Moduli
Linguetta #189 / Ogni giorno ci troviamo davanti a documenti scritti e organizzati senza tenere conto del tempo di chi li deve compilare né della chiarezza strutturale.

Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Qualche tempo fa sono andato a fare la visita di idoneità agonistica e, come al solito, mi è toccato compilare lo stesso benedetto modulo che compilo ogni anno, con le stesse benedette informazioni (dati anagrafici, stati di salute famigliari, note personali).
È la stessa cosa che mi capita ogni volta che faccio la donazione Avis, e che ho osservato anche accompagnando uno dei miei nipoti alla visita medica (qui con l’aggravante di farmi ricopiare quello che già c’era scritto nel modulo compilato dalla società).
Richiedere ostinatamente le stesse cose alle persone, pur avendo quelle informazioni, è un modo di fare cattiva comunicazione.
Se un dato già ce l’ho, non serve richiederlo.
Si tratta di un principio di rispetto del tempo delle persone, oltre che di efficacia organizzativa interna a un ente/società.
La lingua può insegnare proprio a fare economia di atti comunicativi, evitando ridondanze e azioni ripetute.
Significa sviluppare un modo di operare che allontana la pigrizia del “si è sempre fatto così”, di moduli sempre uguali (e mal concepiti).
Si tratta di richiedere solo le informazioni necessarie, che non erano state chieste; e di archiviare in maniera digitale tutto quello che già sappiamo di una persona, magari chiedendole (perché no, con un modulo online) di aggiornarle solo con eventuali informazioni nuove, in più rispetto all’ultima compilazione.
Riorganizzare gli spazi
Unə bravə allenatorə di calcio, basket, pallavolo o di un qualsiasi altro sport di squadra non è quellə che ha in mente un modulo dentro cui ficcare ə suoə giocatorə, ma è unə che adatta il modulo in base aə giocatorə di cui dispone.
Ci ho pensato andando con la memoria alle decine e decine di moduli a cui mi sono ritrovato davanti negli anni, in particolare a forma e struttura che assumono.
Moduli pieni zeppi di informazioni, male ordinate, spesso con spazi ristretti per le risposte. E sono alcuni aspetti che ho ritrovato in un bel post LinkedIn di
sui moduli riservati ai docenti universitari. Dice Giorgio Trono:Ogni anno devo riempiere alcuni moduli per fare lezioni in università. Ogni anno lo stesso modulo in .docx.
Ogni anno il modulo è di quelli che la chekcbox non può essere flaggata, il campo dove inserire i dati è una linea continua _______ che a riempirla ti incasina la formattazione.
Queste poche righe dicono della difficoltà (più spesso incapacità o non volontà) di staccarsi da un mondo di carta che era dell’altro secolo, cioè di procedure non modificabili, di schemi fissi a cui fare adattare malamente le persone.
La lingua ci aiuta a rendere tutto più mobile e modulabile.
Per blocchi
Ogni tanto vado a vedermi alcuni bandi e candidature di lavoro, soprattutto per interesse linguistico.
E in molti di quelli pubblici c’è ancora il deprimente formato di curriculum europeo. Che è un po’ il concentrato dei mali burocratici di un paese.
Se c’è da scendere in piazza per abolirlo, io ci sono: perché la forma delle azioni e delle cose che ci circondano passa dalla forma che diamo alle parole. E lì dentro l’architettura dell'informazione è respingente, da brividi, una maledizione per il pensiero.
Si tratta di progettare pensando per blocchi chiari ed essenziali, sfruttando la possibilità di crearne online, senza che il digitale ricalchi una forma cartacea.
Ogni strumento va pensato per la funzione che ha, e reso intellegibile per chi lo usa.
Che è un po’ quello che ho detto più volte dentro Linguetta riguardo al concetto di affordance; ad esempio nella puntata n. 110 Afferrare:
Il compito di chi usa le parole per lavoro (ma vale anche nelle situazioni quotidiane) è di rendere afferrabili i concetti come fossero maniglie da tirare, senza farsi domande sul modo in cui vanno tirate.
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi che fanno parte della poesia Lingua, che sta dentro Parole sotto sale di Claudia Fabris.
Noi siamo parole in un corpo
Noi siamo corpi scrittura
Siamo parole dette bene
Parole benedette
📚 Storie variabili
Il consiglio è per l’albo illustrato Quello che non vedo di Daniela Pareschi, perché è uno di quei dispositivi che sovrappone le strade di narrazione e divulgazione: lo fa portandoci in giro fra diversi moduli che compongono cose e persone, spesso non visibili, a meno di fermarsi e guardarli con attenzione per notare schemi e variabili che li modificano.
🎥 Una macchina viva
Sto vedendo una serie di fantascienza in cui un ibrido tra umanoide e intelligenza artificiale riesce a cambiare lo stato delle cose, cioè il suo statuto di “modulo di servizio”. E lo fa hackerandosi. S’intitola Murderbot. Sta su AppleTV+.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Rendiamo i moduli adattabili alle persone, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata (come i pulsanti di commento e restack). E per rendere tutto più intenso, ecco la mia mail.
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Il mio ultimo libro
L’arcipelago delle isoleombra, che io ho scritto, Marianna Balducci ha illustrato, Sabìr ha fatto diventare vero nel 2024. Se vi va di parlarne e raccontarlo, io ci sono.
Cose che faccio
Seguo progetti di educazione alla lettura, leggo ad alta voce, faccio formazione su albi illustrati e comunicazione: sta tutto sul mio profilo Linktree.