazione e cose che possiamo fare insieme. Una chiacchierata con
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi che stanno dentro un film: McFarland, USA di Niki Caro. Li ha scritti Josè Cardenas (Jonny Ortiz), uno dei ragazzi allenati da coach Jim White (Kevin Costner) per diventare atleti di corsa campestre, nella prima squadra di atletica mai esistita a McFarland, California, USA. Il film sta su Prime Video, la poesia qua sotto.
Voliamo come merli tra i frutteti
fluttuanti nel vento caldo.
Quando corriamo, la terra è nostra.
Il terreno è nostro.
Parliamo la lingua degli uccelli.
Non siamo più stranieri.
Non più stupidi messicani.
Quando corriamo, le nostre anime volano.
Parliamo con gli dèi.
Quando corriamo, noi siamo gli dèi.
Qui c’è il clip dove sentirla recitata dall’insegnante Maria Marisol (Vanessa Martinez).
📚 Quel 9 maggio 1978
Censurare significa anche occultare le verità, nascondersi dietro l’omertà, asservirsi al potere. Allora il consiglio è per il graphic novel Peppino impastato. Un giullare contro la mafia, scritto da
e disegnato da Lelio Bonaccorso. Una storia a fumetti con un bell’apparato finale che ripercorre cronologicamente tutto quello che è successo a Peppino Impastato, anche dopo quel 9 maggio 1978, quando venne ammazzato su un binario appena fuori Cinisi.🎥 Irreginare
Me l’ha suggerito un’insegnante, che l’ha visto con la sua classe; ho raccolto il suggerimento, l’ho guardato e ve lo rilancio: si tratta di Queen of Katwe di Mira Nair, che racconta la storia vera di Phiona Mutesi, nata in un quartiere povero di Kampala, in Uganda, e diventata una scacchista.
A interpretarla senza mai cedere all’enfasi è la bravissima Madina Nalwanga, e se il film riesce a restituire il senso di comunità che c’è dietro le mosse di Phiona sulla scacchiera, tanto si deve anche alle interpretazioni di Lupita Nyong’o come mamma di Phiona e di David Oyelowo nel ruolo di Robert Katende, suo allenatore. Sta su Disney+.
🗞️ Cognomi per liberarsi
Ogni violenza è anche una censura, perché sottintende l’intenzione di nascondere qualcosa da parte di chi violenta e allo stesso tempo zittisce chi è violentatə. Cose che descrive bene Annalisa Camilli su Internazionale nel pezzo Il cognome di mia madre. Un estratto:
La violenza maschile sulle donne è una caratteristica esclusiva della specie umana ed è indissolubilmente legata all’invenzione del matrimonio e al controllo della sessualità femminile (anche fuori dal matrimonio) come garanzia del riconoscimento dei figli per gli uomini.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Non censuriamo e apriamoci alle voci, al plurale, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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Quel quadratino bianco sull'illustrazione mi ha pietrificata :o
Allora... "Non è vero che i problemi veri sono ben altri, perché dalle parole passa ciò che la società pensa per sé stessa, ma anche ciò che la società vuole, immagina, sogna per sé stessa e per le prossime generazioni." vero ma fino ad un certo punto.
Se hai difficoltà economiche, dubito che te ne freghi qualcosa del linguaggio inclusivo.
Rischiamo di essere percepitə come dei borghesi privilegiati che hanno talmente tanto tempo libero che possono permettersi il lusso di parlare di schwa mentre la gente comune ha contratti a 5 euro l'ora.
E su questo che fa leva la Destra più becera, alla quale chiaramente non gli interessa un tubo di modificare quei contratti scellarati.
Ha senso investire il tempo, il pensiero, post su post su polemiche assurde SOLO su questi temi e non invece sull'enorme scandalo di politiche governative che favoriscono solo la sanità privata?
Non dico di non parlare di linguaggio inclusivo, ma visto che l'attenzione delle persone è quella che è (soprattutto con i mille imput che abbiamo sui social), forse dovremmo investire le nostre energie su lotte che riguardiano le persone vere.
Bella la schwa, ma se l'accesso alla terapia di affermazione di genere è ancora legato alla decisione di un tribunale, della schwa non ce ne facciamo gnente...
Oggi super polemico ed è solo lunedì :D