Lingua giovane
Linguetta #69 / Il linguaggio usato dai giovani è il segnale più lampante della lingua in continuo fermento. Da adulti, accoglierlo vuol dire arricchirsi in modo reciproco.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
La scorsa settimana ero a una serata-gioco in una biblioteca e durante una pausa chiacchieravo con un ragazzo conosciuto al tavolo da gioco: si parlava di libri, ed è venuto fuori che per lavoro frequento da vicino la letteratura per bambinə e per ragazzə; allora mi ha fatto questa domanda: “Ma da adulti si riescono a leggere i libri per ragazzi, cioè sono coinvolgenti?”.
Ho risposto che sì, i libri per ragazzi e ragazze ti mettono dentro quella prospettiva che hai conosciuto e che secondo me non si risolve mai, perché credo che permangano sempre in noi parti “da adolescenti”.
Mi spiego meglio: quella è l’età del caos, delle rivoluzioni interne, il parossismo dei cambiamenti. Ma al mutamento siamo sempre soggettə in ogni momento della nostra vita, lo attraversiamo continuamente per qualsiasi cosa che facciamo e che ci riguardi.
E lo affrontiamo soprattutto grazie ai libri, grazie alle storie. Dentro alle storie per ragazzə ci sono cose non ancora risolte, che lette con gli occhiali da adulti diventano cose provate, sentite, che tornano, che ci riguardano comunque.
Sono letture che servono, perché aiutano a vedere i ponti lanciati fra età diverse che compongono ogni società, e ogni tempo. Perché ogni epoca è una coesistenza di quelle età, e anzi aiuta a pensare che ognunə di noi è sempre il vecchio di qualcun altrə.
La definizione migliore la dà la scrittrice Katherine Rundell:
I libri per ragazzi non sono un posto in cui nascondersi ma in cui cercare.
Assecondano la nostra vocazione di esploratori ed esploratrici, che è la stessa cosa che facciamo con la lingua: cerchiamo di ritrovarci nei messaggi che leggiamo, nelle comunicazioni con cui interagiamo.
Ricerchiamo la sintonia, vogliamo che nelle parole lette o ascoltate ci sia uno spazio accogliente, che ci faccia sentire a nostro agio.
E che soprattutto ci faccia trovare agevolmente quello che cercavamo.
Andarsi incontro
I giovani sono sempre stati sotto la lente di un microscopio che vuole analizzarli. Ma non solo in epoca moderna, è un fatto naturale degli umani quello di denigrare il linguaggio dei giovani, che è sempre un linguaggio di rottura, dirompente.
Ma è lì che sta la sua forza: rompe gli schemi perché si sta appropriando di nuove forme, è lo stadio principale della metamorfosi, quello in cui si diventa.
Lo spiega benissimo la sociolinguista Vera Gheno in questo reel, da cui tiro fuori qualche battuta:
È da sempre che le generazioni più grandi perpetuano questo mito dei giovani d’oggi che non hanno più parole.
Il linguaggio giovanile si costruisce sempre per rottura rispetto alle generazioni precedenti, quindi questa sensazione di straniamento è abbastanza naturale.
In questi ultimi decenni è aumentata a causa dell’informatica, dei computer, dei social media, eccetera. È cambiato il mezzo ma è anche cambiata la velocità di aggiornamento, sono cambiati gli influssi.
Diciamo che ci si può incontrare a metà strada, e c’è la possibilità di un arricchimento reciproco fra le diverse generazioni.
Ecco, incontrarsi a metà strada. Fare ponte fra chi parla in un modo e chi in un altro, capirsi a vicenda. Mettere da parte giudizio e pregiudizio, non sprecare parole per intralciare la strada ma usarne meno per riuscire ad ascoltarsi.
Allora non sarà un problema accogliere espressioni come queste, che ho sentito frequentando ragazzi e ragazze delle medie:
Te l’ha sketchato?
L’hai shoppato?
Sto flexando tutto
Guarda, ho flippato la bottiglia
La prima l’avevo sentita al Lucca Comics and Games quando una ragazza ha chiesto a un’amica se l’autore gli aveva fatto la dedica sul libro con uno sketch, un disegno veloce.La seconda è abbastanza intuibile → comprato.
Per la terza ho dovuto chiedere cosa s’intendesse: era riferito allo ‘spendere soldi’. Comunque è un’espressione dai tanti significati. Agevolo esempi dal dizionario Slengo.
La quarta invece riguarda il ‘far fare un giro completo alla bottiglia’, e magari farla cadere in piedi; un po’ come si faceva al liceo (almeno quando ci andavo io a fine anni ‘90) con un pacchetto di sigarette o di cicche tipo Vivident, giocando a re boia.
Un po’ come i neologismi del videogioco Minecraft, in cui si craftano (fabbricano) gli oggetti oppure si buildano (costruiscono) gli edifici.
Ed è stata una cosa sorprendente e bellissima per me sentire che in uno dei gruppi di lettura in cui ci stavamo raccontando Le parole possono tutto di Silvia Vecchini e Sualzo è saltato fuori Minecraft.
Già, perché nel graphic novel (occhio, spoiler!) a un certo punto compare il Golem, e parlandone, un ragazzo ha detto che il golem era fatto di ferro; al momento ho detto che il mostro era d’argilla, ma che una volta indurita in effetti l'argilla diventa qualcosa di simile al ferro. E poi salta fuori che lui l’aveva collegato all’Iron Golem di Minecraft. Bam, giù nel canestro: collegamento e cosa nuova imparata.
Come la lingua, che fa fare salti imprevisti.
Assecondare le diversità
Nel bel saggio Perché dovresti leggere libri per ragazzi sempre Katherine Rundell dice:
Perché la lettura non diventi qualcosa che facciamo per un’ansiosa forma di automiglioramento, tutti i testi devono essere aperti a tutte le persone.
La letteratura per ragazzi ci consente di leggere di nuovo con il cuore aperto, ci aiuta a ritrovare cose che magari non sapevamo nemmeno di avere perso. Ci sorprende, e ancora Rundell lo dice con un’altra bellissima frase:
I libri per ragazzi sono oggetti pericolosi sotto mentite spoglie: spade nascoste dentro ombrelli.
Non è mica un caso che quando Harry Potter si trova nella camera dei segreti, dentro al cappello parlante compaia una spada. Ed è con quella spada che sconfigge il basilisco.
La lingua dei giovani è come la letteratura per ragazzə: spiazza.
A volte si fatica a comprenderla, ma basta ascoltare e lasciare che ognuno segua la propria linea di tendenza.
Come quando un genitore vede crescere il proprio figlio o la propria figlia: sa che non è una cosa sua ma un individuo indipendente, per questo osserva e dà delle indicazioni.
Laura Imai Messina lo dice benissimo in questo post (pigiare per leggere).
Ne riporto un pezzo, a cui lascio chiudere questa Linguetta. Eccolo:
Svoltolando i vari componenti, ecco che la frase si ricostruisce così: Oya no yakuwari wa, ki no ue ni tatte miru koto da 親の役割は、木の上に立って見ることだ ovvero «Il compito di oya, il genitore, è di salire sull’albero e da lontano stare a guardare».
La spiegazione di cosa sia un genitore è quindi già nella parola: è colui che deve intervenire solo quando davvero necessario. Per non sostituirsi mai al proprio figlio, per non intralciare il corso degli eventi, a oya, il genitore, spetta soprattutto l’osservazione a distanza, la supervisione discreta.
P.S.
Eccoci all’ormai consueto post scriptum di fine puntata, che pure oggi finisce nella notte tra giovedì e venerdì. Una continua sorpresa questa Linguetta balzellante.
📚 Giapponesità
La citazione finale di Laura Imai Messina sta dentro il libro WA. La via giapponese all’armonia, che vi consiglio perché consente di avvicinarsi al nucleo di quelle 72 parole giapponesi che rappresentano altrettante stagioni in un anno, ciascuna pronta a compiersi ogni cinque giorni.
E visto che abbiamo parlato di Giappone, vado anche con un libro piccolino ma di cui conservo un ricordo denso: Itadakimasu di Fabio Geda.
🧃 Frullato misto
Visto che s’è parlato di ‘flippare una bottiglia’, vi suggerisco uno storico gioco di carte rivisitato: Uno Flip. Una volta che l’avrete provato, non vorrete più tornare alla versione classica ― il meccanismo del flip (e anche altri dettagli) sono una cosa entusiasmante.
Non so a voi, ma a me parlando di flip viene in mente lo ski flip che il mitico Didier Cuche faceva all’arrivo di ogni gara.
E chiudiamo il tris di suggestioni con un ritorno indietro, proprio agli anni del liceo in cui mi bombavo di Litfiba. Quando i cambiamenti erano esplosivi, quando abbiamo capito che cambiare è il nostro stato naturale.
Ah, P.P.S.
Questa puntata è stata scritta con la colonna sonora di The White Lotus: pazzesca, sia la musica sia la miniserie.
Mi sa che è tutto, ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Ascoltiamo sempre la lingua dei giovani e accogliamo le differenze, che per farlo ci basta il 💖. Lo stesso cuore presente qui sotto: cliccandoci sopra saprò che questa puntata v’è piaciuta.
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grazie per avermi fatto scoprire Slengo: una scoperta entusiasmantissima! :O