Spazi condivisi
Linguetta #154 / Le strade di città e paesi devono essere usabili da chiunque allo stesso modo, rimettendo al centro le persone. Così come possono fare le parole.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Poco tempo fa stavo guidando l’auto e mi sono fermato una decina di metri prima delle strisce pedonali perché una ragazza stava per attraversare, ma un’altra auto invece ha proseguito e leggermente accelerato (mentre la ragazza levava un braccio e credo non rivolgesse parole carine all’automobilista).
Ora, può pure essere che chi guidava quell’auto fosse soprappensiero, ma il comportamento istintivo è stato favorito dall’ambiente.
Quando siamo immersə in un sistema consolidato, c’è maggiore attrito al cambiamento.
Può essere un attrito di cui non siamo consapevoli, e le strade rendono bene questa tendenza della società nel mettere al centro le automobili e gli altri veicoli a motore.
Quando un sistema ti governa per tanto tempo facendoti scivolare nella testa che “la strada è delle auto”, allora dalle strade spariscono persone a piedi, in bicicletta, in monopattino.
Serve un ambiente favorevole alla convivenza.
E ogni ambiente si crea se le persone che lo progettano e che lo vivono capiscono che quello spazio è di tuttə. Vale per quella lingua d’asfalto su cui ci spostiamo, così come per la lingua che definisce chi siamo.
Rendere visibili
Ora che l’estate è finita, molte strade sono più scure, perché l’asfalto appena steso nel mese di agosto crea un contrasto maggiore con le strisce bianche, con quelle che delimitano la carreggiata, quelle che separano le corsie, che indicano stop e precedenze, che segnalano gli attraversamenti pedonali, che segnano le corsie ciclabili.
Se però sotto di noi avessimo solo asfalto nero, saremmo come zattere alla deriva nell’oceano, senza punti di riferimento.
Le delimitazioni chiare e i contrasti di colore rendono tutto più visibile, mostrano che gli spazi si parlano, facendo sentire a più agio chi quegli spazi può occuparli.
La visibilità è la premessa per l’accessibilità.
Ma perché uno spazio sia accessibile deve fare sentire al sicuro e agevole nel muoversi chiunque lo frequenti, e per farlo è sempre chi è più fragile il perno attorno a cui costruire quegli spazi.
Ridurre la larghezza delle corsie, allargare i marciapiedi, creare ciclabili, piantare alberi, segnalare e illuminare gli attraversamenti, creare spartitraffico funzionali.
Ad esempio, anche nella valle dove abito, poco tempo fa hanno colorato di rosso un attraversamento pedonale e fatto lo stesso con un tratto di ciclabile: il contrasto porta naturalmente chi guida un’auto a diminuire la velocità, perché rende evidente che lo spazio della strada è uno spazio che ospita tuttə allo stesso modo, che soprattutto mostra il sistema di relazioni fra chi abita la strada.
Significa fare parte di un tessuto urbano comune, così come con le parole possiamo fare sentire ogni persona accolta in una comunità, e così in grado di funzionare.
Allargare
Nell’ultima puntata di
, suggerisce un concetto rivoluzionario, nel senso che fa proprio fare una rivoluzione al pensiero:Serve allargare la zona di comfort, ampliarla per trasformare quello che provoca disagio in qualcosa di familiare.
Lei ne parlava a proposito della corsa, ma è un pensiero che si può applicare agli spazi delle strade cittadine così come alla lingua che usiamo tutti i giorni per comunicare.
Espandere la zona confortevole di chi è statə finora al centro (auto e categorie di persone privilegiate), significa dare potere di azione a chi era fuori da quel perimetro agevole e piacevole.
Ne parla ad esempio Amanda Shendruk in questo bel pezzo per il Washintgon Post, nel quale racconta dei super blocchi urbani di Barcellona che mettono i pedoni al centro: è un pezzo che si può anche solo guardare, chiarissimo nei disegni che riporta e nei video girati nel centro della città spagnola – non mi ricordo in che newsletter l’ho trovato, se l’aveva segnalato qualcunə che ora legge: grazie!
Chi ha occupato spazi che sono diventati la norma, deve lasciarli a chi non ha mai avuto la possibilità di mostrarsi, a chi è (stato messə) in minoranza.
Vale in strada e vale nella lingua che dà forma alla società, rispettando la varietà espressa dal colore della pelle, dall’identità di genere, da corpi non conformi, dall’età, dalle abilità fisiche, dalla nazionalità.
E per farsi vedere anche agli occhi delle altre persone, per esistere nel discorso pubblico, servono spazi, servono parole.
Serve allargare la zona di comfort a chi è sempre statə al margine.
P.S.
Mi metto in strada anch’io prossimamente:
Sabato 28 settembre alle 16.30 sarò alla Libreria dei ragazzi e delle ragazze di Brescia (via S. Bartolomeo 15/a) per raccontare di quelle cose di terra con l’acqua intorno che stanno dentro L’arcipelago delle isoleombra. Leggerò qualche filastrocca e farò un laboratorio per bambine e bambini dai 6 anni in su (ma se ne vengono di più piccoli, no problem!).
Giovedì 3 ottobre sarò a L’Aquila per il DiParola Festival insieme a un sacco di persone che leggo da tempo e da cui ho imparato un sacco di cose. Il mio intervento sarà alle 14.45 e s’intitola Lucidare le parole. Tutti gli interventi saranno trasmessi anche online, e ci si può iscrivere qui.
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi dalla raccolta di filastrocche La forchetta fidanzata di Nicola Cinquetti (disegni di Marco Paci).
Divieto di transito
Se poi mi rinchiudo in me stesso
se metto una trave all’ingresso
se scrivo divieto d’accesso
vi prego bussate lo stesso.
📚 Quello che abbiamo
Ho letto un libro a figure scritto e illustrato da Guridi e che s’intitola Parole. Dentro ce ne sono poche, solo tutte quelle che servono per dire le cose che ci mettono in relazione alle altre persone. Un libro sottile, di piccolo formato, che nel dialogo con i profili disegnati nelle doppie tavole riesce a illuminare tutte le zone nascoste che ci teniamo dentro.
📺 Videini ciclabili
Visto che questa puntata è molto urbana, vi segnalo tre cose da guardare:
Un video sul design delle strade olandesi raccontate dal canadese Adam Yates, che mostra come le città possono ruotare attorno a chi pedala e cammina.
Rimaniamo sempre nei Paesi Bassi con il video di Not Just Bikes, che ci porta nei sobborghi per mostrare come può essere la mobilità sostenibile.
Una cosa che ho trovato grazie a
, cioè un sito che ci fa andare in giro per le strade di diverse città del mondo, osservandole da una telecamera montata su una macchina. Io ho provato subito ad andare ad Amsterdam e Dublino, che sono piene di corsie colorate per le biciclette!
✉️ Lettere su ruote
A chi è qui da poco, visto che oggi la lingua s’è incrociata con la strada, suggerisco due belle newsletter che seguo da tempo:
- , nell’ultima puntata racconta chi era Jane Jacobs, che negli anni ‘50 a New York ha insegnato a guardare in modo diverso le strade.
- , con che nell’ultima puntata ha raccontato come Gent sia a misura di bicicletta anche per i più piccoli.
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Allarghiamo gli spazi perché siano di tutte le persone, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
Per lasciare un commento c’è lo spazio lì accanto, ma vi aspetto pure via mail, oppure dentro le Notes con un restack della puntata (cioè pigiando la rotellina con le due frecce accanto al simbolo dei commenti).
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Caro Andrea è una bella puntata questa di oggi, utile proprio a settembre.
Con il riavvio anno scolastico, comprendere e accorgersi che le strade sono di tuttə è un bell' esercizio, grazie: Aiuti a far questa riflessione e la condivisione della tua "linguetta " oggi mi pare d' obbligo 🤗
Servono più geometrie prospettive! Ne parlavo a luglio, mi sa. Bella puntata, grazie!