Frasi (s)fatte
Linguetta #18 / Il lessico del giornalismo spesso si rifugia in alcune formule confezionate, che denotano sciatteria. Ma vale lo stesso per i burocratismi.
Ehilà, eccomi con una nuova Linguetta!
Se ci troviamo in ascensore con qualcuno che non conosciamo o conosciamo solo di vista, di che cos’è che parliamo? Del meteo, giusto (o del coronavirus, da due anni a questa parte). Il punto è che in quel momento ci buttiamo dentro una conversazione da chiacchiera, fatta degli adorabili luoghi comuni.
Niente da obiettare sui luoghi comuni e sulle chiacchiere (basta sapere che sono solo chiacchiere), e poi probabilmente è proprio la chiacchiera che sta alla base delle prime comunità umane, insomma è il gossip che fa da legante - ricordo che ne avevo letto un bel passaggio in uno dei primi capitoli di Sapiens. Da animali a dèi di Yuval Noah Harari.
Senza fare altre digressioni protostoriche, il perno del discorso sta nella faccia oscura dei luoghi comuni, cioè le frasi fatte.
Sono frasi talmente usate da essere ormai lise, come una maglietta sfinita da migliaia di lavaggi. E stanno tutte intorno a noi.
Ci sono poi alcuni settori della comunicazione, come il (cattivo) giornalismo, che spesso ne abusa e condensa in queste frasi il nulla assoluto. Una specie di lingua di plastica, di cui aveva parlato qualche anno fa Il Post e che in questo pezzo ne fornisce una bella carrellata.
Ne pesco alcune a titolo di esempio:
a piede libero
al vaglio degli inquirenti
banco di prova
bocche cucite
è bufera
è giallo
è polemica
ha perso la vita
il blitz è scattato alle prime luci dell’alba
in dolce attesa
in tilt
kermesse
la morsa del gelo
lunedì/martedì/mercoledì/giovedì/venerdì/sabato nero
ma voltiamo decisamente pagina
mette in luce
offre uno spaccato
scende in campo
si accende la bagarre
teatro di guerra
visita lampo
Questo compendio dice una cosa: quando usiamo le frasi fatte è perché non abbiamo voglia di impegnarci per rendere il discorso meno banale, più puntuale. Si tratta di un segno di pigrizia mentale che arriva dritto nella testa di chi legge, un modo di scrivere (o parlare) sciatto, che non dà importanza all’informazione e quindi nemmeno a chi quell’informazione la riceverà.
Ruggini burocratesi
Il meccanismo della pigrizia che sta dietro queste frasi fatte è lo stesso che si mette in moto anche all’interno della comunicazione pubblica (e poi per travaso pure in molti nostri atteggiamenti quotidiani).
È un po’ come la ruggine che si fa su un pezzo di ferro che non viene manutenuto: crosta su crosta su crosta, e alla fine tutto viene corroso. Lo stesso accade alla lingua che non curiamo, e visto che la lingua è fatta di relazione, questa noncuranza poi si trasmette alle persone.
Anche nel caso dei rugginosi burocratismi, ecco alcuni esempi (con a lato l’espressione ben curata):
a fare data da → da
afferente → riguardante
apporre → mettere
appurare → verificare
dar corso → avviare
defalcare → togliere
detenere → avere
disdettare → disdire
è ubicato → è, si trova
espletare → fare, terminare, concludere, eseguire
egregio → gentile
implementare → migliorare
interloquire → parlare
mancato accoglimento → rifiuto
mostrarVi → mostrarvi
nella data di ieri → ieri
oggi sono a presentarvi → vi presento
preliminarmente → prima
processo selettivo → concorso
quella che è la modalità → la modalità
si approcci → si avvicini
S.S.L.L. (le Signorie Loro!!!) → ❌
vi do lettura → vi leggo
Insomma, non conta in che campo stiamo usando la lingua, quel che conta è sempre sforzarsi di scrivere con attenzione, cercando di usare le espressioni che riescono a dare qualcosa in più alle persone, a rendere facile e stimolante la lettura (o l’ascolto) di un’informazione, di una comunicazione.
Questo non vuol dire che nelle nostre normali conversazioni non dobbiamo per nulla usare frasi fatte. Anzi, a volte possono diventare un’ancora di salvezza o lo spunto per “attaccare bottone”.
L’importante è ricordare quello che diceva il medico e alchimista svizzero Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, meglio noto come Paracelso:
Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non fit.
Tutto è veleno, e nulla esiste senza veleno. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto.
Ecco, la massima di Paracelso vale per la lingua, ma direi che vale un po’ per tutto quanto. E potremmo riassumerla così:
È la dose che fa il veleno.
📚 + 🎥 Una doppietta fantastica
Visto che abbiamo parlato di frasi fatte che possono farci finire nel nulla, e visto che quando nomino il nulla a me viene in mente Atreiu che cerca di non essere divorato dal Nulla, il consiglio di questa settimana è per un libro che ci porta nella terra di Fantàsia. Sì, il mio consiglio spassionato è di affondare dentro La storia infinita di Michael Ende.
Se vorrete farlo, sarà un’esperienza immersiva e buona per tutte le età. È una di quelle cose che straconsiglio, un romanzo sul potere della creazione e un viaggio mitologico.
E poi, tutti davanti allo schermo per gettarsi insieme al fortunadrago Falkor dentro il bellissimo film del 1984 diretto da Wolfgang Petersen.
Ci leggiamo alla prossima Linguetta.
Il 💖 per approvare questa puntata è sempre nella solita posizione, così come il pulsantino per fare passaparola di Linguetta.