Precisioni
Linguetta #159 / Usare precisione genera risonanze e conoscenza, cioè dà valore narrativo alle parole che usiamo, sia in letteratura sia nella comunicazione pubblica.

Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Un mese fa ero al DiParola Festival, e il tema di tutti gli interventi1 faceva perno sulla precisione. Riprendo alcune cose dal mio intervento, che avevo intitolato così:
Lucidare le parole, un’esplorazione tra letteratura e comunicazione.
Una passeggiata per vedere come sono fatti i contorni precisi delle parole, che si tratti di un testo letterario oppure no.
E a pensare alla precisione vengono in mente cose concrete: la misura al centesimo di secondo in una gara di atletica, le linee dettagliate di un disegno iperrealistico, l’intaglio di un mastro liutaio, un colpo che non credevamo possibile. Almeno finché qualcunǝ non lo fa.
Tutti i mestieri, tutte le azioni umane hanno a che fare a un certo punto con la precisione. Si tratta di fare le cose bene, di prendersi il tempo di imparare, di starci, nelle cose, e ripetere un gesto dopo l’altro finché si raggiunge un grado di maestria.
Si tratta di compiere gesti perfetti.
Di un lavoro fatto ad arte diciamo che è fatto alla perfezione, anche se lavorare di precisione significa lavorare nell’imperfezione, nella correzione continua, nell’errore, nella serie di approssimazioni per raggiungere la forma definitiva dell’opera.
La precisione è il lavorio di questa imperfezione.
La natura – di cui facciamo parte anche noi umani – è piena di imperfezioni, perché trova compromessi con i vincoli preesistenti.
D’altra parte, l’evoluzione non funziona in maniera lineare: ha ramificazioni, convivenze, estinzioni, ibridazioni. E anche l’espressione “anello mancante”, usata spesso per parlare di meccanismi evolutivi, è un’espressione imprecisa e sterile, perché non esiste una catena fatta di anelli.
Le parole precise invece sono cose vive, fanno funzionare le persone perché sono fatte di materia come le persone.
Generare risonanze
Sto finendo di rivedere Lost, a vent’anni di distanza. E all’inizio di questa serie generativa c’è una scena in cui Charlie dà a Claire un barattolo di burro di arachidi. Vuoto.
Quello lì è un barattolo quantistico: sta in due stati nello stesso momento.
Che poi è quella cosa che ci consente di fare l’immaginazione: andare nell’altrove pur restando fermǝ.
Ed è quello che fa la letteratura, trasformando il rapporto tra significato e significante in qualcosa di oscillante, intermittente, in grado di generare risonanze, cioè aprire nuove possibilità di comprensione.
In letteratura si usano le sfumature linguistiche, si agisce sullo spettro e sulla complessità; nella comunicazione pubblica fatta di microcopy, testi di un sito, volantini, documenti, contratti legali si cercano parole che definiscano una e una cosa soltanto.
Comunque, è sempre questione di precisione.
E la precisione è un esercizio di attenzione concentrata che scaccia le soluzioni pigre e fumose per raccontare buone storie.
Basta evitare le parole che creano oscurità linguistica, cioè quelle che invece di aiutare a vedere le cose, le nascondono: nella comunicazione sono quelle che si mascherano con burocratese, frasi fatte, forestierismi, tecnicismi; in letteratura sono testi che usano il lessico per dire le cose in modo piatto, raccogliticcio, senza portarci dentro, nelle vibrazioni di una storia.
Lucide narrative
Che si tratti di letteratura o comunicazione pubblica, parliamo comunque di testi di narrativa, e non è un caso se l’etimologia di narrare sta nel gnarus latino, cioè ‘che sa’.
Narrare mette a conoscenza qualcunǝ di qualcosa, genera una conoscenza in chi legge / ascolta.
In questo senso, ogni testo è narrativa, perché dà qualcosa, scava una specie di solco dentro le persone che lo ricevono, e le fa funzionare.
Dice Flannery O’Connor nel saggio Nel territorio del diavolo. Sul mistero di scrivere:
Il mondo dello scrittore di narrativa è colmo di materia, ed è proprio questo che gli scrittori di narrativa principianti sono così restii a creare. […]
Sono consapevoli di problemi, non di persone, di questioni e di temi, non dell’ordito dell’esistenza, di anamnesi, e di tutto quel che sa di sociologia, anziché di quei particolari di vita concreti che danno realtà al mistero della nostra posizione sulla terra.
Le parole sono come oggetti, da lucidare.
Le parole lucide hanno diversi gradi di trasparenza, a seconda del contesto: se stiamo curando una comunicazione pubblica, portano a risposte chiare e rapide; in un contesto letterario aprono domande e dubbi.
In letteratura le parole lucide espandono il mondo.
Nei testi pubblici rendono praticabile il mondo.
Vale quello che disse Italo Calvino parlando di poesia2:
Serve la bellezza del vago, usando un’attenzione precisa e meticolosa nella composizione di ogni immagine, dettaglio, oggetto, atmosfera, quella del poeta che sa cogliere ogni sensazione più sottile con occhio, orecchio, mano pronti e sicuri.
Le parole precise contano, e fanno contare le persone.
P.S.
Pochi giorni fa sono stato ospite con un racconto dentro
🖊️ Inversi
Oggi un verso che è una frase racchiusa nella raccolta di “citazioni, motti, macerie di diario, pensieri a gogò”, come li definisce il suo autore Gesualdo Bufalino. Il libro è Bluff di parole, il verso è questo:
Scrivere: enteroclisma dell’anima.
📚 Travolgente puzzle
Ci sono freschezza e precisione nel racconto che Vania Strudel fa di sé e di chi le sta intorno nella storia immaginata dalla scrittrice Émilie Chazerand: cioè La formica rossa, traduzione di Silvia Turato. Rotolate fra l’ironia e le risate che la 15enne Vania regala a chi legge, mentre racconta della sua vita fatta di inossidabili amicizie che si incrinano, misteri famigliari e legami che mutano forma.
🎥 Famiglie si diventa
Se nella vostra città è ancora in sala, regalatevi Il robot selvaggio diretto da Chris Sanders, che è stato il regista anche di Dragon Trainer, I Croods, Lilo & Stitch. Si piange (e si sorride) tanto sull’isola dove naufraga il robot ROZZUM 7134, detta Roz, e dove la sua vita si intreccerà a quella del piccolo d’oca Beccolustro. E per chi vuole, c’è anche il bel libro Il robot selvatico da cui è tratto il film (scritto e disegnato da Peter Brown, traduzione di Dida Paggi).
Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Cerchiamo di usare parole vive e precise per fare funzionare le persone, che in fondo basta usare il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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Italo Calvino, Lezioni americane, capitolo sull’esattezza.
Grazie Andrea, è sempre bello ritrovarsi dentro Linguetta <3
Ci sono parole precise che a volte strappano anche un sorriso, perché non sono così usuali.
Come in questo caso: raccogliticcio.
Grazie per avermelo regalato (oltre al resto).