Unicità
Linguetta #97 / Essere sé stessə non è sempre facile, perché tuttə siamo fattə di un sacco di cose diverse. Per convivere con le altre persone serve cercare somiglianze.

Ehilà, eccomi, con una nuova Linguetta!
Una ventina di minuti dopo l’inizio di Guardiani della galassia, quella che ancora non sa che diventerà una banda (anzi, una famiglia) viene condotta in manette all’interno della prigione di Xandar: si tratta del quartetto composto da Star-Lord (Chris Pratt), Gamora (Zoe Saldaña), Groot (Vin Diesel) e Rocket (Bradley Cooper).
E mentre i quattro camminano, c’è questo dialogo fra Star-Lord e Rocket:
Star-Lord: Non sai quanta gente ha cercato di uccidermi in questi anni; sta’ pur certo che non ci riusciranno un albero e un procione parlante.
Rocket: Cos’è un procione?
Star-Lord: Cos’è un procione? È quello che sei tu, stupido.
Rocket: Non esiste niente come me, tranne me!
Ecco, un procione cibernetico con la battuta sempre pronta e apparentemente insensibile a ogni forma di empatia pronuncia questa brevissima frase che, a lasciarla depositare piano piano, basterebbe da sola per mettere quiete fra i desideri contrastanti di ognunə di noi.
Dice un sacco di cose quella linea di battuta su come, quello che siamo, lo siamo noi e noi soltanto; dice che noi siamo quello che sentiamo di essere, dice soprattutto che le parole che gli altri usano ci definiscono, spesso senza cogliere lo spettro della nostra identità.
Identità è una parola che tendiamo a vedere come un monolite, in realtà la sua essenza sta nella permeabilità, nell’essere fluida e molteplice.
L’identità è un processo.
È vero che l’identità presuppone che ci sia qualcunə da cui distinguerci, ma allo stesso tempo è avere qualcunə con cui confrontarci. Nessuna identità potrebbe esistere senza la presenza di almeno un’altra persona, diversamente saremmo solo boe alla deriva nell’oceano.
Io sono molti
Dentro al chi sono ci sono cose che cambiano in ogni momento, anche perché l’io è prodotto dell’esperienza vissuta e contiene pezzi in continua costruzione.
Dice il professore di Antropologia culturale Francesco Remotti:
L’io è un “molti” parzialmente unificato. Infatti, proprio in quanto è “molti”, l’io ha bisogno non di annullare la molteplicità, ma di organizzarla in qualche modo, di ridurla in qualche misura.
Tante parti diverse dentro la stessa persona, che diventa così una composizione unica. E questa cosa ha a che fare con la parola, che ci abita fin da quando abbiamo sviluppato la capacità di dirla e di scriverla.
Lo racconta benissimo il copywriter Doriano Zurlo in un libro che s’intitola Con le parole si fanno i miracoli, parlando dell’àlef, che è la prima lettera dell’alfabeto ma è soprattutto “il rumore provocato dalla brusca apertura delle pliche vocali, che si produce quando pronunciamo una parola che inizia per vocale o quando emettiamo una vocale isolata […] Quel suonino quasi impercettibile che rimane appiccicato alla a di Adamo o alla e di Eva” — fate una prova pronunciando ad alta voce le vocali, e percepitelo quel suonino che le precede. Ancora Zurlo:
Con àlef inizia l’avventura della voce […]
Ma àlef non è solo una lettera, è il numero fondamentale, da cui derivano tutti gli altri. Le lettere venivano impiegate anche come cifre, per cui àlef vale uno, e uno, in semitico, vuol dire Dio, principio, inizio, forza, soffio vitale, unità primordiale che contiene in sé tutte le cose, ma anche irripetibilità di ogni essere umano, valore imprescindibile dell’uno che in ogni persona, di ieri, oggi o domani, si esprime.
Siamo irripetibili nelle nostre unicità.
Per chiunque vale quello che accade quando i genitori dei pinguini reali tornano dal mare antartico per portare cibo al proprio piccolo: lui o lei se ne sta lì sulla spiaggia, confusə ad altre migliaia di pinguini. Allora, per ritrovarlə i genitori fanno una cosa: si mettono in ascolto del suo richiamo, perché ogni voce ha un timbro perfettamente riconoscibile.
La voce e la lingua ci aiutano a nominare l’unicità di ciascunə di noi, e quando sentiamo che una definizione non si allinea con quello che siamo, allora possiamo anche esercitare la carità interpretativa, che Il Post spiega in un dettagliato articolo.
Di fatto significa darci la possibilità che l’altra persona non abbia fatto apposta a sbagliare o non abbia fatto apposta a dimostrare di non sapere, allontanando così le situazioni di scontro frontale.
Ciascunə è unicə e contiene moltitudini, rendersene conto vuol dire capirsi, o quanto meno fare un passo per comprendersi.
Come succede nel film Nimona, che è tratto dall’omonimo graphic novel del fumettista
. Nimona è una ragazzina, ed è anche una mutaforma.Ci sono tre brevi dialoghi che avvengono tra Ballister, cavaliere esiliato dal regno, e appunto la giovane e misteriosa Nimona:
Ballister: Mutare forma fa male?
Nimona: No, cambio forma e sono libera.
Ballister: E se non cambi forma?
Nimona: Non credo che morirei però di sicuro non vivrei.Nimona: Una volta che ti vedono come cattivo, è quello che sei. Ti vedono solo in un modo, per quanto tu possa provarci.
Ballister: Che cosa sei?
Nimona: Sono Nimona.
L’ultima battuta fa eco a quella di Rocket che ho riportato all’inizio della puntata. Noi tendiamo ad appiccicare etichette e inquadrare le altre persone, vedendole come sineddochi umane: una parte per il tutto.
Ma il tutto è molto di più, il tutto è l’uno.
Quell’uno composito che è ognunə di noi funziona se riusciamo a fare convivere le differenze, come ripete sempre Fabrizio Acanfora. Cioè se riusciamo a vedere nelle altre persone le somiglianze, mettendo da parte i concetti di ‘identità’ e ‘alterità’ percepiti come blocchi inscalfibili.
Sembra un paradosso ma l’unicità di una persona sta dentro le similarità con le altre persone.
Che poi è il principio di ogni comunità, riuscire a dire noi.
P.S.
Come avevo annunciato la scorsa volta, è facile che Linguetta faccia un salto in lungo oltre il Ferragosto, magari con qualcosa di breve e diverso dal solito. A presto!
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi della poeta Chandra Livia Candiani, tratti dalla raccolta di pensieri e meditazioni Il silenzio è cosa viva.
L’attesa ardente
“Sai aspettare?”
”So bruciare”.
”Fino alle braci?”
”Fino alle braci”.
”È perfetto”.
📚 Saggezza mista
La citazione di Francesco Remotti è tratta dal suo libro Somiglianze. Una via per la convivenza. Si tratta di un saggio corposo, ma aiuta tanto a fare girare le rotelline nel cervello, a passare ai raggi X concetti come identità, alterità, diversità, cercando di capire come riusciamo a esistere reciprocamente grazie a un principio di similarità.
Un altro testo che ho citato e che consiglio (anche se non l’ho ancora finito) è quello di Doriano Zurlo Con le parole si fanno i miracoli, perché anche lui ci aiuta a smontare la lingua nei suoi elementi essenziali per capire come questa ci abbia consentito di assemblarci, fisicamente e mentalmente. È un saggio denso che connette tante materie imperniate sul calibrato uso della parola: linguistica, pubblicità, retorica, letteratura.
Oggi è la giornata dei saggi, quindi vado con il terzo e ultimo consiglio: Questa non è la mia faccia di Neil Gaiman. E per descriverlo non saprei usare parole migliori del sottotitolo: Saggi sparsi su leggere, scrivere, sognare e su un mucchio di altra roba.
🎥 Inattese famiglie
Come per i libri, anche qui vado con i film che ho citato nella puntata:
La trilogia dei Guardiani della galassia, perché era da tempo che non ridevo così di gusto per delle battute in un film, nella fattispecie quando a dirle è Drax (Dave Bautista). Divertimento, un po’ di azione alla Marvel, ma pure una bella immersione nelle canzoni anni ’80, ’90 e 2000. Sta su Disney+.
L’altro è Nimona, un cartone animato che ho visto coi miei nipoti e che se avete piccoli dai 7 anni in su, è perfetto. A Nimona ci si affeziona dal primo secondo, così come all’ambientazione medievale futuristica. E le cose che il film riesce a tenere dentro con un ritmo scoppiettante sono davvero tante: unicità, amicizia, identità, amore, cambiamenti. Sta su Netflix.
🎧 Audio agostani
Due segnalazioni di podcast che ad agosto non vanno in vacanza, anzi vanno in onda tutti i giorni.
La prima è per Estadeli, cioè lo spin-off di Problemi Deli che era lo spin-off di Problemi che comunque è sempre pensato, scritto, registrato, montato e raccontato da Jonathan Zenti. L’occasione giornaliera per ragionare attorno a cose diverse, prendendo spunto da una notizia recente. In questo caso vi linko la puntata in cui parla di due incidenti automobilistici avvenuti pochi giorni fa a Milano e Verona, portando però il ragionamento oltre, cioè su come deve cambiare (soprattutto nella testa delle persone) la mobilità urbana.
Secondo consiglio è per la terza stagione di Verde Speranza di
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Proviamo sempre a rispettare l’unicità di chiunque, anche quando fatichiamo a capire: quello che ci basta è usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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stupenda l'unicità di questo blog
Proprio ieri sera ho visto Nimona – un film che mi è piaciuto tantissimo – e oggi la ritrovo nella tua newsletter 😍
Mi ha molto emozionata il fatto che i film per l'infanzia oggi possano essere portatori di messaggi così sfaccettati, attuali e pluriformi, è una bella iniezione di speranza!