Fenomenologia del dove
Linguetta #35 / Quell'avverbio di quattro lettere che definisce gli spostamenti in un luogo viene spesso usato come fosse un avverbio di tempo. Vediamo come.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
C’è una scena nel film Il mio amico Einstein (titolo originale Einstein and Eddington) in cui la teoria della relatività diventa una cosa semplice da capire. A spiegarla alla moglie e al suo collaboratore è l’astrofisico Arthur Eddington, dopo una lettera di Albert Einstein, in cui il fisico tedesco gli spiegava di aver formulato una teoria sulla gravità: la Teoria della relatività generale.
Per spiegarla, a Eddington bastano una tovaglia, un pane e una mela.
Ecco i dialoghi della scena nel film:
La moglie di Eddington e il suo collaboratore tendono una tovaglia, lui ci getta al centro una pagnotta.
— La tovaglia è lo spazio, il pane è il sole.
Che cosa succede al sole?
— Il sole deforma lo spazio intorno a sé.Eddington getta una mela, che inizia a orbitare attorno al pane-sole.
— Che cosa succede alla mela?
— La mela segue le curve prodotte nello spazio.— Sì, lo spazio si deforma. Ed è così che funziona la gravità.
Lo spazio dice agli oggetti come muoversi.
Gli oggetti dicono allo spazio che forma prendere.— E che cosa succede alla luce delle stelle quando arriva vicino al sole?
— Si piega.
— Esatto, si piega.
Insomma, la gravità è una manifestazione della curvatura dello spaziotempo.
L’ho presa un po’ larga, ma ci sono arrivato.
Lo spaziotempo, ci viviamo dentro senza rendercene conto: infatti per fare funzionare le nostre vite abbiamo deciso di separare spazio e tempo, dando a quest’ultimo una forma, una scansione circolare e uniforme (minuti, giorni, settimane, anni).
La premessa scientifica serviva per arrivare fin qui, al tempo separato dallo spazio, anche nell’uso del linguaggio.
Va’ dove ti porta il dove
Ecco, il dove. È un avverbio che gravita all’interno dello schema spaziale della nostra lingua, indica qualcuno o qualcosa che ha una collocazione in uno spazio. Seguitemi un attimo, che arrivo al punto.
La definizione di dove della Treccani è questa:
dóve avv. [lat. de ŭbi; v. ove] (radd. sint.). – Serve a domandare o a determinare un luogo. Introduce in genere prop. interrogative dirette o indirette, oppure prop. relative, unendosi con verbi di quiete e di moto.
Scorrendo fra le altre definizioni della voce, si nota che nelle frasi interrogative (o esclamative) il dove equivale a “in che luogo” (es. dove sarà nascosto?).
Può essere preceduto dalle preposizioni per, di, da per esprimere rapporti di luogo: da dove vieni?, siediti dove vuoi, ecco dove abitiamo.
O ancora, nelle frasi relative significa “nel luogo in cui”; mentre dopo un sostantivo sostituisce le frasi “in cui” (questa è la città dove sono nata) o “a cui” (quella è la cima dove dobbiamo arrivare).
In coda alla definizione c’è poi un rimando prezioso: nella filosofia aristotelica il dove (gr. τὸ ποῦ) indica la categoria dello spazio.
Eccoci al punto: purtroppo il dove viene spesso usato come fosse un avverbio di tempo, come fosse un quando oppure un in cui (inteso in senso temporale).
Esibisco un po’ di esempi così ci intendiamo meglio:
Non è una situazione dove le persone ascoltano
Non è una situazione nella quale le persone ascoltanoAll’epoca del boom, dove stavamo bene
All’epoca del boom, quando stavamo bene
Nella scorsa stagione, dove aveva ottenuto buoni risultati
Nella scorsa stagione, in cui aveva ottenuto buoni risultatiDopo anni dove
Dopo anni nei quali / in cuiPaolo ha fatto un discorso dove ha detto che
Paolo ha fatto un discorso in cui / nel quale ha detto cheMeta ha ospitato un evento dedicato all’Intelligenza Artificiale dove ha mostrato i suoi progressi in questo campo.
Meta ha ospitato un evento dedicato all’Intelligenza Artificiale in cui ha mostrato i suoi progressi in questo campo.Ci sono molti periodi dove l’archeologia non ci dà traccia di conflitti
Ci sono molti periodi nei quali l’archeologia non ci dà traccia di conflitti
Ci ritroviamo in situazioni dove
Ci ritroviamo in situazioni in cuiNel gruppo si può indicare un momento della settimana dove l’amministrazione risponde
Nel gruppo si può indicare un momento della settimana in cui l’amministrazione rispondeQuesta è una fase dove ci stanno lavorando diversi gruppi
Questa è una fase alla quale stanno lavorando diversi gruppi
In quel momento della tappa dove stava facendo fatica
In quel momento della tappa in cui stava facendo fatica
Questi sono solo alcuni esempi letti oppure sentiti, il più delle volte in televisione, di persona o sul web.
Il collasso nell’uso del dove è un sintomo di quella scarsa attenzione all’uso delle parole che corrompe una lingua, come accade con tante distorsioni che abbiamo visto più volte dentro Linguetta — il burocratese su tutte.
La lingua è in movimento, ed è chi la parla che ne determina l’orientamento, eppure — senza diventare prescrittivi (si dice così, punto e basta) —, questo è un invito a ricordarci che un sistema linguistico si regge comunque su un impianto fatto di regole.
È un po’ la stessa cosa che succede con un gioco, di qualsiasi tipo: le regole fanno da guida, descrivono un perimetro entro cui muoversi con tutta la creatività possibile.
Usare il dove in modo appropriato significa giocare il gioco della lingua, rispettare le regole che definiscono le funzioni di ogni sua parte, lasciando che i cambiamenti duraturi li producano le persone parlanti.
Così come un tempo la prima persona singolare del verbo avere era ò e poi è diventata ho, lo stesso potrebbe accadere per l’espressione piuttosto che, usata in modo disgiuntivo (cioè come fosse un oppure) invece che nel suo significato avversativo di anziché. Se l’uso della maggioranza determinerà questo slittamento, la lingua se ne farà una ragione e muterà.
Lo stesso potrebbe accadere con il dove e i suoi tentativi di sconfinamento nello spaziotempo. Per adesso, senza diventare grammar nazi, facciamo quel piccolo sforzo in più e lasciamolo confinato solamente alla categoria dello spazio.
E Aristotele gioisce con noi!
📚 Con-fusioni
Visto che abbiamo parlato di spazio e tempo mi è venuto naturale pensare a Maurits Cornelis Escher, che è uno dei miei artisti preferiti. E su di lui c’è un bell’albo illustrato, scritto da un olandese come lui, l’animatore e illustratore Wouter van Reek: il libro s’intitola Zenit e Nadir nel mondo di Escher e, come tutti i libri per ragazzɘ, è uno straordinario libro anche per i grandi: ci porta nei mondi impossibili di Escher con la freschezza di un’avventura, arrampicandoci su cubi, arrivando in posti dove tutto sembra diverso, salendo e scendendo scale che finiscono nell’imprevisto, entrando e uscendo da quadri che non sono quadri, in una bellissima confusione di spazi.
L’altro consiglio letterario è Cronorifugio del bulgaro Georgi Gospodinov, una storia in cui lo spazio è il tempo, che ci troviamo a percorrere muovendoci fra le stanze della clinica del passato del dottor Gaustίn. Un posto in cui le parole sono macchine del tempo.
🎥 Più veloce della luce
La parola spaziotempo mi porta diretto dentro un film che quando uscì al cinema nel 2014 andai a vedere due volte (in italiano e in lingua originale), prima di comprarmi il dvd e poi rivederlo non so quante altre volte: è Interstellar di Christopher Nolan.
Christopher Nolan ha dedicato tutta la sua carriera al tema del tempo. Questo per me è uno dei punti più alti che ha raggiunto. Se non l’avete visto, vi spiazza. Però allo stesso tempo vi conquista.
Qui sotto c’è una bella infografica che riassume il concetto di tempo in Interstellar (se non l’avete visto, chiudete gli occhi per evitare spoiler).
Noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Il posto per dirmi se questa puntata vi è piaciuta non cambia mai, è là dove accadono le cose più belle. Vicino al 💖.
Se volete vedere dove altro sto disperso nell’internet, allora fate un salto qui.