Silenzio parlante
Linguetta #29 / Dentro il frastuono della comunicazione online il potere del silenzio è immenso, ed esercitarlo serve molto spesso a vedere le cose con più lucidità.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Era un po’ che ci pensavo e il gancio me l’hanno dato un pezzo di Vera Gheno e una puntata del podcast Tienimi Bordone.
Quello che volevo fare era parlare del silenzio.
I testi, le conversazioni, i discorsi, ogni cosa che scriviamo o diciamo è fatta anche e soprattutto dai silenzi fra le parole. Sono quelle pause che le fanno funzionare, che danno spessore e intenzione alle parole.
Provate a parlare senza fermarvi mai, senza tirare il fiato; oppure a scrivere un testo come un lunghissimo flusso di coscienza senza punteggiatura né spazi. Mission: Impossible.
Eppure sembra che facciamo di tutto per sradicarlo dalle nostre scritture quotidiane, il silenzio.
Gancio n° 1
Come dicevo, me l’ha ricordato una riflessione di Vera Gheno dentro la newsletter mensile Piombi a cura dell’associazione culturale Closer.
Cosa ci spinge a dire la nostra sempre e a ogni costo? Quanto dobbiamo sentirci speciali per ritenere imprescindibili le nostre parole? Il silenzio è sempre una valida alternativa comunicativa; ricco a sua volta di possibili significati, quando invece è spesso visto come sua assenza.
La parola silenzio è di origina indoeuropea ed è arrivata in italiano dal latino silĕntiu(m), derivato dall’aggettivo sĭlens, genitivo silĕntis, participio presente di silēre ‘tacere’.
Gancio n° 2
Matteo Bordone tiene un podcast quotidiano nell’app del Post (potete sentirla solo se siete abbonatə) e credo sia il miglior contributo audio che ascolto regolarmente, l’unico che sento sempre con trasporto, anche perché parla delle cose più disparate con equilibrio, ironia, informalità, competenza. Insomma, di più nin zo, come diceva Martufello.
Comunque, la puntata del 30 marzo di Tienimi Bordone s’intitola 10 ragioni per cui preferirei non parlare della scenata di Will Smith.
E veniamo al punto: non parlare di Will Smith e del pugno che ha rifilato a Chris Rock in diretta mondiale alla cerimonia degli Oscar. Cito Will Smith perché è solo l’ultimo episodio in ordine di tempo attorno al quale in rete (e non solo) ci si è schierati. Il che mi ha fatto venire in mente quello che ha scritto proprio Matteo Bordone nel volume collettivo Non si può più dire niente uscito lo scorso 8 marzo per UTET.
È un bisogno diffuso di occuparsi di quello che è giusto e quello che è sbagliato, farlo in modo perentorio davanti a tutti, meglio se con una certa fermezza inamovibile.
Fermarsi per ascoltare di più
Il silenzio serve a dire le cose in maniera più intensa, più eloquente.
È come quando diciamo a una persona “Ti amo”: non lo facciamo in maniera frettolosa, ma facciamo una pausa perché quello che stiamo per dire è una cosa importante, è una cosa grandissima.
La pausa sottolinea un cambiamento.
Con il silenzio sentiamo più in profondità, ci prendiamo il tempo di non reagire in maniera istantanea a uno stimolo.
Quello che ci fa fare il silenzio è sospendere il giudizio, ritirarci dentro la nostra testa per pensare, fare entrare in gioco il Sistema 2 (razionale) invece del Sistema 1 (istintivo) di cui parla Daniel Kahneman in Pensieri lenti e veloci.
Che poi è quello che ci diceva la mia maestra delle elementari:
Prima di parlare, pensate tre volte.
Fermarsi, fare una pausa.
Come quando si legge una storia ad alta voce a un gruppo di bambinə, allora tutti i ritmi narrativi contano:
normale
veloce
lento
Ma quello che conta più di tutti è il ritmo 0, il ritmo del silenzio. L’ho imparato dall’attore e lettore Alfonso Cuccurullo.
La parte più intensa di una lettura è quando il lettore non legge.
Il silenzio è come la frizione di un’auto: ci consente di sospendere la marcia e imprimere un altro ritmo alla nostra andatura.
In conclusione
E così siamo alla fine di questa Linguetta silenziosa, e interlocutoria se volete; ma a volte fermarsi e prendersi una pausa aiuta a vedere meglio le cose.
Però lascio chiudere ancora a Vera Gheno, che rispetto alle tante situazioni in cui praticare il silenzio dice:
Spesso la scelta del silenzio è la più intelligente: dal punto di vista di una specie di ecologia della comunicazione corrisponde a non spargere “cartacce comunicative” attorno a noi.
Mi piace molto quest’immagine verde della parola.
Buon silenzio a tuttə!
📚 Pilettina
Visto che ho parlato di silenzio, il consiglio anche per i grandi è di entrare in una biblioteca o in una libreria indipendente e dirigersi verso l’area dedicata all’infanzia. E chiedere o cercare i silent book, che come dice la parola stessa sono libri silenziosi, fatti solo di figure ma se ben congegnati in grado di raccontare con grande potenza evocativa.
Rimanendo in zona letteratura per l’infanzia, vi suggerisco un libro che saprà sorprendere a ogni età (niente spoiler, vi rovinerei la sorpresa). L’ha scritto la bravissima Silvia Vecchini e s’intitola La mia invenzione.
Il secondo consiglio invece è il romanzo Zona di Mathias Énard, ambientato sul vagone di un treno che va da Milano a Roma, eppure capace di spaziare tra ricordi e associazioni lontanissime grazie al racconto del protagonista Francis Servain Mirković. Ah, è scritto come se fosse un’unica lunghissima frase, senza punteggiatura 😜.
E ribadisco un vecchio suggerimento: l’ultimo libro di Vera Gheno Le ragioni del dubbio. L’arte di usare le parole. Per riflettere sulle parole che mettiamo in circolazione e dubitare delle nostre certezze, collegando dubbio e riflessione con un collante fortissimo: il silenzio.
Ora mi zittisco, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
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