Barriere
Linguetta #113 / È la società che disabilita le persone, progettando spazi e parole che ostacolano la libera espressione. Diventarne consapevoli serve a cambiare prospettiva.

Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Pochi giorni fa alcuni miei nipoti mi hanno chiamato in camera per farmi vedere un fortino appena costruito con letti, materassi, cuscini, comodini e tutto quanto trovato nei dintorni.
La cosa mi ha ricordato un’analoga costruzione che da piccoli facevamo spesso io, mio fratello e un nostro cugino: un’architettura di base per un gioco che avevamo chiamato Giochi senza barriere — facendo il verso a Giochi senza frontiere.
Ecco, se c’è una cosa che il gioco implicitamente insegna è a tirare giù le barriere. Il gioco è accogliente per sua natura, come la lingua.
E accogliere vuole dire andare incontro alle persone, metterle a proprio agio, anzi adeguarsi l’una alle condizioni dell’altra. Significa trovare un terreno comune di relazione e convivenza.
Si può fare usando più attenzione alle parole che si dicono o scrivono (non il disabile ma il signor Rossi, non un sordo ma una persona sorda, non affetto da… ma con disabilità…, non ritardato ma persona con disabilità intellettiva); e si può fare progettando oggetti che parlino a tutte le persone (rampe, percorsi zigrinati, segnali acustici, marciapiedi larghi, sottotitoli, audiodescrizioni).
In entrambi i casi si tratta di creare condizioni favorevoli, che assecondino le abilità di ogni persona.
Perché è l’ambiente che crea il concetto di disabilità.
Il compito di chi progetta è attivare le diverse abilità, creando contesti d’uso agevoli, che rendono facile l’azione per chi li frequenta.
La disabilità non esiste
La convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità — redatta e firmata dall’Onu nel 2006, diventata legge italiana nel 2009 e ratificata dall’Unione Europea nel 2010 — dice:
Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri.
Al netto della parola ‘menomazioni’ che cambierei in ‘caratteristiche’, la definizione riconosce una cosa fondamentale:
la persona viene per prima.
E come dice il comunicatore Iacopo Melio nel suo prezioso libro È facile parlare di disabilità (se sai davvero come farlo):
La persona con disabilità è una persona che non riesce a esprimersi come gli altri perché incontra delle barriere che interagiscono con le sue capacità e possibilità fisiche e mentali.
La disabilità è causata dalla società, e se ci pensiamo chiunque nella propria vita ha vissuto, anche solo per poco tempo, una condizione di disabilità: cioè, chiunque ha sperimentato che cosa vuol dire trovare ostacoli che impediscono di manifestare le proprie abilità.
Si tratta di un cambio di prospettiva.
Un esempio sta nello spot di Decathlon che avevo trovato in una vecchia puntata della newsletter L’ho fatto a Posta di
, in cui i segnali di parcheggio mettono in risalto le abilità delle persone a cui quei parcheggi sono riservati.La via dell’ascolto
Nella penultima puntata della quarta stagione di Sex Education c’è una scena in cui Isaac dice al resto della scuola:
È irritante, vero? Non poter andare dove si voglia. Ho chiesto gentilmente molte volte di sostituire l’ascensore e non è mai stato fatto niente. Quindi sì, oggi sarò un po’ disturbante. Perché francamente sono tanto incazzato.
Ho altre cose di cui devo preoccuparmi, come sapere se prenderò un buon voto all’esame. Cosa mangerò per cena stasera. Le normali cazzate quotidiane. Ma invece sono qui a perdere il mio tempo a spiegare perché l’accessibilità è importante, invece che un dato di fatto.
Non do la colpa a nessuno in particolare. La colpa è di tutti. Date tutto per scontato.
Di certo questo liceo può permettersi un nuovo ascensore. So che non è un argomento fico, ma è davvero importante che se qualcuno ha bisogno di qualcosa e la chiede, sia ascoltato.
E quando il preside interviene dicendo che è un malinteso, allora Aisha replica:
Questo non è un malinteso, è un ripensamento. Da piccola usavo la lingua dei segni, ma da quando ho iniziato le superiori ho detto addio all’accessibilità. Mi vergognavo così tanto a chiederla, quindi faccio finta di cavarmela, come fanno tutti gli altri.
È una fatica enorme. Leggere le labbra, far parlare le persone al mio posto, prendere appunti in classe. È così snervante.
Isaac si sposta con una carrozzina. Aisha è una ragazza sorda.
Ciò che dicono si collega alla cosa importante che parole come quelle della convenzione Onu fanno: creare consapevolezza.
Essere consapevoli che la disabilità è una condizione momentanea in cui non riusciamo a fare qualcosa, e che è superabile con i giusti strumenti e facilitatori: ascensori, carrozzine, computer, piccole accortezze, insegnanti di sostegno, supporti.
La lingua aiuta perché con le parole influiamo sui corpi e produciamo reazioni profonde in essi, partendo dai modi con cui definiamo le differenze psicofisiche, sensoriali o neurologiche delle persone.
Per capire come usare le parole serve sempre ascoltare, soprattutto persone come Iacopo Melio, di cui consiglio il pezzo scritto per Fanpage Parlare di disabilità: quali sono le parole corrette da usare.
Progettare contenuti e cose nel modo corretto serve a creare parità, che è cosa diversa dall’uguaglianza, come rende esplicito sempre Melio nel suo libro, grazie a un’eloquente illustrazione.
Per spiegarla usa queste parole:
L’uguaglianza è dare a tutti gli stessi strumenti.
La parità è dare a ognuno gli strumenti di cui ha bisogno per poter essere al pari degli altri.
Volendo, al posto di “parità” potremmo usare anche il concetto di “equità”, ovvero “giustizia in ogni situazione”.
P.S.
Nuovo sconfinamento notturno oltre la mezzanotte, quindi Linguetta sarà lì a farvi compagnia al vostro risveglio. Come il pulsante qui sotto, cioè quello per fare passaparola (e ricevere dei riconoscimenti).
🖊️ Inversi
Oggi pochi versi della poeta Azzurra D’Agostino tratti dalla raccolta Quando piove ho visto le rane.
Nuvole
Mamma, perché le nuvole vanno via?
La risposta sta forse nei venti, questioni di pressione
e di correnti, ma è difficile e di poca fantasia
rinchiudere il cielo nella meteorologia.
📚 Architetture fantastiche
Visto che la puntata è iniziata con un fortino, il suggerimento è per un albo illustrato (quasi) senza parole in cui i grandi chiedono ogni volta di poter entrare dentro quel mondo di cuscini, mollette, sedie, lenzuola e divani eretto da bambine e bambini. La parola magica è quella che dà il titolo al libro: È permesso?, scritto da Elena Rossini e illustrato da Irene Penazzi.
🎥 Misteri remoti
Sto vedendo una miniserie ideata dalla coppia Brit Marling & Zal Batmanglij — che aveva già creato il gioiello di fantascienza The OA, ahimè interrotto da Netflix dopo due stagioni —: s’intitola A murder at the end of the world, la protagonista è la hacker 24enne Darby Hart (Emma Corrin), invitata dal guru della tecnologia Andy Ronson (Clive Owen) insieme ad altre otto persone in un ritiro di una settimana in un albergo di lusso in Islanda. Intelligenza artificiale, un’atmosfera alla Dieci piccoli indiani di Agatha Christie e un continuo rimbalzare nel passato di Darby, che insieme a Bill aveva iniziato a indagare su vecchi casi di femminicidi seriali, chiusi perché i corpi non erano mai stati identificati. Sta su Disney+.
🎧 Simbologie
Il podcast Cosa c’entra di Chiara Alessi riesce sempre a raccontare storie di cose che collidono, rivelando risvolti inaspettati. Vi linko la puntata del 1° dicembre La disabilità e il suo simbolo internazionale, in cui ragiona su persone e vicende che stanno dietro la realizzazione di quel simbolo che siamo abituatə a vedere ovunque, aprendo anche un’interessante riflessione sul suo possibile cambiamento.
✉️ Focus profondi
Le questioni di genere e i femminismi sono temi che sento molto e di cui credo sia necessario parlare sempre, perciò ecco il consiglio per una newsletter che ci ragiona in dettaglio: si tratta di
, la scrive e l’ultima puntata s’intitola Lo spettro del gender.Secondo consiglio per una newsletter che mi piace sia per i contenuti (prevenzione, diritto alla salute, femminismi) sia per la fresca impaginazione: si chiama
e la scrive .Mi sa che è tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Tiriamo giù le barriere, linguistiche e fisiche, che in fondo basta il 💖, lo stesso cuore che sta qui sotto e che potete pigiare per dirmi se v’è piaciuta la puntata.
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Cambiare prospettiva è tremendamente necessario anche nel quotidiano.
Tanto per fare un esempio banale, persino andare in strada a piedi, a piedi con il passeggino, in bici, in scooter, in auto, è qualcosa che aiuta a vedere anche il punto di vista, fisico e mentale, degli altri.
Figuriamoci quando si parla di disabilità.
Come sempre, una Linguetta preziosa. Da qualche tempo ho iniziato a parlare di accessibilità dei contenuti, devo dire che ho iniziato un gran lavoro di destrutturazione prima di tutto su me stessa, un primo passo, come dici tu, nell'accogliere.