Attriti
Linguetta #207 / Ci sono nel modo di scrivere e parlare momenti d'attrito che rendono la comunicazione difficoltosa. Vediamo alcuni esempi che possiamo incontrare tutti i giorni.

Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Spesso nella morfologia di una parola capita che ci si nasconda dentro il senso, in quel procedimento che la linguistica definisce come fonosimbolismo.
Sono parole che soltanto a dirle, evocano il significato: una specie di magia che le percorre mentre suonano nelle nostre orecchie.
Mi è capitato di pensarci dicendo la parola ‘attrito’, con la sua coppia di dentali T che schiacciano la vibrante R, prima di colpire con un’altra T la sillaba finale in O.
L’attrito è una resistenza subito avvertibile.
Ed è questa forza di contatto tra due corpi che si percepisce in tutte le forme di comunicazione che allontanano quei due corpi, che li mettono a distanza anche se nelle intenzioni vorrebbero farli avvicinare.
Resistenze fisiche
L’attrito è una forza passiva che si attiva quando entriamo in relazione con qualcosa, messo lì per comunicare con noi.
Spesso però quello che dovrebbe essere agevole, diventa un ostacolo.
È il caso di tante cose che possiamo trovare intorno a noi, specie nella comunicazione minuta di volantini e cartelli. Vediamone due casi, con relativa foto.
Il primo è il volantino che ho trovato appeso in una biblioteca, e che invita a “lasciare tassativamente sui tavoli i documenti tolti dagli scaffali”.
→ Ecco che cosa non funziona:
L’intenzione (celata) del volantino sarebbe di invitare le persone a lasciare sui tavoli i libri consultati ma non presi a prestito. Soltanto che:
i libri vengono chiamati con la più fredda parola ‘documenti’;
l’uso impersonale del ‘vanno’ è il principio di una crepa tra chi scrive e chi legge;
viene imposto quell’avverbio ‘tassativamente’ che sa tanto di autoritario;
il finale ‘Grazie della collaborazione’ è proprio in antitesi al tono passivo-aggressivo del messaggio, e suona come qualcosa di ridicolo;
la scelta del maiuscolo in grassetto, con il messaggio riquadrato, riflette un discorso fatto da un piedistallo e con un megafono in mano.
→ Una soluzione alternativa:
Se leggi un libro e non lo prendi a prestito, poi lascialo pure sui tavoli o nel carrello.
Grazie mille,le tue bibliotecarie
Usare il tu è un segno di informalità, il tono amichevole rassicura, i caratteri minuscoli mettono sullo stesso piano chi scrive e chi legge, e tutte queste cose fanno sentire accolte le persone dentro quell’ambiente. Tutto scivola meglio, senza attriti.
Il secondo caso è il totem in alluminio dentro la metro di Brescia, con la scritta “Obbligo di convalida - compulsor validatio” più un bollone adesivo sul pavimento, sempre dentro la stessa metro.
→ Vediamo che cosa non funziona:
L’intenzione è ricordare a chi viaggia di timbrare il biglietto, e così evitare un’eventuale multa. Soltanto che:
l’espressione strillata in maiuscolo OBBLIGO DI CONVALIDA ha un tono perentorio e macchinico;
l’uso del latino ‘compulsor validatio’ mi lascia ogni volta esterrefatto e devo stropicciarmi gli occhi per assicurarmi di non essere in un incubo. Ahimè, è tutto reale;
quel verbo ‘valida’ risulta ostico, anche se è alla seconda persona singolare;
il fatto di dovere validare “prima di superare la riga rossa” (che tra l’altro è bianca) suona come un ultimatum alla Squid Game.
nel bollone adesivo circolare il punto esclamativo dentro al cartello triangolare confonde, perché ricorda quello di malfunzionamento che compare quando qualcosa non va dopo un’operazione su un software; si mischia il piano del guasto con quello dell’allerta generica.
l’uso combinato del maiuscolo ATTENZIONE e dei due punti è di per sé un errore (o l’uno oppure il minuscolo coi due punti), ma a parte questo è di nuovo l’uso del verbo ‘valida’ a creare attrito, seguito dall’ottocentesco ‘titolo di viaggio’ invece di ‘biglietto’.
→ Una soluzione alternativa, magari scegliendo solo una delle installazioni (totem o adesivo):
Ricordati di timbrare il biglietto alle macchinette che trovi qui a lato.
Remember to validate your ticket at the machines here on the side.
Basta, tutto qui. Non serve usare espressioni latine, maiuscoli che incutono timore, segnali di allarme. E magari rimane pure spazio per aggiungere altre lingue, tipo francese, arabo e braille.
Meno ruvidità
Nella mia testa l’attrito diventò visualizzabile quando da bambino guardavo i gran premi di Formula 1 con mio papà e mio fratello: era chiaro in tutte quelle situazioni durante le quali, all’improvviso, si metteva a piovere, e le macchine che montavano le gomme slick da asciutto, iniziavano a slittare sulla pista bagnata come gli autoscontri del luna park.
Ecco, l’attrito è una forza invisibile e determinante, come il tempo: te ne accorgi quando diminuisce.
Nei casi di aderenza degli pneumatici alla strada, è fondamentale che ci sia un coefficiente di attrito tale da evitare lo slittamento.
Allora, è simile a quelle comunicazioni in cui pare che funzioni tutto, fino a che qualcosa le fa slittare fuori dalle condizioni di guida ottimali.
Come nel caso dei due esempi di seguito, per i quali la perdita di aderenza linguistica è decisamente poca cosa rispetto ai due precedenti esempi; ma se possiamo fare meglio, è sempre meglio.
Il primo esempio è la conferma di iscrizione a un servizio di newsletter da parte di Cotopaxi, brand di abbigliamento sportivo che si distingue per un’alta qualità dei materiali.
La prima incrinatura è nella traduzione approssimativa in italiano di “se non vi siete ancora iscritti, non è necessaria alcuna azione da parte vostra” – sulle traduzioni fatte maluccio vi rimando alla bella puntata Futurismo linguistico dentro la newsletter Ojalá di Alice Orrù.
Ma la perdita d’attrito decisiva avviene poco prima della fine quando, dopo averci chiesto di cliccare su iscriviti, compare un bel pulsante arancione con scritto Abbonamento. In barba alla coerenza lessicale.
Il secondo esempio riguarda invece la lettera di promemoria per l’abbonamento a Internazionale Kids.
Io a Internazionale Kids gli voglio un gran bene, perché credo sia una delle più belle riviste che ci siano in Italia.
Però se vogliamo scovare una perdita d’attrito comunicativa, è quel ‘signor’ dopo ‘gentile’ a provocarla.
Sarebbe bastato usare l’aggettivo gentile, già in consonanza con il tono informale del messaggio “Rinnova subito il tuo abbonamento a Internazionale Kids” e con quello della rivista in generale. Risparmiandosi così anche l’eventuale possibilità che dall’altra parte ci sia una persona non binaria, che quindi non si identifica precisamente in un genere codificato.
Insomma, l’attrito può essere eccessivo oppure può venire meno all’improvviso. Sta sempre a chi decide di comunicare riuscire a renderlo un fattore positivo, affinché la lingua sia qualcosa di fluido.
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi dalla raccolta Ricreazioni. Poesie visive e volanti di Aida Maria Zoppetti. Ecco la numero 081:
Cento duecento rane
danzano sotto le stelle
Dal ramo di un acero morto
.Piccole foglie cadono.
📚 Passeggiate casalinghe
Il consiglio è per un albo illustrato che credevo creasse qualche attrito in una lettura ad alta voce fatta con bambine e bambini di 4 e 5 anni, e invece lasciarsi sorprendere dal possibile spalanca sempre le porte della meraviglia. Si tratta di Come riconoscere una forchetta di Silvia Borando.
🎥 Salvarsi nella melma
L’ho finita da qualche settimana e non volevo che finisse, perché ti affezioni subito alla squadra di ronzini dell’MI5 (servizi segreti inglesi) che lavora al Pantano: cioè nel regno di Jackson Lamb (uno strepitoso Gary Oldman), pronto a vessare in ogni modo chi viene confinatə lì, a partire dal protagonista River Cartwright (Jack Lowden). Ah, la serie è Slow Horses e sta su Apple TV.
🎧 Frizioni cognitive
Visto che abbiamo parlato di attrito, vi linko l’episodio sull’attrito linguistico che si produce in chi parla più di una lingua, all’interno del podcast Saussure e grida, tenuto dalla dottoranda in linguistica Irene Lami.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Cerchiamo di diminuire gli attriti linguistici, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata (così come i pulsanti di commento e restack).
Per rendere tutto più intenso e personale, potete scrivermi all’indirizzo alesci.andrea.m@gmail.com.
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Libri e dintorni
L’ultimo libro che ho scritto è L’arcipelago delle isoleombra (Sabìr, 2024, illustrazioni di Marianna Balducci).
Se volete invitarmi da qualche parte a raccontare di isole, mari, lingua, oppure per leggere ad alta voce, scrivetemi o mandatemi un corvo 😜.
















Che curioso, anche io la settimana scorsa mi sono imbattuta nella parola "attrito"! Una persona che frequenta i miei laboratori mi ha chiesto che cosa significasse. Per evitare di dare subito la traduzione in francese, ho sfregato tra loro le nocche delle dita. Stavamo leggendo ad alta voce la splendida traduzione italiana della poesia "Weage Peace" di Mary Oliver (traduzione di Paola Loreto), e il secondo verso recita "Inspira uomini d'arme e attrito". L'originale è "Breathe in firemen and rubble". Rubble significa macerie. Non certo una traduzione letterale. Piuttosto la doppia T di attrito per rendere l'occlusione della doppia B di rubble. Quindi sì, sono assolutamente in linea con quanto scrivi ;-)
Compulsor validatio!!! È da tantissimi anni che non vado a trovare i miei parenti a Brescia, questa proprio mi mancava! Ma guarda te che scelta inclusiva… di nessuno 😄😄