Vietato vietare
Linguetta #4 / Messaggi gentili al posto dei divieti fanno quasi tutto in una comunicazione che punta a un’azione fisica, specie nel campo dell’amministrazione pubblica.
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Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Rieccoci qua con un altro volantino, stavolta a cura di una PA (Pubblica Amministrazione) che si lancia nella specialità olimpionica del bando, nel senso di messa al bando (del gioco). Solo uno degli esempi che mi sono trovato a un tiro di schioppo, comunque la prossima volta cercherò di radiografare qualcosa anche in una galassia lontana lontana 😁.
Dicevamo, il volantino.
Quello qui sotto 👇
Se l’avesse fatto il grande Bruno Munari, forse avrebbe scritto una cosa del genere:
VIETATO NON GIOCARE
Comunque avrebbe cercato di sovvertire quel DIVIETO, che mette già uno spazio immenso tra chi lo impone e chi lo subisce.
Si tratta di un volantino trovato fuori da un parco comunale.
Probabilmente il cartello è rivolto agli adolescenti — un indizio ce lo dà il riferimento a calcio e cricket, giochi di squadra che i ragazzi più grandi, immagino, potrebbero praticare con eccessivo fervore agonistico. E immagino sia stato messo proprio per evitare che i ragazzi centrino con una bordata bambini e bambine.
Però il messaggio lì dentro è il riflesso di tre cose:
Vietare è sempre la soluzione più comoda e meno impegnativa.
Il divieto mette in campo naturalmente uno scompenso di potere: chi vieta sta più in alto di chi subisce il divieto.
La veste grafica lascia come al solito a desiderare.
Di fatto una bella sintesi di come non si fa comunicazione.
Ci sono molte amministrazioni comunali — e aziende private — che hanno capito come si comunica bene, creando fra chi parla e chi legge la sintonia necessaria perché ogni messaggio arrivi e sia accolto.
Al cuore di tutto c’è la gentilezza.
E per scrivere un messaggio gentile bastano parole giuste, che creino un senso di comunità. Già, l’opposto del divieto, che innalza subito una barriera.
Che cosa non funziona
Numero uno: la parola DIVIETO in lettere capitali.
Tiriamoci su una bella riga.
Ora vediamo le altre parole usate nel volantino:
→ si vieta di praticare “giochi di qualsiasi genere”.
Quindi: niente giochi. Ma … non è un parco giochi questo?
→ vietati giochi che “possono arrecare disturbo”.
A chi? Disturbo nel senso che il parco è un luogo in cui mantenere un certo grado di silenzio, tipo un’aula studio universitaria?
Arrecare poi è un termine desueto (tanto che i vocabolari lo indicano come ‘non comune’), una di quelle parole burocratesi di cui si fatica a liberarsi e che portano sempre con sé un po’ di ruggine ottocentesca.
→ vietati giochi che “possono procurare danni”.
Di nuovo: a chi/cosa? Danni di che tipo?
Anche procurare danni è un’espressione un po’ vetusta e certo risibile agli occhi del destinatario del volantino.
Veniamo così al punto focale: a chi è rivolto il messaggio?
Come detto, pare che il divieto punti agli adolescenti; in ogni caso, per com’è scritto si rivolge indistintamente a una massa tenuta a obbedire.
Come si poteva scrivere il messaggio
Prima di tutto bisogna tenere conto del contesto: un parco urbano.
O meglio, un parco giochi aperto a tutti: bambini, adolescenti, ragazzi, adulti, genitori, nonni.
Evitiamo il simbolo del divieto sui palloni, che è come una freccia scoccata da chi forse ha scordato d’essere stato bambino, bambina, ragazzo o ragazza, cioè esseri umani con una cosa sola nel proprio orizzonte: il gioco.
Poi, rivolgiamoci in maniera calda al nostro pubblico, facciamogli sentire che siamo vicini, che una soluzione è sempre a portata di mano.
Facciamo sentire la nostra voce, diventiamo un cartello parlante.
Tipo così:
Ehi, ciao! Bello ‘sto parco, vero?
Ci possiamo stare tutti: piccoli, giovani, adulti, anziani.
Tutti.Ed è fatto non solo dai giochi, gli alberi, il prato, le panchine, i cestini.
È fatto soprattutto da te, sì proprio tu.
Il parco è le persone che lo abitano.Ci piacerebbe avere più spazio per fare giocare tutti con palle e palline, ma ahinoi non siamo il Central Park di New York. Se vuoi fare due palleggi vicino all’area cani, no problem; ma le partite nel resto del parco, lasciamole ai più piccoli.
Grazie per essere un abitante del parco Tal dei Tali.
Se vuoi segnalarci cose fuori posto o vuoi farci proposte, scrivici pure a info@parcotaldeitali.it. Ogni consiglio è bene accetto.
La gentilezza e il rischio sono due princìpi educativi fondamentali: una avvicina naturalmente le persone, l’altra le responsabilizza.
Persone gentili e responsabili avranno cura delle cose, anche di un parco, perché lo sentiranno un po’ loro.
E tramonterà naturalmente qualsiasi necessità di vietare.
Ci leggiamo alla prossima Linguetta!