Tuttə falliamo, nessunə fallisce
Linguetta #83 / Ogni azione, progetto, discorso, lavoro che facciamo è fatto (anche) di piccoli fallimenti e sconfitte, che però non sono l'orizzonte che ci descrive e determina.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Premessa.
I Milwaukee Bucks hanno dominato la regular season NBA, erano la squadra da battere anche ai playoff, eppure sono stati eliminati subito dai Miami Heat.
In conferenza stampa un giornalista ha chiesto alla stella dei Bucks, Giannis Antetokounmpo: “Vedi questa stagione come un fallimento?”.
Giannis Antetokounmpo ha risposto: “Non devi sempre vincere. Vincono anche gli altri. E quest’anno vincerà qualcun altro”.
☞ Per farsi un’idea più precisa è meglio vedere il video completo: dura 1’20’’ e si trova coi sottotitoli in italiano sul profilo twitter di OverTime Storie a Spicchi.
“È sbagliata la domanda, nello sport non c’è il fallimento”, dice Antetokounmpo. Ed è qui che quest’episodio sportivo s’intreccia alla riflessione linguistica.
Dietro la parola fallimento si nasconde la società della performance, della competitività. Il tragitto di chi guarda solo e sempre il risultato raggiunto, senza vedere il cammino che ci sta nel mezzo.
E nel mezzo ci sono (anche) gli errori, gli inciampi, le sconfitte, i tanti piccoli fallimenti. Perché fallimento non è — come tutte le altre parole della lingua — qualcosa da cancellare; piuttosto è il suo contrario infallibile quello da temere, perché tuttə falliamo, costantemente.
La differenza sta qui, nell’accettare i fallimenti lungo il percorso e nel non fare coincidere il percorso intero con un fallimento, solo perché la meta (risultato, obiettivo, o come la vogliamo chiamare) non è stata raggiunta.
Sarebbe come ridurre una persona a una sua sola caratteristica.
Ed è proprio lì che falliamo linguisticamente, quando rinchiudiamo qualcunə dentro una sola parola, un aggettivo, un sostantivo.
Le parole di Giannis Antetokounmpo dicono che la vittoria, e la vittoria sportiva soprattutto, non dipende soltanto da noi, ma deve confrontarsi con un sacco di altri fattori: avversari, infortuni, staff tecnico, fortuna.
Parlare di fallimento in modo totalizzante avvelena l’umanità, perché riduce tutto alla logica del profitto.
Anche se dietro (alcuni) sport girano tanti, troppi soldi, lo sport è e rimane un gioco. Ed è l’esempio più bello che come esseri umani siamo riusciti a inventare per darci la possibilità di sfidarci, gioire, divertirci, piangere, vincere, perdere, vivere.
Lo sport è un confronto, e spesso riesce a regalare cose come questa qui sotto: finale per il titolo italiano Under 23 di spada femminile, con Emilia Rossatti che trasforma la sconfitta contro Gaia Traditi nella più bella vittoria: Traditi vince la partita, ma il gesto di Rossatti è un regalo immenso, per tuttə.
Un attimo di silenzio
Ogni parola (o gesto) che usiamo fa la differenza, e la fanno ancora di più i silenzi.
Spesso quello che ci manca è riuscire a stare in silenzio, esitare nel dire qualcosa, non volere occupare uno spazio soltanto perché c’è.
La parola silenzio è di origine indoeuropea ed è arrivata in italiano dal latino silĕntiu(m), derivato dall’aggettivo sĭlens, genitivo silĕntis, participio presente di silēre ‘tacere’.
Con il silenzio sentiamo più in profondità, ci prendiamo il tempo di non reagire in maniera istantanea a uno stimolo.
Quello che ci fa fare il silenzio è sospendere il giudizio, ritirarci dentro la nostra testa per pensare, fare entrare in gioco il Sistema 2 (razionale) invece del Sistema 1 (istintivo) di cui parla Daniel Kahneman in Pensieri lenti e veloci.
Che poi è quello che diceva la mia maestra delle elementari:
Prima di parlare, pensate tre volte.
Il silenzio è una specie di antidoto all’infallibilità, perché la certezza di non errare è l’unica cosa fisicamente impossibile.
Il silenzio fra le parole ci consente di esitare, di sbagliare, di non giudicare (o quanto meno differire il giudizio). Serve soprattutto ad ascoltarci, quindi ad ascoltare.
E quando riusciamo ad ascoltare davvero, be’ allora riusciamo a misurare ogni parola che usiamo, perché sappiamo che ogni parola ha un peso specifico diverso.
Silenzio e ascolto servono anche a fallire ma a non essere un fallimento né a spargere in giro etichette di fallimento.
P.S.
L’ho rifatto, sono saltato avanti di un giorno. Stavolta come una cavalletta, che ho scoperto che zilla.
🖊️ Inversi
Una filastrocca corta corta di Bruno Tognolini, dalla raccolta Rima rimani. Consiglio sempre di leggere ad alta voce, magari qui usando pure le mani come un bellissimo lupo che ulula in una notte di luna piena.
Filastrocca lupa
Ululava l’ululupo
Sulla punta d’un dirupo
Sulla punta d’una duna
Ululava all’ululuna
📚 Un libro piccolino
L’ho portato in un gruppo di lettura, si presta a essere letto a qualsiasi età perché l’ironia e la lettura nascosta della società funzionano a diversi livelli. L’ha scritto Terry Pratchett, è il primo di una trilogia, è Il piccolo popolo dei grandi magazzini. Cioè i niomi: proprio così, con quel nome che ci fa pensare subito a un errore, a un tradimento rispetto alla parola gnomi; e che allo stesso tempo tempo rimanda immediatamente al potere della nominazione. Un estratto dalla parte finale:
Una volta che ti sei impadronito di un nome, hai qualcosa che puoi usare — pressappoco — a mo’ di leva.
📰 Accorciarsi
Viene citato un sacco di volte (e mi sa che lo userò anch’io prossimamente per una formazione), ma ogni volta che lo leggo o che ci penso provo un brivido: è il racconto Il dinosauro di Augusto Monterroso. Fa così:
Cuando despertó, el dinosaurio todavía estaba allí. [originale[
Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì. [italiano]
Il pezzo che ne parla e che parla della scrittura condensata di Monterroso sta sul Tascabile e s’intitola Il racconto più breve di sempre. Bellissimo.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Ricordiamoci che possiamo inciampare, sbagliare, fallire ma che non coincidiamo con il fallimento, e ricordiamocelo anche quando ci rivolgiamo alle altre persone: basta il 💖, lo stesso che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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adoro la Filastrocca lupa
Questa settimana hai toccato praticamente ogni tema che - personalmente - mi è caro e mi ha coinvolto. E non potrei che essere più d’accordo riguardo al fatto che conta il percorso e che il silenzio è più importante della parola. O che il silenzio è la parola più potente. Grazie