Segnali estesi
Linguetta #132 / Usare il femminile sovraesteso è un gesto linguistico che possiamo fare per evidenziare il sistema patriarcale in cui stiamo e che ancora ci regolamenta.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
La settimana scorsa sono stato a un gruppo di lettura di albi illustrati ed ero l’unico maschio. Quando a un certo punto chi lo animava – prendendo spunto da un libro di cui stavamo parlando – ha chiesto chi fosse sorella maggiore, anch’io ho alzato la mano (pur essendo fratello maggiore).
Non era la prima volta che mi capitava di stare in una situazione del genere, ma ho potuto riprovare quello che provano le donne e tutte le persone che non si riconoscono né nel genere maschile né in quello femminile.
Ho provato una distorsione e un senso di esclusione.
Allo stesso tempo, ho avvertito un senso di giustizia linguistica, che si adeguava alla situazione: dodici donne e un uomo presenti.
Quel senso di non essere comprese all’interno di un insieme linguistico che usa il maschile sovraesteso come consuetudine è la condizione in cui stanno normalmente le donne. E ci stanno per una costrizione patriarcale che ha sempre tenuto l’uomo (e il maschile) come parametro di riferimento.
Può sembrare una sfumatura linguistica, ma sono sempre le parole e l’uso che ne facciamo a determinare come vogliamo che sia la realtà.
La forza dei simboli
A fine marzo l’università di Trento ha comunicato che il regolamento di ateneo è stato redatto usando il femminile per tutte le persone al singolare e al plurale, cioè con il femminile sovraesteso.
Ha preso una posizione, cioè ha fatto quello che facciamo ogni volta che parliamo. E prendere una posizione è importante, serve a bilanciarsi.
Le parole sono politica: riguardano la vita pubblica, sono attivatrici delle azioni che compiamo e ci riguardano come comunità civile.
Le parole del rettore dell’università di Trento, Flavio Deflorian, rendono bene il senso di disagio a cui accennavo prima:
Leggere il documento mi ha colpito. Come uomo mi sono sentito escluso. Questo mi ha fatto molto riflettere sulla sensazione che possono avere le donne quotidianamente quando non si vedono rappresentate nei documenti ufficiali.
Così ho proposto di dare, almeno in questo importante documento, un segnale di discontinuità.
La discontinuità è un’interruzione.
Non è una pretesa di una regola uniforme e uniformatrice, bensì un simbolo. Serve a segnalare un problema, qualcosa che riguarda l’intera comunità linguistica.
Una specie di freccia che indica, che dice dove guardare per trovare soluzioni future e condivise.
Un segnale come può essere lo schwa, che Linguetta usa quasi dagli esordi per rappresentare ogni possibile genere di chi legge. Qui sotto una vecchia puntata in cui ne parlavo.
Essere persone
L’esempio dell’ateneo trentino o l’uso di schwa, asterisco, lettere come “x” e “u” sono tutti simboli usati per fare vedere quello che il sistema ha sempre nascosto.
Ma nascondere con le parole significa nascondere le persone definite da quelle parole.
Certo, i simboli sono rappresentazioni e vanno usati in contesti protetti (come lo spazio di questa newsletter), circoscritti, in cui chi legge condivide quel pensiero.
Consapevoli che i simboli sono strade che possono allargarsi, aperture al cambiamento.
Come succede per il sound designer e podcaster Jonathan Zenti, che nei suoi podcast si è sempre rivolto al suo pubblico con il femminile sovraesteso. Vi linko un episodio dall’ultimo geniale progetto Totale:
Oppure come fa sin dalla prima puntata di
l’autore , rivolgendosi a chi legge con il tu al femminile singolare.Che poi quel femminile è già dentro chiunque di noi, perché siamo persone.
E persona in italiano è una bellissima parola al femminile.
P.S.
Oggi ce l’ho fatta ad arrivare prima della mezzanotte, e anche questo è un bel segnale per Linguetta. Ma non è detto che sia una regola 😄.
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi tratti dal libro Michael Rosen’s A to Z: the best children’s poetry, from Agard to Zephaniah a cura di Michael Rosen. In particolare, ecco la poesia The world in a box di Sophie Hannah (nella traduzione di Ilaria Rigoli per lo Junior Poetry Magazine):
The future’s a box full of after.
An egg is a box full of yolk.
My life is a box full of laughter.
And the world is a box full of folk.
Il futuro è lo scrigno del dopo.
Un uovo è uno scrigno di albume.
La vita è uno scrigno di risa.
E il mondo, uno scrigno di persone.
📚 Scrivere in bianco e nero
Il filosofo Ludwig Wittgenstein diceva che “i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”. Ma quei limiti li possiamo sempre superare espandendo il nostro modo di esprimerci, come capita al fratello di Ludwig, il pianista Paul Wittgenstein. La sua intensa storia l’ho letta nell’albo illustrato Per mano scritto da Sante Bandirali e illustrato da Gloria Tundo.
🎥 Sonata terrestre
RaiPlay è uno di quei contenitori preziosi di cui spesso ci dimentichiamo, a disposizione gratuitamente. Allora vi consiglio un corto di 22 minuti, diretto da Bruno Bozzetto. S’intitola Sapiens?, con quel punto interrogativo che fa pensare tanto a chi siamo come umani rispetto alle altre creature che abitano insieme a noi questo pianeta.
🎧 Sottolineature
Proprio dall’esempio del femminile sovraesteso dell’università di Trento è partita la riflessione della sociolinguista Vera Gheno nell’ultimo episodio del suo Amare parole, dove potete ascoltare (come sempre in maniera precisa ed esaustiva) il senso profondo di quel gesto, partendo dal manifesto sul sessismo nella lingua italiana di Alma Sabatini (1987) fino al libro Fare femminismo di Giulia Siviero.
🗞️ Le mentori
Vi segnalo il bel pezzo scritto per RSI (Radiotelevisione svizzera di lingua italiana) Di mentori, modelli, scelte e rappresentazione, in cui
ragiona attorno alla figura della mentore come qualcosa di ancora minoritario, sia nella vita reale sia nelle opere di finzione.📧 La specie parlante
La newsletter
è una delle piacevoli scoperte del 2024, perché vi porta giù, nel profondo della lingua, per ragionarci e farsi domande. E quando tornate in superficie avrete con voi qualcosa in più, per pensare meglio. Nella puntata Cosa volevi dire? parla proprio di segni, simboli e di come le parole fanno accadere le cose.Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Proviamo a esplorare i confini degli altri generi, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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L'iniziativa dell'Università di Trento mi sembra bellissima come punto di partenza, ma alla fine non risolve molto perché esclude gli uomini. Io uso spesso lo schwa o l'asterisco, ma avevo letto che le persone con disabilità visiva che utilizzano strumenti appositi per leggere fanno più fatica, perché questi strumenti non riescono a decifrare lo schwa o altri segni. Quindi penso ci sia ancora molta strada da fare per trovare una soluzione che sia rispettosa e inclusiva, l'importante però è continuare a lavorarci e andare avanti in questa direzione, che è sicuramente quella giusta!
Ricordo anch'io la sensazione di straniamento ed esclusione che provai quando lessi per la prima volta la notizia e poi il testo del nuovo regolamento di ateneo dell'Università di Trento. A questo proposito devo dire che concordo pienamente con le parole di Flavio Deflorian che hai citato.