Difficile è manutenere
Linguetta #42 / La manutenzione delle parole è come quella di un qualsiasi servizio cittadino: decisiva perché il nostro pubblico continui a confidare in noi.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Quando posso mi piace portare dentro questa newsletter cose che mi sono successe o che ho visto, utili per parlare di comunicazione e uso della lingua.
E di cose ne ho viste in questi ultimi dieci giorni passati in Sicilia, in un posto che conosco bene perché ci vengo da quando sono nato: è Capo d’Orlando, sulla costa tirrenica della Sicilia nordorientale, proprio di fronte allo splendido arco delle isole Eolie.
Ogni volta che lo nomino, Capo d’Orlando, a qualcuno su al Nord che ci è stato o anche a chi non è mai venuto in Sicilia ma ne ha sentito parlare, be’ quello che sento è: “Che bello!”, “Ah, Capo d’Orlando”, “Wow, fantastico Capo”, “Che posto meraviglioso Capo d’Orlando”. E in effetti è un posto davvero bello, con un mare cristallino, la quasi totalità della spiaggia libera, una bella zona pedonale, granite top, il borgo dei pescatori di San Gregorio, la campagna con limoneti e aranceti, Villa Piccolo; e dall’inizio degli anni Dieci alle bellezze naturali si sono aggiunte: una pista ciclopedonale protetta sul lungomare, un’area cani attrezzata, un sistema più funzionale di parcheggi a pagamento, nuovi giochi per i bambini in centro, un servizio di bike sharing, un trenino gratuito per i turisti, cestini dei rifiuti distribuiti capillarmente.
Tanti nuovi servizi che hanno reso il paese ancora più bello, sennonché negli ultimi anni quasi tutte queste cose si sono deteriorate o non ci sono più.
Una premessa un po’ lunga oggi, ma serviva per dire che la straordinarietà è fatta di tante piccole cose ordinarie che vanno mantenute.
Funziona così anche con la comunicazione: non basta aggiungere nuovi servizi, bisogna continuare a mantenerli vivi.
L’arte della manutenzione delle parole
Niente è acquisito per sempre, ogni cosa va conservata, ripulita, ricordata, detta, aggiustata, ridetta. Le parole ci servono a dire le cose, e una volta che siamo riuscitə a usarle bene per costruire un messaggio o definire con esse un servizio, dobbiamo continuare a concentrare le nostre energie perché quel messaggio/servizio sia sempre chiaro ed efficace, perché tenga conto delle esigenze del pubblico che cambia o di situazioni che si modificano e possono renderlo opaco.
Dobbiamo manutenere il linguaggio, così come succede per i servizi di un paese/quartiere/città; altrimenti, come m’è capitato di vedere a Capo d’Orlando — ma può essere esteso ad altri centri urbani — parte della ciclabile ha ora l’asfalto sconnesso, l’area cani è stata abbandonata, le biciclette del bike sharing sono state aggredite dalla salsedine e ora il servizio è sparito, il trenino turistico non è più in funzione, i cestini sono rotti o indecorosamente circondati da plotoni di rifiuti alla fine di ogni giornata.
Il parallelo può essere con un sito web nuovo ma non aggiornato, un servizio di messaggistica lanciato e poi abbandonato, un copy pensato solo per attirare e non per creare fiducia, un modo sciatto di rispondere al front office.
Le parole fanno le cose, generano effetti reali e modificano le relazioni con le persone.
Manutenere le parole significa prendersene cura, misurarle, capire come possono essere modificate, continuare a studiare i migliori modi per assemblarle. Come dice Robert M. Pirsig in Lo zen e l’arte della manutenzione della bicicletta:
Benché guidare una motocicletta sia romantico, occuparsi della sua manutenzione è decisamente classico […]
A un romantico lo stile classico sembra spesso banale, goffo e brutto, esattamente come la manutenzione meccanica. È tutta una questione di pezzi, di parti, di componenti e di rapporti […]
Non tutti capiscono l’assoluta razionalità della manutenzione di una motocicletta. Molti pensano che ci voglia una specie di ‘fiuto’ o una certa ‘affinità con le macchine’. Hanno ragione, ma il fiuto è quasi sempre frutto di un processo razionale, e i contrattempi sono causati spessissimo dall’incapacità di usare la testa in modo appropriato.
L’emblema di un servizio orlandino creato e poi non mantenuto sta racchiuso dentro a questa doppietta di foto:
Un bell’ufficio Informazioni che nel giro di dieci anni è diventato un edificio sgarrupato, chiuso per la maggior parte del tempo e con il messaggio dell’orario estivo evidentemente scritto con il famoso inchiostro simpatico ACME.
Ecco, le parole che usiamo e i messaggi che costruiamo dovrebbero cercare di rimanere splendenti ed efficaci come il primo giorno. Conservarli nel tempo con quella brillantezza che avevano all’origine vuole dire essere autorevoli, credibili, degni della fiducia di chi ci legge/ascolta.
Vuol dire manutenere quel pubblico, avere a cuore le persone.
Vuol dire mantenere un rapporto nel tempo, essere presenti nella testa delle persone a cui ci rivolgiamo come una terra conosciuta e sulla quale è bello tornare. E della quale è bello parlare bene anche a chi non la conosce.
📚 Versi da conservare
Visto che oggi siamo statə a Capo d’Orlando, è d’obbligo parlarvi del poeta Lucio Piccolo, cugino di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nato a Palermo il 27 ottobre 1901 e morto a Capo d’Orlando il 26 maggio 1969. Morto in quella villa che porta il suo cognome (Villa Piccolo) e che è una specie di rifugio fuori dal tempo per chiunque salga a visitarla.
Il libro che vi consiglio è uno qualsiasi dei suoi: Canti barocchi, Gioco a nascondere, 9 liriche, Plumelia, La seta, il raggio verde e altre poesie. Si fa fatica a trovarli, ma come sempre ci sono le amiche biblioteche. Vi riporto una delle mie poesie preferite, tratta da 9 liriche:
Mobile universo di folate
di raggi, d’ore senza colore, di perenni
transiti, di sfarzo
di nubi: un attimo ed ecco mutate
splendon le forme, ondeggian millenni.
E l’arco della porta bassa e il gradino liso
di troppi inverni, favola sono nell’improvviso
raggiare del sole di marzo.
🎥 Androidi e cartoni
Sapete che alcune suggestioni mi vengono mentre scrivo la Linguetta. Una sta nelle prime righe ed è una battuta cinematografica diventata mitica, racchiusa dentro quel capolavoro del 1982 che è Blade Runner di Ridley Scott, tratto da quell’altro capolavoro letterario Ma gli androidi sognano pecore elettriche? di Philip K. Dick. Se non avete visto il film, cliccate a vostro rischio e pericolo (perché è il monologo finale):
L’altro consiglio invece è per un film che ha segnato la mia infanzia, che mi divertì e mi spaventò allo stesso tempo. Ma il pezzo dell’inchiostro simpatico ACME fu uno di quelli più emozionanti di tutti: sto parlando di Chi ha incastrato Roger Rabbit. Lo trovate su Disney+.
🎵 Sapore di sale
Già, la famosa canzone con cui Gino Paoli raggiunse il 1° posto delle classifiche musicali nel 1963. E che fu scritta proprio a … Capo d’Orlando! Più precisamente nella frazione di San Gregorio, in una casa vicino alla spiaggia. Mica male per un paese di 13.000 abitanti.
Per questa settimana è proprio tutto, noi ci leggiamo alla prossima Linguetta!
Sono siciliano per parte di papà, perciò il mio 💖 sta sempre un po’ anche a Capo d’Orlando. Quello per dirmi se v’è garbata la newsletter invece è sempre al solito posto, qui sotto.