Tanti pezzetti
Linguetta #134 / Ognunə di noi è fatto di tante parole, che si collegano fra di loro e creano immaginari, in grado di dire chi siamo e di raccontare storie che ci riguardano.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
La scorsa settimana sono stato a una formazione sul potere delle storie con il narratore Claudio Milani; eravamo in cerchio, quando a un certo punto abbiamo fatto un piccolo gioco-esercizio. Il gioco era questo: prendere un oggetto a portata di mano1 (in tasca, nelle borse, negli zaini) e che aveva per noi un valore affettivo, quindi sollevarlo per mostrarlo alle altre persone, dicendo questa frase:
Questo oggetto rappresenta una parte di me.
Ecco, raccontare una cosa che era soltanto un pezzettino dell’universo che conteniamo; dirlo con quelle precise parole ha mostrato a chi ci ascoltava qualcosa di significativo della nostra personalità, senza però definirci.
Siamo degli interi ma conteniamo moltitudini.
E quell’oggetto non era una parte di me, ma rappresentava una parte di me. Stava al posto di qualcosa che mi compone, divenendo il racconto di qualcosa che mi riguarda.
Noi non crediamo alla realtà, ma al racconto della realtà. E succede perché noi siamo un racconto.
Il racconto è il genere millenario dell’umanità, che poi nel Seicento è diventato fiaba, che poi la carta stampata ha in un certo senso “ucciso” (fissandola sulla pagina) ma che poi è rinata nelle molteplici forme del libro moderno, nel cinema, nella radio, nelle serie tv, nei podcast, negli albi illustrati, dentro Internet.
E anche se siamo creature visuali, noi siamo comunque parola.
E quando una persona dice una storia, chi la ascolta la prende.
Uno, nessuno e centomila
Le storie che decidiamo di raccontare sono quelle che abbiamo ricevuto, quelle che ci trasformano continuamente e che agiscono dentro di noi, in un groviglio di cose che ci compongono.
Mi ci ha fatto pensare un bel romanzo per ragazze e ragazzi che ho letto di recente, Grande, bro! di Jenny Jägerfeld (traduzione di Laura Cangemi), specie nella parte finale quando il protagonista dice:
Loro pensano che sia una femmina, e forse non li si può biasimare, perché sono nato con la vagina. E lo so che è insolito, per un maschio. Però credimi: io SONO un maschio. Sono Måns. E sono anche altre cose: uno skater, uno che adora il gelato, uno che vede tutti i colori più intensi con l’occhio destro. E sono un maschio. Lo sento nel corpo. Nel… cervello… nel cuore.
Decidiamo noi quando tirare fuori una delle cose che ci rendono noi, che mutano all’interno così come all’esterno di noi, anche nel corso di una sola giornata. Perché pure la nostra parte esterna – che chiamiamo ruoli – assume tante forme, come racconta benissimo l’albo illustrato Uno come Antonio scritto da Susanna Mattiangeli e illustrato da Mariachiara Di Giorgio.
Perché Antonio è figlio, nipote, amore della zia, cugino, fratello, attaccante, alunno, un viaggiatore dello spazio, lettore, paziente, atleta, passeggero, cittadino, autore, attore sorprendente, ospite, compagno. E il racconto della sua storia si chiude così (scusate lo spoiler):
Perché Antonio è tante cose ma soprattutto è il mio migliore amico.
Ecco, ogni parte (interna ed esterna) ci muove alla scoperta e non può essere confinata dentro una sola definizione. Perché per natura ogni persona sfugge alle definizioni.
Orizzonti aperti
Quando chiediamo a qualcunə di scegliere un film, un libro o qualsiasi altra cosa che sia la sua preferita, tendiamo a pensare che quella scelta lə inquadri, mentre è soltanto un suo pezzettino.
Allora nominare ed essere nominatə correttamente è un atto di creazione e di riconoscenza, nel senso che usare le parole giuste per nominare le persone descrive gli orizzonti di azione e la sfera di rispetto reciproche.
Siamo tante cose, e nessuna di queste, presa singolarmente, ci esaurisce.
Più di tutto siamo esseri narranti e narrati, parliamo e “siamo parlati” dalle parole. Anzi, siamo parola.
E dentro di noi le parole aprono immaginari, si legano fra di loro e ci trasformano. Ancora Claudio Milani:
Quando sentiamo una parola, colleghiamo il massimo degli immaginari che abbiamo dentro, il massimo che il nostro corpo può gestire.
Godiamo, muovendo il nostro corpo al massimo della sua potenza, e ci arriva perché la parola ci fa fare la fatica di collegare. Più colleghiamo, più istanze di libertà possiamo mettere nella nostra vita.
La parola ci costituisce.
È la nostra costituzione, intesa come statuto fisico del nostro corpo e sistema di organizzazione delle cose che ci regolano, che ci fanno.
Siamo abitatə da questo sommovimento di parole interiori in continua metamorfosi, congegno per capire come funzioniamo.
Siamo storie che ci raccontiamo, che raccontiamo, che ci raccontano.
P.S.
Oggi Linguetta ancora ben oltre la zona trasformazione-in-zucca, ma con un annuncio in coda. Questo: giovedì 9, venerdì 10 e sabato 11 maggio mi troverete al Salone di Torino, allo stand di Sabir editore. Sarò seduto in un banchetto per delle dediche o anche solo per fare due chiacchiere, perché una storia che prima stava solo nella mia testa è diventata vera grazie ai “Sabiri”, è diventata L’arcipelago delle isoleombra, un libro in rima (ma non solo), splendidamente illustrato da Marianna Balducci.
Se passate di lì, anche solo per un saluto, sarò super contento! Saremo al Salone con il libro in anteprima, mentre l’uscita ufficiale in tutte le librerie (fisiche e non) sarà il 20 maggio. Ma per chi vuole, agevolo link sullo shop di Sabir e qui sotto copertina del libro.
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi che stanno nella raccolta Poesie di Trilussa, pseudonimo del poeta Carlo Alberto Camillo Salustri.
Felicità
C’è un’Ape che se posa
su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa.
📚 Doppio Auster
Lo scorso 30 aprile è morto a 77 anni lo scrittore americano Paul Auster, a cui bastavano poche frasi per fissarsi nella testa. Vi consiglio due sue cose, una lunga e una breve:
le 939 pagine del romanzo 4 3 2 1 con la storia di Archie Ferguson, anzi con le storie degli Archie Ferguson, dei campionari di vite possibili; quelle successe, che potevano succedere, che potrebbero succedere, cioè tanti pezzetti di vite che hanno un’origine comune nel 3 marzo 1947, a Newark, ma che proseguono intrecciandosi nel chissà.
le 167 pagine del romanzo breve Nel paese delle ultime cose, un viaggio distopico con cui Anna Blume si mette a cercare le tracce del fratello scomparso, e da un posto senza nome né coordinate scrive, raccontando il disfacimento passato e una possibile salvezza fatta in forma di parole.
🎥 Di luci e bui
Quando c’è Charlie Kaufman nei paraggi, difficile sbagliarsi. E infatti, anche in questa sua prima prova da sceneggiatore di un’opera per bambine e bambini, si sente che tutto funziona. Sto parlando di Orion e il buio di Sean Charmatz, un cartone animato prodotto dalla Dreamworks, che sembra un cartone animato della Pixar degli anni d’oro, che farà venire un bel po’ d’invidia alla Pixar; e che quando sembra diventare Inside out della Pixar, ecco che trova la soluzione geniale per trasformarsi (anche) in una storia sulle storie. Sta su Netflix.
Il secondo consiglio invece è per un film che già alla prima inquadratura mi ha conquistato, con quel puntino di luce che è il cuore di tutto. La luce la senti, dentro Estranei di Andrew Haigh: negli abbracci, nelle carezze, nelle lacrime sui visi, nei punti di raccordo fuori dalle finestre, nel tempo che scorre oltre i finestrini. È una storia di fantasmi che si cercano. È il cinema che voglio vedere. Sta su Disney+ (e su Prime Video a noleggio).
🎧 Robe fumettose
BAO Publishing fa un sacco di fumetti belli, e ora pure un podcast che si chiama Fortezza Fumetto, e li racconta quei fumetti: con la voce di Michele Foschini (e i consigli finali di Caterina Marietti) attorno al come, cosa, perché, dove, quando della narrativa disegnata. Qui sotto la prima puntata Perché fare fumetto?
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Cerchiamo le parole che creano collegamenti dentro di noi, e poi raccontiamo, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
Per lasciare un commento c’è lo spazio lì accanto, ma vi aspetto pure via mail, oppure dentro le Notes con un restack della puntata (cioè pigiando la rotellina con le due frecce accanto al simbolo dei commenti).
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Per la cronaca, l’oggetto che ho usato per il gioco con Claudio Milani è stato il mio portachiavi, a cui è attaccato Dart Fener in versione mattoncino Lego.
Ciao. Grazie per i tantissimi stimoli che offri con le tue parole...
Ho avuto la fortuna di vedere Estranei al cinema un po' di tempo fa, un film davvero poetico e commovente.... Per chi non avesse Prime, si trova anche su Disney plus.
Incredibile come Linguetta riesca a rendermi un po' più ricco della newsletter precedente. Grazie di cuore, se capiti in Sardegna hai una seada assicurata (che spero tu possa apprezzare!).