Potere alle donne
Linguetta #76 / Ogni parola conta per cambiare il racconto del mondo, anche dire Giornata invece che Festa: serve a ricordare che l'8 marzo è una questione di diritti.

Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Fin da bambino sono cresciuto seguendo l’abitudine che ogni 8 marzo andava celebrato con un mazzo di mimose da regalare alle donne (che a casa mia erano mia mamma e mia sorella), perché l’8 marzo era la Festa della donna.
Come una delle altre festività che riempiono il calendario, glorificata dal gesto di regalare fiori da parte di chi è nato maschio verso chi è femmina. Una sorta di concessione, dunque.
Eppure con questa concessione significa che ci mettiamo (uomini) in una posizione superiore rispetto a chi beneficia della concessione (donne).
Lo scompenso sta sempre nelle parole.
Anche nella parola festa.
L’8 marzo nasce in tutto il mondo come Giornata internazionale della donna per chiedere il diritto al voto e alcune rivendicazioni sindacali, come racconta con la consueta puntualità Il Post — che ormai è diventato il mio motore di ricerca per trovare spiegazioni autorevoli alle cose.
Il valore della giornata è dunque politico, è cioè una cosa che riguarda tutte le persone all’interno di una comunità civile.
Riconoscere
I diritti non vanno dati, vanno riconosciuti.
Ogni anno l’8 marzo può aiutarci a fare un controllo nel processo di affermazione di un diritto, che per le donne rimane (paradossalmente) ancora una richiesta.
Per farlo serve sgombrare il terreno da tante espressioni di uso comune, che riflettono un pensiero di parte (maschile).
Sul profilo facebook della sociolinguista Vera Gheno c’è l’intero catalogo, da cui estraggo alcune di queste espressioni:
Un papà che sta con i figli è un papà, non un mammo.
Una donna al volante è una donna al volante, non un pericolo costante.
Una donna che lavora è una donna che lavora, non una che trascura la famiglia.
Una donna che urla durante una lite è una donna arrabbiata, non un’isterica.
Una donna che vive da sola è una donna che vive da sola, non una zitella.
Una donna con figli è una donna con figli, non una Donna con la D maiuscola.
Una donna senza figli è una donna senza figli, non una madre mancata.
Una femminista è una donna che desidera una società senza iniquità sociali, non una “che ce l’ha con gli uomini”.
Una professoressa è una professoressa, un’avvocata è un’avvocata, una medica è una medica, un’ingegnera è un’ingegnera, una giudice è una giudice, una dottoressa è una dottoressa, non una “signora”.
Una ragazzina a cui piace vestirsi comoda è una ragazzina a cui piace vestirsi comoda, non un maschiaccio.
Le parole definiscono sempre: persone, cose, atteggiamenti, abitudini. Usarle senza pensare alle azioni che determinano significa perpetuare un potere del maschile e di quel sistema patriarcale che lo fonda.
E se il patriarcato è un sistema di rapporti sociali, il sessismo è l’insieme di tattiche che servono a mantenerlo, cioè gabbie.
Usare bene le parole diventa un esercizio di libertà e rispetto.
Una giornata per cambiare
Perciò l’8 marzo è una data che dovrebbe diventare un’occasione per capire a che punto del processo di trasformazione siamo, anno dopo anno.
E ha sempre a che fare con il cambiamento della società, che influenza (ed è influenzata) dalla lingua.
Così, dire Giornata internazionale della donna piuttosto che Festa della donna sposta il discorso dall’omaggio al riconoscimento. E riconoscere vuole dire vedere, in questo caso rendersi conto di un sistema.
Passare dal dire auguri al dire scusa.
Senza per questo cancellare il simbolo (anche se solo italiano), cioè la mimosa: un fiore scelto dall’ex partigiana Teresa Mattei e da altre persone appartenenti al Partito Comunista perché era un fiore alla portata economica di chiunque.
Lascerei la chiusura a una risposta che proprio Teresa Mattei diede a un deputato liberale rispetto alla parità tra uomini e donne all’interno della magistratura:
Deputato: “Signorina, ma lei lo sa che in certi giorni del mese le donne non ragionano?”
Teresa Mattei: “Ci sono uomini che non ragionano tutti i giorni del mese”.
Tante cose aiutano a ritornare alla dimensione di rivendicazione e di lotta per cui venne istituita la Giornata internazionale della donna: equa retribuzione, lotta alla violenza di genere, redistribuzione tra i due sessi del lavoro di cura, pari accesso alle posizioni di potere, giusta rappresentanza politica, accesso libero e gratuito ad aborto e contraccezione, libertà da stereotipi e pressioni legate ai ruoli di genere.
Per tradurre queste cose in realtà basta pensarle, e poi dirle. Come sempre, è la lingua che produce il cambiamento.
P.S.
Nei giorni scorsi sono stato alla Bologna Book Children Fair, ed è stato bellissimo (e stancante), perciò è ricapitato: Linguetta ha fatto un saltino in là di un giorno. Chiedo scusa a chi è appena arrivatə.
📚 Immagini parlanti
Primo consiglio per un libro che mi è passato sottomano per caso, mentre ne cercavo un altro: s’intitola Vita. Uno spettacolo straordinario, l’ha scritto e disegnato Lisa Aisato. Un librone con versi brevissimi e illustrazioni a tutta pagina. Se vi capita, apritelo e prendetevi il tempo per accostarvi ai tempi e alle età di una vita umana.
Il secondo consiglio è l’albo illustrato Pupazzi di neve di David McKee, che con la scusa di costruire un omino e una donnina di neve ci parla di identità e ruoli di genere. Ah, è stato scritto nel 1987.
🎧 Di scrittori e scrittrici
Nicola Lagioia è bravo a raccontare, e in questo podcast racconta come le storie continuano ad accendere la nostra immaginazione.
Chiara Valerio invece racconta dall’Isola deserta, dove l’ultima a essere approdata è stata la filosofa Serenella Iovino, con cui si parla di scienze umane per l’ambiente, di Borges, di lettura come arte del ritrovarsi, di contaminazioni fra intelligenze diverse, e pure di risate. Si ascolta su RaiPlay Sound.
🗞️ Erodere le barriere
Vi segnalo un pezzo di Annamaria Testa uscito per L’Essenziale lo scorso agosto, proprio perché il tempo per cambiare la narrazione non dura solo un giorno di marzo. Il pezzo s’intitola Un mondo a misura di maschio.
Infine lo speciale dell’Otto marzo della newsletter Ghinea, nella quale è stato ospitato un saggio di Romina Arena, educatrice alla lettura consapevole. È molto lungo (c’è anche la versione in .pdf, di 18 pagine) però per chi ha tempo diventa un bel ripasso su violenza verbale e cultura del linguaggio.
È tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Usiamo le parole giuste per definire le cose e le persone, che in fondo la cosa che ci serve più di tutto è il 💖, lo stesso che potete trovare qui sotto e pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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