Sussurro
Linguetta #155 / Le parole sussurrate ci ricordano che la distanza fra persone si può annullare, perché conteniamo le tonalità creative proprie dei suoni onomatopeici.

Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Quest’estate, la mattina del mio compleanno, uno dei miei nipoti mi ha mandato questo vocale col cellulare di suo papà:
Ciao zio Andrea, come stai? Io bene, anche te?
Buon compleanno per oggi.
Soltanto che sussurrava.
Ecco lo scambio vocale con mio nipote.
Poi ho chiesto a mio fratello se a casa stessero ancora dormendo all’ora del vocale, e mi ha detto:
No, Flavio parla sempre così al mattino.
Un po’ come se le prime ore del giorno fossero un sussurro di possibilità, un abbraccio per la voce, che si sta svegliando.
Mi è sempre piaciuta la parola sussurro, perché contiene la forza di tutte le parole onomatopeiche.
E l’onomatopea è una specie di seme del linguaggio, suoni che come umani abbiamo percepito, conservato e trascritto in un susseguirsi di lettere che formano un senso.
L’etimologia dice che onomatopea viene dal greco onomatopoiìa, composto da onoma ‘nome’ e poieo ‘io faccio’.
Io creo un nome.
È una cosa che va all’origine della nostra specie di esseri onomaturghi, inventori di nomi con cui informare il mondo circostante.
Una forza sottile
Il sussurro lo usiamo quando la distanza tra noi e chi ci ascolta è breve: quando dobbiamo dire un segreto a qualcunə, quando siamo in una relazione più intima con una persona, quando vogliamo creare un’atmosfera di confidenza.
Il sussurro fa sentire di più le cose.
È esile ma riesce talvolta a farsi più spesso di un grido, e ce la fa perché è segno di un atto di fiducia tra chi dice e chi ascolta, perché non ha bisogno di imporsi ma agisce sullo stesso piano di comunicazione.
Con il sussurro parliamo alle altre persone, ma serve soprattutto a parlare a noi stessə, ad ascoltare meglio la nostra voce.
Spesso è proprio nello stato di quiete mattutino (o notturno) che sussurriamo, come ha fatto mio nipote nel vocale: in quel momento la voce è riposata, calma e non vuole spezzare l’incantesimo del silenzio.
Il sussurro è un prolungamento della dimensione notturna.
E anche nella forma delle lettere che lo compongono c’è il riflesso della notte, con quel ripetersi della sibilante S che striscia come strisciano i sogni nella nostra testa, e poi il ritornare della buia vocale U, che è un po’ la vocale dell’ignoto e del mistero.
Queste zone d’ombra del sussurro non si incontrano casualmente con la doppia R, una consonante difficile da governare, che bambini e bambine solitamente riescono a imparare per ultima: per fare la R la lingua deve essere molto morbida sotto il palato e poi la punta deve lasciarsi andare, muovendosi sotto un punto preciso del palato.
La R è una lettera vitale, che fa movimento – una specie di sussulto nel sussurro –, che poi s’infila nella O che sfuma nell’indistinto.
Sussurrare ci ricorda che siamo corpi che suonano, e che in ogni parola c’è materia a cui prestare attenzione.
Raccordi
Lo scorso anno, nella discussione in un gruppo di lettura attorno a un libro horror, una ragazza di seconda media mi disse che una delle cose che le faceva più paura era quando le persone le gridavano qualcosa, quando alzavano la voce.
Sovrastare con la voce è una forma di potere autoritario, significa non riuscire ad aspettare le ragioni dell’altra persona e sentire solo l’eco della propria voce.
Non è facile stare ad ascoltare, serve allenarsi continuamente. Un suggerimento su come fare però ce lo portiamo dentro con il sussurro, che è stretto parente di altre due bellissime parole onomatopeiche:
Il mormorio e il bisbiglio, capaci di fare un rumore assordante.
Come nella scena del film The Interpreter, quando Zuwanie (Earl Cameron) lo ricorda a sé stesso, incalzato da Silvia Broome (Nicole Kidman).
Le parole che diciamo possono fare un sacco di cose, nella loro consistenza e nelle loro sfumature tonali.
Accorgersi che conteniamo questo spettro di possibilità ci consente di misurare meglio lo spazio tra noi e le altre persone, di sentire la corporeità che sta nelle parole.
E a volte basta solo un sussurro.
P.S.
Puntata breve, ma intensa come un sussurro, che ora si allunga qui per ricordarvi che il 3 e 4 ottobre c’è il DiParola Festival a L’Aquila, primo evento in Italia dedicato a comunicazione chiara e semplificazione del linguaggio, che quest’anno ha per tema la precisione.
Partecipare al festival è gratuito, in presenza oppure in streaming, e ci si può ancora iscrivere. Io sarò ospite giovedì 3 ottobre (ore 14.45) con un intervento che s’intitola Lucidare le parole. Qui il programma completo.
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi di Pierluigi Cappello, di cui Rizzoli ha appena stampato una raccolta di tutte le opere che s’intitola Come un sentiero di matita. Poesie, prose, interventi. Ecco una poesia in quattro versi.
Azzurro elementare
E c’è che vorrei il cielo elementare
azzurro come i mari degli atlanti
la tersità di un indice che indica
questa è la terra, il blu che vedi è mare.
📚 Sorprendenti silenzi
C’è un libro a figure con cui ci si muove piano piano, nella notte, parlando a bassa voce per non svegliare nonno e nonna, in un crescendo di assurdità in rima. È In punta di piedi, scritto da Christine Schneider, illustrato da Hervé Pinel, tradotto da Rosa Chefiuta.
Di parole che suonano come sussurri ce ne sono tante, fra queste la parola che dà il titolo a un libro senza parole che unisce scatti e grafite: Miramuri, cioè un dialogo a ogni doppia pagina tra una fotografia di Massimiliano Tappari e un’illustrazione di Alessandro Sanna. Un inno alle storie nascoste tra le crepe dei muri, un visibilio per chi ama la pareidolia.
🎥 Doppia avventura
Soprattutto se avete modo di guardarli con dei piccoli, il consiglio è per due cortometraggi (26 minuti ciascuno) che hanno la delicatezza del sussurro.
Sono entrambi tratti da due libri di Quentin Blake: si tratta di Zagazoo e Jack e Nancy, sceneggiati da Massimo Fenati e co-diretti insieme a Gerrit Bekers. Si vedono su RaiPlay.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Ricordiamoci dei sussurri che portiamo dentro per accorciare le distanze, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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Bellissima puntata...anche ə miə figlə detestano chi parla in toni alti... soprattutto la mattina. E poi sussurrare richiede una attenzione particolare di chi ascolta, quindi permette di fare la differenza tra chi ti ascolta e chi ti sente
Che amorezza 🤍