Anche i rifiuti contano
Linguetta #27 / Una comunicazione informale aiuta a compiere azioni, pure quando si tratta di messaggi presenti sui cassonetti di indifferenziato e organico.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Si torna sul campo, o meglio a bordo strada. Già, perché l’esempio di oggi arriva … dai cassonetti dei rifiuti, quelli dotati di calotta e chiavetta elettronica.
È l’occasione per ragionare sulla corrispondenza quotidiana tra lingua e design, quella di cui parlavo nella Linguetta #8 e che è una costante di questa newsletter.
Perché scegliere una parola è come disegnare il pezzo di un oggetto: si tratta sempre di progettare cose che funzionano.
Forse le parole sono meccanismi ancora più delicati, perché risuonano dentro chi le legge o le ascolta. Stanno lì al posto di una persona, e anche quando sono impresse su un oggetto ci parlano come se fosse qualcunə a farlo.
Le parole che ascoltiamo più volentieri sono quelle di una persona amica, di cui fidarci, con cui parlare in modo informale.
Togliere la ruggine
Quella patina di ossidi di ferro bruno-rossastra che chiamiamo ruggine si forma sulle cose dimenticate, quelle a cui non prestiamo attenzione, quelle che non manuteniamo. Fino a che diventa parte di quella cosa, e poi toglierla è davvero difficile.
Con le parole succede la stessa cosa: ci abituiamo alle formule stantie, pigre, alle frasi fatte, alle espressioni rigide, e quando proviamo a cambiare diventa davvero difficile. Scegliere le parole giuste richiede fatica, ma se quella fatica la esercitiamo tutti i giorni, allora sarà uno sforzo minuscolo e distribuito.
E riusciremo a usare le parole, poche, che servono. Quelle che servono a farsi capire da un’altra persona, e magari non ci sembreranno parole banali o addirittura “povere”.
Saranno semplicemente parole umane.
L’esempio del cassonetto che ora vediamo usa parole schematiche, perché sono istruzioni da dare a chi per primo si deve misurare con una novità. L’intento è lodevole, ma forse si poteva fare qualcosa di meglio.
Andiamo a vederle nella foto e poi facciamo alcune considerazioni.
La prima riflessione riguarda l’organizzazione grafica (design system) usata per comunicare il messaggio, sia negli elementi usati sia nella gestione degli spazi.
Per le cornici dei disegni, invece di elementi spigolosi avrei usato forme tondeggianti, come quella del cerchio: le figure morbide sono accoglienti, invitano ad avvicinarsi. Fanno già un passo verso chi legge, come una persona che ci viene incontro.
Se i contorni dicono tanto, lo stesso vale per gli spazi tra le varie forme:
Gli spazi vuoti sono come i silenzi nella poesia: parlano. E lasciano respirare il testo.
E veniamo proprio al testo, che è organizzato per blocchi, con un titoletto in maiuscolo e una breve spiegazione sottostante.
I verbi sono all’infinito — cosa buona in assoluto, perché mimano già l’azione — però ogni cosa va valutata nel caso particolare, e qui il verbo all’infinito sa di robotico, ha un tono distaccato. Piuttosto “arrischiamoci” a dare del tu a chiunque si avvicini, tiriamo via la polvere dalla giacchetta burocratica e facciamo sentire a chi legge che virtualmente siamo lì vicino mentre butta via lo sporco.
In sostanza, ecco come avrei sistemato il cartello adesivo.
Che cos’è cambiato?
I verbi sono coniugati alla seconda persona singolare, si rivolgono direttamente alle persone, le invitano a compiere un’azione.
Tre su quattro sono cambiati, virando su loro sinonimi più informali:
introdurre → inserisci
inserire → metti dentro
ritirare → estraiSono rimasti in grassetto soltanto i verbi, perché l’attenzione si concentra sull’azione da compiere.
Per lo stesso motivo del punto precedente i verbi spiccano grazie al colore, quel giallo che si combina immediatamente con il circoletto giallo che indica la progressione numerica delle azioni.
I testi descrittivi che accompagnano ogni verbo sono informali, usano parole semplici e amichevoli.
I punti 2 e 3 si sono scambiati di posto: così la lettura asseconda la naturale lettura da sinistra verso destra e poi dall’alto verso il basso, la stessa che pratichiamo quando leggiamo un fumetto.
Nella fascia grigia sono scomparse le parole anomalie e guasti, basta usare una frase che inviti gentilmente a chiamare il servizio clienti.
Anche la parola numero verde è scomparsa, sostituita solo dalle cifre del numero da chiamare. Se ci sono simboli o azioni già assimilate dalle persone (come un numero telefonico), allora leviamo, riduciamo, rendiamo l’informazione essenziale.
Una postilla su un altro messaggio presente proprio al di sotto della calotta 👇
Posto che codici a barre e numero identificativo del cassonetto ci devono essere per renderlo identificabile e rintracciabile, si possono però spostare a lato — insieme alla targhetta con il nome della ditta produttrice dei cassonetti.
In questo modo il fronte della calotta rimane pulito, con un solo messaggio da mostrare a chi butta via i rifiuti, magari da rendere anche qui in modo più informale. Tipo così:
Quando butti via il sacchetto, fai ATTENZIONE:
mani, braccia, testa e resto del corpo tienile fuori 😉
Vade retro burocratese
Accanto al cassonetto dell’indifferenziato c’è anche quello dell’organico, e l’etichetta qui è più problematica perché si porta dietro residui ancora più rugginosi: le incrostazioni del burocratese, che si annidano in ogni angolo delle nostre vite.
Esibisco foto e poi vado con un’analisi rapida (promesso, rapidissima ✌️).
Ecco l’elenco di quello che non va:
Visto che ci sono le quattro fotografie in serie, la frase Istruzioni all’utilizzo del cassonetto con calotta potremmo abolirla; ma volendo tenerla, sarebbe meglio una cosa meno impersonale e che ci dica già qualcosa, tipo questa → Come usare il cassonetto a calotta.
DISEGNO 1 - Le parole introdurre, apposita fessura e attendere vi suonano fuori luogo e ridondanti, vero? Allora giù con la mannaia e cambiamo la frase così → Inserisci la chiavetta e aspetta il segnale sonoro.
DISEGNO 2 - Anche qui incontriamo altri due termini burocratesi: li avete riconosciuti? Sono il caro participio passato posta e il buon vecchio vano. Facciamo la magia → La leva a destra si abbasserà, aprendo la calotta.
DISEGNO 3 - Introdurre il rifiuto mi ricorda i giostrai quando dicono Inserire il gettone 😂; mentre quell’avendo cura che non fuoriesca e rispetti è proprio da gettare via. Non appena compare il gerundio, sappiamo già che gli seguirà un congiuntivo e che tutta la frase si appesantirà. Copio&incollo dalla soluzione dell’indifferenziato → Metti dentro il sacchetto, senza farlo sbordare dalla calotta.
DISEGNO 4 - Qui tutto sommato ci siamo, basta solo fare una sintesi migliore → Per chiudere la calotta spingi la leva verso l’alto, poi togli la chiavetta.
Per la frase finale vale quello detto in precedenza: un tono più amichevole. Evitiamo le espressioni pesanti come possono essere segnalati (tre forme verbali!), optando per una soluzione più snella → Segnalaci guasti e anomalie.
E voi, se avete qualcosa da segnalarmi, fatemelo pure sapere nei commenti o mandatemi un messaggio, tanto mi trovate un po’ dappertutto: su Instagram, Twitter, Medium; ma pure su Facebook e LinkedIn. Ah, per chi lo usa: su Telegram mi trovate digitando andrjet.
Se invece volete scrivermi un’email, eccola: alesci.andrea.m@gmail.com.
Visto che siamo in tema rifiuti, vi lascio con questa bella immagine che ho trovato su culturainquieta, profilo Instagram che posta arte in tutte le sue più impensabili sfumature.
P.S.
Ho aggiornato il logo di Linguetta, riducendo tutto a un solo elemento: una linguetta magenta su sfondo giallo. Fatemi sapere se vi garba!
📚 Di cose da togliere
Di solito i libri che vi suggerisco mi compaiono nella testa mentre scrivo la Linguetta, ed è stato così anche stavolta. Mi piace lasciarmi attraversare dalle suggestioni e poi condividerle, perciò ecco qua le due che l’omino nel mio cervello ha visualizzato:
Pieno vuoto, con testi di Cristina Bellemo e disegni di Liuna Virardi: si tratta di un bellissimo albo illustrato edito da Topipittori. Un libro per bambini e ragazzi, ma come capita a tutti i più bei libri per l’infanzia è un libro che parla a chiunque, raccontando con una sintesi perfetta che le cose piene e vuote hanno bisogno di incontrarsi per capirsi e vedersi meglio.
Visto che ho accennato anche a parole scomparse, ecco che mi è comparso un libro che si trova con difficoltà in commercio (ma per fortuna ci sono le biblioteche). Il libro è La scomparsa di Georges Perec, con il protagonista che sogna una non meglio precisata scomparsa; e per entrare in piena sintonia con la storia, che cos’è che ha fatto Perec? Ha scritto il romanzo senza mai usare la lettera “e”. Questa cosa in enigmistica si chiama lipogramma, ed è una cosa che solo a pensarci mi fa andare in visibilio. Ah, se non conoscete Georges Perec, questa è l’occasione giusta per entrare nel suo fantastico mondo potenziale.
🎞️ SOS Planet
Parlando di calotte dei rifiuti, parliamo di sostenibilità del pianeta, di consumi da contenere, di economie da cambiare. E di qualche attimo per riflettere. Il videoclip Man del disegnatore Steve Cutts ci aiuta a farlo nello spazio di tre minuti e mezzo.
Noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Se non siete già iscritti e iscritte alla newsletter, per mettere il 💖 bisogna lasciare l’email; se decidete di farlo, il pulsante da pigiare è sempre al solito posto, giù in fondo, accanto a quelli per commentare e fare passaparola.