In quiete
Linguetta #163 / Regolare tono e volume di una comunicazione serve a trovare la voce giusta, quella con cui il messaggio diventa stimolo emotivo accogliente per chi ascolta.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Ricordo che una sola volta ho sentito mio nonno materno alzare la voce, perché con mio fratello ne avevamo combinata una, durante una vacanza in montagna.
Ed è la stessa cosa con mio papà, che ha sempre usato e usa un tono quieto, anche quando le cose potrebbero portare a fare salire il volume.
La lingua è questione di volume e tono.
Tono e volume sono cose che ci portiamo in giro con la voce, e possiamo modularli a seconda delle situazioni in cui ci troviamo a comunicare, sia scrivendo sia parlando:
Il tono ha a che fare con frequenza e qualità del suono
il volume riguarda intensità e forza del suono
Avvertire che si muovono dentro di noi, riuscire a capirli e quindi gestirli quando comunichiamo pubblicamente, serve a dare “più corpo” al nostro messaggio.
Bilanciare tono e volume rende più ricco ed efficace quello che abbiamo da dire, e le altre persone meglio disposte ad ascoltarci.
Arroganti strepiti
Quando mi capita di sentire qualche politicə parlare, ai microfoni di giornalistə oppure da un palco, allora le prime cose che penso sono:
Perché grida?
Perché usa quel tono assertivo?
Perché crea uno scompenso verso chi ascolta?
Purtroppo proprio persone che dovrebbero praticare misura ed equilibrio usano il potere di dire le cose come espressione di potere e basta, come se quello che conta non fosse il contenuto ma l’intensità e la corrosività con cui viene detto.
L’ho già ricordato in altre puntate di Linguetta, ma ricordo che una ragazzina di seconda media, nella discussione di un gruppo di lettura, disse che la cosa che più le faceva paura era quando qualcunə le gridava addosso.
Alzare tono e volume sono forme di violenza.
Allora, che cosa c’è se non violenza (e disumanità) in dichiarazioni come quelle fatte di recente da Giuseppe Valditara e Andrea Delmastro, cioè gli ultimi abominevoli esempi di una tracotanza che non ha più alcun bisogno di travestimenti istituzionali e semplicemente frantuma chi la pensa in modo diverso da sé.
È lo stesso tipo di violenza che serpeggia sui social quando si parla di temi sensibili che richiedono di aprirsi all’ascolto e articolare la complessità, com’è capitato anche a me su Threads quando ho postato riflessioni e appunti sull’uso della lingua non sessista, ricevendo più interazioni e tanti commenti insultanti.
Ma lo dice meglio
in questa puntata della sua newsletter:Una cosa dovremmo averla capita, però: non c’è niente che il bulletto infelice detesti più della felicità delle persone in cui non si riconosce. Il bullo, l’ur-fascista della definizione di Umberto Eco, non può vivere solo nella sua bolla: si realizza nella persecuzione.
Quando da Twitter abbiamo cominciato a migrare su Threads, c’è stato un breve e luminoso periodo di silenzio in cui i bulletti non avevano ancora capito dove fossimo andati tutti quanti. Sono venuti a cercarci, poi, perché senza di noi non sanno stare. Hanno bisogno di qualcuno da insultare.
Le parole violente possono essere urlate faccia a faccia, ma anche essere scritte. E ogni volta possono diventare sfregi, segni di una voce fuori controllo, usata a tutto volume per schiacciare le altre persone.
Misurarsi
Il timbro è la carta d’identità della nostra voce, composta delle nostre note di base e dei nostri suoni armonici (che possiamo sistemare studiando), ma la cosa che conta di più è come usiamo il nostro timbro per dare tono e volume giusti a quello che diciamo.
Il tono è come una prima impressione, e riuscire a modularlo in un discorso ci fa entrare con dolcezza nella testa di chi ascolta; e lo fa sempre a braccetto con il grado di intensità della nostra voce, che va regolato senza mai essere sovrastante.
Il piacere dell’ascolto è come un primo passo fatto verso qualcunə.
Come la sensazione di quiete nel sentire i racconti dei documentari della BBC dalla voce riposante di David Attenborough – che qui si può ascoltare per quattro ore di fila.
Me ne sono accorto anch’io, lavorando da anni sull’uso della voce per portarla bene nelle letture che faccio: serve ascoltarsi per diventare consapevoli delle parole che ci abitano, e così dargli la forma migliore perché riescano a entrare in risonanza con le altre persone.
Una voce sicura e calma come quella dell’ex sindaca di Barcellona, Ada Colau, che si può sentire nell’intervista con Eugenio Cau in questo episodio di Globo. E che alla fine chiude così:
In qualsiasi situazione della vita ci si trovi, bisogna sempre organizzare la tenerezza e tenere cura dell’amicizia.
Tenerezza e cura sono ingredienti fondamentali per regolare tono e volume delle nostre voci, e si possono imparare con la pratica e uno sguardo aperto ai bisogni di chi ci legge o ascolta.
Perché la voce è una questione di design.
P.S.
Visto che abbiamo parlato di voce, vi giro una cosa dove potete trovare la mia voce insieme a quella di tante altre persone: cioè il podcast collettivo Cara è la fine vol. 2 immaginato da
Ecco il mio contributo – ah, se qualcunə non ha ancora letto Stella Maris di Cormac McCarthy ed è sensibile agli spoiler letterari, occhio a procedere, perché sono le righe finali quelle che leggo.
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi da una raccolta di poesie che al suo interno modula due voci (quelle di Silvia Vecchini e Bruno Tognolini) per costruire Canti dell’inizio canti della fine. Ho scelto quelli con cui Tognolini descrive la fine del sonno:
La fine del sonno è la porta
che spalanchi nel mezzo del sogno,
altre volte è lo scivolo lento
che ti porta sulla soglia
del giorno.
📚 Parlarsi, salvarsi
L’ho citato anche poco sopra, perché è uno degli ultimi libri di narrativa che ho letto: è Stella Maris di Cormac McCarthy, cioè la seconda parte del romanzo che inizia con Il passeggero. Se deciderete di entrarci, poi sarà difficile liberarvi della sua stupenda capacità di regolare toni e volumi dei dialoghi.
🎥 Schegge mutanti
Nelle nove puntate della seconda stagione di Arcane volumi e toni esplodono, ma dentro le deflagrazioni, ogni personaggio trova lo spazio per crescere, per diventare. E la maestosa architettura compositiva fatta di tante tecniche artistiche diverse dà corpo ai personaggi e alla storia che respiriamo. Sta su Netflix.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Cerchiamo di modulare tono e volume della nostra voce, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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Il tono e il volume sono anche fondamentali nella generazione dei ricordi. Anzi, a volte sono gli elementi che ricordiamo meglio di certe situazioni, più del contesto o delle parole. Controllare il volume della propria voce è un'intenzione di accoglienza verso l'altro, per farlo sentire a suo agio e non all'erta.
Sul tono della voce ci stavo riflettendo proprio poco fa, prima di leggere Linguetta, perché stasera al corso di teatro abbiamo fatto un esercizio in cui dovevamo fare certi movimenti a comando simulando di volta in volta varie emozioni, tra cui la rabbia. E notavo che tutte le persone partecipanti, me compresa, per simulare la rabbia alzavano tantissimo la voce (tanto che ho ancora adesso male alle corde vocali) e mi sono chiesta perché questo fosse l'unico comune denominatore, dato che per le altre emozioni c'era molta più varietà. Non ho risposte, ovviamente, ma mi sembrava una riflessione che cascava a fagiolo 😉