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Accessi facili
Linguetta #57 / Uno spazio è accessibile quando chiunque riesce a capirlo, leggerlo, usarlo senza sforzi, come accade per il sito web del Comune di Arezzo.

Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Sarà capitato a chiunque di finire almeno una volta sul sito web di un Comune, magari per cercare un documento o un’informazione precisa. Senza però trovarla.
Il problema è che oggi molti comuni non si sono ancora adeguati alle direttive di AGID (Agenzia per l’Italia digitale), come raccontavo nella Linguetta n. 14 dello scorso dicembre, dove trovate anche tutte le informazioni su che cosa sia AGID e a che cosa serva un kit design per i siti web delle pubbliche amministrazioni.
Spoiler: serve a sapere sempre dove cercare un’informazione, al di là delle nostre coordinate geografiche.
In ogni caso, poniamo pure di essere nel mondo di Utopia, con tutti i 7.904 comuni italiani che hanno aggiornato la loro architettura digitale. Basterà?
Spoiler n. 2: naaaaa.
In effetti non serve a niente la tecnologia se dietro non c’è un pensiero che sa organizzarla, gestirla e metterla al servizio di chi la userà. Una tecnologia non è altro che uno strumento, un utensile utile a fare un lavoro, e il lavoro delle pubbliche amministrazioni è quello di riuscire a comunicare nel modo più facile e chiaro possibile con cittadine e cittadini.
Il digitale è un modo diverso e più immediato rispetto a una volta di riuscire a rispondere alle intenzioni della gente. Se lo usiamo male, diventa soltanto un’applicazione maldestra di competenze tecniche.
Trovare l’ago
Avere un sito web rinnovato secondo le linee guida AGID ma ancora gestito come fossimo in un mondo di modem a 56k ha il sapore delle distopie temporali della fantascienza: ci disturba.
Così, cercare lì dentro un’informazione precisa è davvero come ficcarsi dentro il proverbiale pagliaio per ritrovare l’ago perduto. Specie se ci mettiamo a digitare qualcosa nella famigerata maschera di ricerca.
Forse i comuni dovrebbero quasi abolirla, e capire quello che dice l’architetto dell’informazione Luca Rosati:
Searching e browsing sono strategie di ricerca che soddisfano bisogni differenti e richiedono un carico cognitivo differente.
Una precisazione linguistica:
Il searching è quello che siamo abituatə a fare ogni giorno sugli schermi dei nostri pc e dei nostri smartphone, ed è quasi un sinonimo di googlare. Ecco, cercare dentro Google, che però presuppone una cosa: sapere che cosa stiamo cercando e quali parole dobbiamo usare per condurre la ricerca.
Il browsing significa navigare, sfogliare, passare in rassegna un menù; e un menù non è una casella vuota, è fatto da voci pensate da chi ha progettato il sito per guidarci con più facilità e un più basso carico cognitivo.
Se il motore di ricerca interno a un sito web è mal progettato, allora diventa come la porta dell’inferno di Dante: Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate.
Eppure ci sono eccezioni che dovrebbero essere la regola, come il Comune di Arezzo. Ho provato a fare una ricerca generica per “oneri”, cioè una di quelle cose che più interessano i tecnici quando devono redigere una perizia per conto di un privato e che riguardano i corrispettivi dovuti al Comune per costruire o fare lavori di ampliamento e ristrutturazione di un edificio. Risultato: trovato tutto al primo colpo con tanto di tabella dettagliata!
L’esperienza è stata paradisiaca: ho trovato quello che cercavo con il minimo sforzo cognitivo, che è quello che mettiamo sempre in pratica quando cerchiamo o gestiamo un’informazione. A spiegare bene il principio del minimo sforzo è sempre Luca Rosati:
Il principio del minimo sforzo predice che nella ricerca di un’informazione le persone minimizzano lo sforzo per ottenerla, anche se questo significa accettare risorse di minore qualità.
Un principio che non a caso è stato formulato per la prima volta dal linguista George Kingsley Zipf nel 1949, anche se già altrə prima di lui lo avevano studiato.
Perché le scelte del nostro cervello sono prima di tutto scelte linguistiche.
Ingressi senza pensieri
Dietro la progettazione del sito comunale di Arezzo c’è una scelta linguistica che agevola la consultazione, il linguaggio usato è chiaro, schematico, organizzato secondo spazi ben calibrati, soprattutto subito afferrabile. In questo caso la lingua è proprio come una maniglia, perché riesce a condurci dentro una stanza senza dover pensare a come funziona quella maniglia. Fila via tutto liscio, e noi siamo lì felici come Pasque, davanti a quello che cercavamo.
Non è solo la maschera di ricerca ma tutto il sito del Comune di Arezzo a fare un ottimo lavoro, e per capirlo basta guardare come siamo accoltə nella home page.
La prima cosa che balza all’occhio è la pulizia delle informazioni, che sono poche e ben organizzate secondo quattro voci di menù:
Servizi Online che raccoglie tutti i moduli che possiamo trovare;
Chi sei e che cosa cerchi? che si rivolge direttamente a noi, poi segmentando e filtrando le informazioni in base a chi siamo (Cittadino, Impresa, Professionista);
Il Comune e Aree tematiche con delle sottovoci che compaiono a tendina.
Queste ultime due sono sezioni fondamentali, che riguardano la parte interna dell’amministrazione (politica e di funzionamento strutturale) e la parte esterna (quella che serve a cittadine e cittadini). E dentro questi due armadi ci sono tanti cassetti subito estraibili che dicono una cosa in modo lampante: “Aprimi”.
Un invito a portata di mano di chiunque, un inno all’accessibilità.
Una navigazione così concepita consente anche alle persone cieche o con ipovisione di trovare le informazioni in modo facile, scorrendo di voce in voce con il lettore di schermo.
Lo stesso è per la maschera che compare in basso a sinistra (il circoletto blu con la sagoma di un omino bianco), che contiene tutte le regolazioni di accessibilità possibili per navigare a seconda della propria disabilità legata alla vista o della propria neurodiversità (cioè la variabilità tra i sistemi nervosi di ogni essere umano, come spiega Fabrizio Acanfora).
Tutti questi dettagli dicono che il Comune di Arezzo è partito dalla prospettiva del margine, cercando di capire come la disabilità può aiutare a progettare gli spazi in modo diverso.
Significa progettare in modo accessibile, cioè in modo che un luogo, prodotto, servizio, testo sia identificabile, raggiungibile, comprensibile e usabile da chiunque in modo autonomo.
Dice l’esperta di UX content Valentina di Michele in Scrivi e lascia vivere:
Il linguaggio e la scrittura sono accessibili quando sono facili da capire, da leggere, da usare per tutte le persone.
Definiscono una persona tipica rispetto alla quale si propongono alternative di progettazione e sono focalizzati su un risultato: garantire a chiunque di accedere ai contenuti di un sito o un prodotto digitale in modo efficace. Usano norme e standard riconosciuti, e si rivolgono alle disabilità fisiche e cognitive più comuni e diffuse, temporanee o permanenti.
A dare alle pubbliche amministrazioni le linee guida sull’accessibilità digitale è sempre AGID, e dentro ci sono tante cose come:
la formattazione corretta di titoli, sottotitoli, titoli di paragrafo, testo.
link parlanti che ci dicono dove ci porterà il nostro click: al bando i leggi qui, clicca qui, qui, continua a leggere, scarica.
alt text, cioè brevi testi che descrivono le immagini presenti in pagina a chi non può vederle.
font speciali da evitare, perché non vengono interpretati dai lettori di schermo per persone cieche.
emoji da ridurre al minimo (qui il discorso si sposta lato social), perché rendono più difficoltosa la lettura.
Di fatto significa mettere in pratica una scrittura percepibile, utilizzabile, comprensibile e affidabile, come spiega benissimo la freelance copywriter Alice Orrù sempre in Scrivi e lascia vivere, un libro scritto a sei mani insieme a Valentina Di Michele e Andrea Fiacchi: davvero un prezioso manuale per chiunque scriva e progetti, ma direi per tutte le persone, perché aiuta a vedere e orientare le nostre scelte linguistiche.
La lingua è una cosa viva, ha il potere di rendere visibile oppure nascondere cose e persone.
È fatta anche di pregiudizi e privilegi, spesso inconsci. Conoscerla e padroneggiarla ci aiuta a sviluppare nuovi pensieri, quindi a usare nuove parole per descrivere meglio tutto ciò che ci circonda. E pure a farci sorridere di più, magari con il sorriso leggero di Angela Lansbury.
📚 Viaggio nella testa
Parlare di accessibilità mi ha fatto pensare alla porta d’accesso più incredibile a cui ci possiamo trovare di fronte: il nostro cervello.
E c’è una doppietta di libri scritti dal neuroscienziato David Eagleman che consente di esplorarlo in tutti gli anfratti che finora siamo riusciti a capire: uno è Il tuo cervello, la tua storia, per capire come funziona, come ci inganna continuamente e come poterlo usare al meglio; l’altro s’intitola L’intelligenza dinamica e ci porta a vedere come i circuiti del nostro cervello siano in continua evoluzione. Come noi.
Ogni viaggio è anche un viaggio dentro la nostra testa, e questa cosa lo sanno bene scrittrici e scrittori. La letteratura è sempre letteratura di viaggio, soprattutto quando ci porta a figurarci spazi che prima non esistevano. Come succede in uno di quei libri — o meglio, serie di libri — che bisogna solo ringraziare in eterno la sua autrice per averli scritti. In queste settimane sto leggendo il primo insieme ai miei due nipoti più grandi, che sono in quell’età bellissima (7 e 8 anni) in cui la magia è forse più potente. Ma la storia di questo libro riesce a rimanere intatta a ogni età. Sì dai, è quello lì il libro: Harry Potter e la pietra filosofale di J.K. Rowling. Ah, se avete bambini e bambine a cui leggerlo, leggetelo con loro ad alta voce, che la potenza delle cose dette mette davvero in pausa le nostre vite da Babbani.
🎥 Avventure ineguagliabili
C’è un monologo di Will Smith che per me vale il film in cui compare, cioè Sei gradi di separazione di Fred Schepisi (1993). Be’, nel monologo il suo personaggio parla del Giovane Holden di Salinger e della morte dell’immaginazione. Eccolo.
E dentro viene citato uno di quei film che riesce a farci immaginare un sacco di cose, proprio come ci ha insegnato Bruno Munari.
La fantasia l’invenzione la creatività pensano, l’immaginazione vede.
Il film è Il signore degli anelli di Peter Jackson, ed è uno (anzi tre) di quei film dentro cui casco sempre volentieri, in qualsiasi punto, come nei libri di Harry Potter.
Ultimo consiglio di giornata è dedicato a quell’attrice speciale che è stata Angela Lansbury, morta l’11 ottobre a 96 anni. Ce la ricordiamo tuttə come Jessica Fletcher nella Signora in giallo però prima ancora è stata miss Eglantine Price, apprendista strega in grado di cacciare via i nazisti a colpi di magia, e il film è Pomi d’ottone e manici di scopa (1971). Per volare sopra i letti con lei, andate su Disney+.
Un raffreddore acuto mi ha fatto arrivare con mezza giornata di ritardo però alla fine eccoci qua, alla fine della puntata settimanale. Noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Ogni volta che varchiamo porte (reali o virtuali), ricordiamoci che quelle porte devono essere aperte per chiunque, come riesce alle porte dell’immaginazione, che ci mettono sempre cuore. Il vostro di 💖 potete usarlo per dirmi se v’è piaciuta la puntata. Basta una leggera pressione sul pulsante qui sotto.
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Accessi facili
Che onore vedere tante idee venire anche dalla lettura di Scrivi e lascia vivere, grazie mille!